
Proponiamo da Acliarosio.it un resoconto e un intervento relativi al Festival delle Fraternità della Trasfigurazione svoltosi a Mosca nell’agosto 2017.
Cristiani e sobornost
Stupisce sempre, noi italiani, vedere 2000 persone di 58 città della Russia con un’età media di circa 30 anni, partecipare alla Rassegna ortodossa di Agosto, organizzata ormai da tre anni dalla Fraternità di Trasfigurazione russa. Stupore perché non viene mai meno l’attenzione e la partecipazione dei presenti alle sue diverse articolazioni caratterizzate da tavole rotonde plenarie, momenti di preghiera, proiezione di filmati e 13 aree tematiche di discussione.
Il tema generale della Rassegna o Festival (come lo chiamano loro) quest’anno era “ll tempo per un ‘nuovo sobornost‘”.
Per spiegare questo titolo è necessaria una doverosa premessa, che ci fornisce direttamente la Fraternità nell’invito di partecipazione. Il 1917 è stato un anno molto intenso in Russia e non solo per la rivoluzione ma anche per un secondo fatto importante. Nel mese di Agosto 1917 è stato aperto l’ultimo Concilio della Chiesa ortodossa russa. Questo concilio ha riunito gerarchia e laici di tutti i livelli, per discutere le questioni urgenti del momento, quali il ripristino del Patriarcato, l’attualizzazione del sobornost, la selezione del clero e la creazione di comunità spirituali tra i laici, l’uso della lingua russa nel culto, le relazioni tra Chiesa e Stato, il ruolo delle donne nel servizio alla Chiesa e altro ancora. Molte questioni sono solo state sollevate, alcune decisioni importanti sono state prese, ma a poche di queste è stata data l’opportunità di essere messe in pratica. Il concilio, a causa della imminente rivoluzione, non è stato neppure chiuso ufficialmente!
Sobornost, parola intraducibile in italiano: Giovanni Bianchi l’ha tradotta con ‘conciliarità’, termine per nulla usato nella nostra lingua e forzando il significato che ne danno loro. Anche per gli amici ortodossi è stato fonte di grande discussione per il suo aspetto, anche attuale, di rinnovamento delle Chiese di Oriente e anche per l’Occidente.
Ricordo due passaggi molto interessanti negli interventi di padre Giorgio Kochetkov, fondatore della Fraternità: nel primo auspicava la fine del periodo costantiniano per la Chiesa russa, vale a dire ‘libera Chiesa in libero Stato’ e nel secondo la necessità di un nuovo Concilio per discutere delle urgenze della Chiesa o dato che il precedente del 1917 non era stato chiuso, di aprirne una seconda sessione.
A noi italiani, oltre al saluto in plenaria nel quale abbiamo ricordato Giovanni Bianchi, è stato chiesto di trattare, in una delle aree tematiche, l’argomento delle risposte alla mafia in Italia e quanto le ACLI stanno facendo su questo tema.
In conclusione l’esperienza è stata, come al solito, molto interessante e portatrice di nuovi stimoli sia per l’approfondimento di argomenti poco noti, sia per la loro attualità anche per la nostra Chiesa cattolica romana.
Marina, Paolo e Piero – ACLI zona di Cantù
(Settembre 2017 articolo preparato per le ACLI di Como)
Relazione alla tavola rotonda “Come possono i cristiani resistere all’aggressione del male insieme”
Prima di affrontare il tema di questa sessione, è stato necessario fare una scelta su che cosa si intendesse per ‘male’ e di che tipo di male si dovesse trattare: dalla note inviateci dagli organizzatori si doveva restare nel campo storico e in particolare nel XX secolo e il tratto distintivo specifico riguardava le risposte del mondo cristiano a questo male.
Nella discussione sorta durante la preparazione di questo testo, per alcuni di noi il male storico specifico del XX secolo è stato il fascismo per il suo carattere totalizzante, per i suoi martiri, per le risposte variegate che i cristiani hanno dato a questo fenomeno. Tra l’altro Giovanni Bianchi, nel suo ultimo libro “Resistenza senza fucile” pubblicato nell’aprile 2017 tre mesi prima della sua scomparsa, dimostra una volta di più la profondità e la ‘banalità’ di questo male.
Esistono però in Italia altri tipi di ‘male’; tra questi uno molto caratteristico è quello della mafia e di questo fenomeno tratteggeremo alcuni aspetti principali.
- In che modo l’aggressione del male colpiva le persone e la società in diversi paesi?
