
dal gruppo facebook Maghen David.
Il sostantivo ebraico ḥayyîm (ebr. חַיִּים) dal punto di vista morfologico è in realtà un plurale maschile “vite”, secondo la regola della lingua ebraica, che prevede che i plurali maschili terminino quasi sempre con il suffisso (ebr. ים ,îm).
Tuttavia, come in tutte le lingue, le regole generali non sono assolute, ma ci sono sfumature ed eccezioni. Il plurale maschile ebraico espresso dal suffisso (ebr. ים ,îm) non è paragonabile al plurale italiano, perché in ebraico può esaltare solo la qualità, l’eccellenza, l’astrazione, l’intensità, l’indefinibilità, l’estensione e non il numero. E’ consueto della lingua ebraica usare nomi plurali per indicare al singolare ciò che non può essere definito.
Proprio per questo, il sostantivo ḥayyìm (ebr. חַיִּים ,vita) nonostante sia morfologicamente plurale, in ebraico non è definibile in quanto è un plurale astratto di indefinibilità, ed è per questo che viene tradotto al singolare “VITA”. Ad esempio, quando si fa un brindisi si dice “le ḥayyîm” (ebr. לְחַיִּים) cioè “ALLA VITA”.
Cordialità e shalom.
Maghen David