da Riforma.it, il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.
Da un articolo di giornale ho tratto spunto per una riflessione sulla tendenza della società moderna che ha riflessi anche sulla vita spirituale. L’autore, citando l’articolo di una studiosa francese, notava come in campo culturale si verifichi un fenomeno analogo a quello che si riscontra nel campo del cibo: una vera e propria obesità o bulimia culturale.
Si assiste infatti a una produzione libraria, a cui corrisponde invece una tasso di lettura mediocre, si moltiplicano i seminari, gli incontri, i festival, le mostre affollate, un vorticare di iniziative che sembra rispondere, più che a un bisogno di informazione e di stimoli culturali, al bisogno di riempire un vuoto. Questo aspetto della nostra modernità è meritevole di riflessione ma lo è ancor più per noi credenti l’interrogativo se un fenomeno analogo non si verifichi anche in campo spirituale. Non potrebbe cioè diffondersi la convinzione che l’accrescersi degli stimoli aumenti la qualità del credere? Che l’accrescersi delle informazioni migliori la qualità della fede? Applicare alla fede la legge di mercato: l’offerta di beni di consumo accresce la domanda? Continua a leggere