Giovanni Falcone, un magistrato ucciso dalla mafia nel 1992, ad un giornalista che gli chiedeva se la mafia fosse un fatto naturale, inesorabile, un ‘male’ incurabile, egli rispondeva che era un fenomeno umano, sociale, politico ed economico e come tale era possibile sconfiggerlo.
Storicamente si fa nascere in Italia dopo la sua unificazione (nel 1860), nasce al Sud dove lo Stato (chi comanda è al Nord!) è più debole e si sviluppa nel sentimento di antipatia dei cittadini che lo sentono come un padre cattivo, lontano e pasticcione. Si può dire che la mafia sia uno ‘stato’ nello Stato, con sue leggi, sue strutture dirigenziali, amici e nemici: uno stato parallelo, un antistato che ne succhia tutte le forze migliori. Ai suoi aderenti garantisce ogni attenzione (dalla culla alla tomba, si direbbe), purché eseguano fedelmente i compiti affidatigli e senza discutere.
Prende denominazioni diverse a seconda del luogo dove ha maggior presenza: Cosa nostra, in Sicilia, ‘Ndrangheta in Calabria e Camorra in Campania, ma le rispettive aree di influenza sono praticamente sparse in tutta Italia e anche all’estero. In definitiva, si può dire che nessuna nazione al mondo ne sia esente. Ci sono diversità tra questi tre tipi di mafia (che sono anche in lotta tra loro!) ma tutte sono accumunate dall’essere un sistema di potere che raggruppa crimine, potere politico ed economico e territorio.
Ai loro nemici, a coloro che ‘sgarrano’ volontariamente (cioè che non eseguono fedelmente ciò che viene comandato) o ai ‘traditori’ è destinata la morte. Si stima che siano almeno 5000, di ogni estrazione sociale e di diverse aree politiche, le persone uccise solo da Cosa nostra a partire dal 1860.
Un rapporto molto privilegiato è con il mondo politico; questo avviene da sempre, ma si è accentuato dalla fine della seconda guerra mondiale; lo stesso dicasi dell’aspetto economico: Usura, estorsione, traffico di droga, di armi, di rifiuti tossici, di esseri umani, gioco d’azzardo, appalti truccati sono solo alcuni degli innumerevoli campi di azione della criminalità mafiosa.
Le mafie hanno la capacità di adattarsi al momento storico con una velocità impressionante. Un tempo usava la violenza come metodo prevalente di azione, oggi la usa come ultima risorsa, per non dare nell’occhio. Prima vengono la pressione, l’intimidazione, la corruzione e se proprio necessario, l’uso della violenza. Oggi si parla di mafia ‘liquida’, perché proprio come l’acqua si infila dappertutto, laddove è possibile consolidare ed accumulare il loro potere.
- Come i cristiani si rendono conto della loro responsabilità per il superamento delle conseguenze dell’aggressione del male e quali vie/modi trovano per farlo?
Uno dei problemi più grossi per contrastare questo ‘male’ (perché di questo si tratta, in quanto viene negata alla persona la sua libertà di scelta e il valore della persona è ridotto puramente ad un uso strumentale al servizio esclusivo dell’organizzazione) è stato il riconoscimento dell’esistenza della mafia stessa: dal punto di vista penale, fino al 1982 la mafia in Italia non esisteva. Le condanne erano imputate come criminalità comune ma non veniva individuata una cabina di regia che dirigeva questo Antistato. Ed ancora oggi, anche in magistratura, questa idea non è ancora accettata da tutti.
Sull’altro versante: chi paga il prezzo delle mafie? Lo pagano i cittadini, perché ci sono politici corrotti che non lavorano per il bene comune ma per gli interessi delle mafie, perché la regolarità dei mercati è stravolta, perché si vive in un ambiente permeato di corruzione, paura e violenza.
Per combattere questa battaglia è indispensabile e necessario riaffermare la presenza dello Stato e questo lo devono fare tutti cittadini, senza delegare questo impegno esclusivamente alle polizie e ai magistrati. Si tratta di un Antistato che vuole imporsi in modo subdolo, e quindi è tutto il complesso della società che deve rispondere, soprattutto nei momenti di debolezza quando la crisi colpisce ogni spazio della democrazia.
Tra tutti i cittadini, a cui compete dare delle risposte adeguate, i cristiani più attenti sono sicuramente in prima fila, riscoprendo un motivo che nasce dal loro credere nella Parola liberatrice del Vangelo, nel promuovere legalità e giustizia e nella ricerca del bene comune.
La Chiesa cattolica, nella Costituzione Gaudium et spes promulgata dal Concilio Vaticano II, così definisce il bene comune:
l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi e alle singole persone di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più velocemente.
Non è proprio quello che le mafie vogliono!
