
dal gruppo facebook Maghen David.
Il mal’āḵ di Ělōhîm si fece vedere alla moglie di Mānôaḥ, la quale affermò di aver visto “l’uomo di Ělōhîm“. Qui lo scrittore semita utilizza lo stato costrutto (’îš hā·’ĕlōhîm), tradotto lett. “l’uomo di Ělōhîm“. La traduzione ’îš con “uomo” può trarre in inganno, perché anche ’āḏām viene tradotto con uomo; ’îš in ebraico ha un significato come “di qualcuno che ha potere su qualcosa“. Probabilmente nelle Bibbie per famiglia troverete tradotto “un uomo di Dio“, è una traduzione che non condivido, i traduttori hanno reso indeterminata la locuzione (’îš hā·’ĕlōhîm), invece nella Stuttgartensia ebraica leggo che la locuzione è determinata, perchè il sostantivo reggente (’îš) dello stato costrutto viene determinato dall’articolo determinativo della parola che la segue (hā·’ĕlōhîm).
La traduzione corretta è “l’uomo di Ělōhîm“.
Ma non è finita.
Subito dopo, la moglie di Mānôaḥ confidandosi con il marito afferma che quell’uomo, lett. “si presentava alla vista” come “il mal’āḵ di Yhwh“. All’invito, tipico della tradizione ebraica, di prendere cibo con loro il mal’āḵ di Yhwh si rifiuta, perché non poteva assumere cibo nella sua manifestazione visibile:
Inoltre Mānôaḥ disse al (ebr. אֶל ,’el) mal’āḵ di (ebr. מַלְאַ֥ךְ ,mal’āḵ) Yhwh: “Resta, ti prego,un poco con noi e ti preparemo un capretto”. Però il mal’āḵ di (ebr. מַלְאַ֥ךְ ,mal’āḵ) Yhwh (ebr. יְהוָה ,Yhwh) rispose a Mānôaḥ: Anche se mi fermassi non mangerei il tuo pane; però se vuoi fare un sacrificio a Yhwh offrilo pure!” (Šōpeṭîm 13:15-16)
Ora Mānôaḥ non sapeva che quello fosse il mal’āḵ di (ebr. מַלְאַ֨ךְ ,mal’āḵ) Yhwh. Perciò Mānôaḥ chiese al (ebr. אֶל ,’el) mal’āḵ di (ebr. מַלְאַ֥ךְ ,mal’āḵ) Yhwh (ebr. יְהוָה ,Yhwh): Qual’è il tuo nome, affinchè, quando si avvereranno le tue parole, ti rendiamo onore? Però gli rispose il mal’āḵ di (ebr. מַלְאַ֥ךְ ,mal’āḵ) Yhwh (ebr. יְהוָה ,Yhwh): Perchè chiedi il mio nome? Esso è meraviglioso (ebr. פֶ֛לִאי ,p̄eli).” (Šōpeṭîm 13:16-17)
Dopo ripetuti colloqui con Mānôaḥ e la moglie, “il mal’āḵ di Yhwh” salì in cielo nella fiamma dell’altare e non si fece più vedere. La conclusione di Mānôaḥ fu:
“Morremo certamente perchè abbiamo visto Ělōhîm” (v. 22)
(non essendo morti non avevano visto Ělōhîm). Quello che avevano visto era una rappresentazione di ’Ělōhîm, vivo e concreto, cioè “il suo mal’āḵ“.
La stessa domanda la fece Giacobbe al mal’āḵ di Ělōhîm contro cui lottò. Giacobbe non ricevette risposta ma chiamò quel posto Penû’êl, perché disse:
“ho visto Ělōhîm faccia a faccia (ebr. pānîm ’el pānîm) eppure la mia vita è salva.” (Berē’šîṯ 32:31)
Il mal’āḵ di Yhwh non è un personaggio spirituale, oppure un mediatore tra Yhwh e l’uomo, come qualcuno potrebbe pensare, egli è “il mal’āḵ“, cioè la manifestazione di Yhwh stesso nello spazio tempo. Yhwh è uno solo, mentre il mal’āḵ che si relazione con l’uomo assume manifestazioni diverse a seconda del messaggio che porta. Ogni azione è un mal’āḵ diverso, a meno che non compia lo stesso tipo di azione (salvare = guarire, ad esempio, o annunciare la distruzione = distruggere…). Secondo la visione degli antichi Ebrei, ’Ělōhîm è immenso, il cielo stesso non lo può contenere, per questo lo scrittore antico ricorre a “il mal’āḵ di Yhwh“, che grammaticalmente è determinato sempre dallo stato costrutto, per dire che è proprio lui (Yhwh) e non un mal’āḵ qualsiasi. Risulta che il mal’āḵ di Yhwh è palesemente unito col nome Yhwh, con la sua autorità e col suo messaggio e rappresenta Yhwh nella sfera degli uomini, mentre l’immediatezza stessa di Yhwh si realizza in dimensioni fuori dell’ambito della percezione umana.
Se ancora non è chiaro, Ělōhîm nella sua immediatezza nessuno lo ha visto mai. La differenza tra la credenza degli antichi Ebrei e quella dei pagani consiste nel fatto che Israele non vedeva nelle potenze subalterne se non altrettanti attributi di ‘Ělōhîm; mentre i pagani avevano trasformato in persone distinte quello che per gli Ebrei erano soltanto attributi di ‘Ělōhîm.
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Cordialità e shalom.
Maghen David