È una battaglia difficile, sostenuta dagli anni ‘70 da coraggiosi preti di frontiera che cercano di strappare ai boss pezzi di territorio e il dominio sui giovani. Una svolta che è pagata anche col sangue di padre Pino Puglisi, ucciso a Palermo nel 1993, per impedirgli di “salvare” i giovani, sottraendoli all’inganno mafioso.
Come esempio di risposta, a partenza cattolica ma destinata a tutti i cittadini indipendentemente dalla loro fede, un altro prete, questo della cintura torinese, don Luigi Ciotti, impegnato dagli anni ’60 nel recupero di tossicodipendenti, ha fondato Libera. Il motivo è presto detto: la droga in Italia è gestita dalle mafie, se vuoi contribuire a risolvere il problema della tossicodipendenza, devi combattere le mafie.
Libera, quindi, si definisce Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Nasce nel 1995 ed è un coordinamento di oltre 1600 comuni, associazioni, scuole, realtà di base, impegnate territorialmente per costruire una forza comune politico-culturale e organizzativa, capace di diffondere la cultura della legalità.
Le Acli nazionali e locali fanno parte di questo coordinamento e in diverse aree dell’Italia, e a Como per esempio, ne sono stati i promotori e sostenitori, insieme a rappresentanti di Comuni ed altre associazioni.
Purtroppo nella storia abbiamo assistito a gravi fenomeni di complicità tra mafia e Chiesa, quasi un avallo reciproco, che ha assopito le coscienze dei cristiani. Ancora oggi sono alla ribalta dei mass media episodi che si concretizzano negli ‘inchini’ fatti davanti alle case dei loro boss durante le processioni in alcuni paesi del sud Italia o in feste pubbliche dopo riti religiosi che vedono protagonisti i capi o i loro parenti.
- L’opposizione al male contribuisce all’unità dei cristiani? Chi può avviare un simile movimento?
La Chiesa ufficiale, già a partire da papa Wojtyla, ha minacciato la scomunica ai mafiosi e con papa Francesco è stato avviato l’iter formale. Al di là della discussione sull’uso di questo strumento, che alcuni vorrebbero fosse abolito, il fenomeno della corruzione e delle mafie è giudicato così malvagio e socialmente distruttivo da rendere giustificabile un simile intervento.
Le recenti parole pronunciate dai Papi hanno finalmente rotto questo patto silenzioso fra potere criminale e Chiesa locale e dovrebbero entrare in uno spazio diverso, più sottile: quello della coscienza dei singoli. Sono parole che agiscono su un terreno nuovo che chiama in causa – uno per uno – chi ha creduto che la fede nel Dio dei cristiani e l’essere parte di un clan mafioso potessero coesistere.
Anche i cristiani di altre confessioni e in particolare i valdesi hanno da diversi anni condannato la presenza della mafia e questo costituisce sicuramente un motivo ideale di unione tra tutti i cristiani italiani, anche se non vi sono state al riguardo delle prese di posizione comuni ufficiali tra le Chiese.
Occorre che le Chiese assumano insieme questo problema sociale, perché potrebbe diventare motivo di unione, con una serie di iniziative volte a creare un costume e una mentalità alternativi a quella della subcultura in cui si diffonde la mafia.
È importante richiamare i valori fondanti del vangelo perché il popolo cristiano, prima di ogni cosa, rifiuti con coraggio ogni sorta di connivenza, di sudditanza, di ricatto, di ambiguità, testimoniando così il proprio essere credenti. Il cristiano, più di altri, deve sentire in coscienza che il silenzio e l’indifferenza, possono alimentare ogni sorta di pratica criminale. Deve riconoscere e trasmettere alle nuove generazioni l’importanza dell’antimafia, che – attraverso il sequestro e la confisca dei beni dei mafiosi – restituisce alla collettività il maltolto e dimostra che l’antimafia e la lotta all’illegalità paga anche in termini di lavoro, di iniziative imprenditoriali libere.
Ai credenti infine compete una grossa responsabilità verso la Storia che è ‘insieme luogo laico e luogo teologico dell’impegno dei cristiani nella costruzione della città di tutti gli uomini’ dice Giovanni Bianchi. E continua:
Dove il sacro prima separava, adesso per la responsabilità storica dei cristiani, piena di distinzioni e contrasti, il sacro è destinato ad unire. […] Di qui la battaglia per la libertà religiosa di tutti i culti, perché tutti orientati al perfezionamento della persona umana.
Di qui la necessità di lavorare, insieme a tutti i cittadini di buona volontà, alla costruzione di un’etica della cittadinanza che trova come fondamento l’educazione alla giustizia e alla legalità, tenendo fermi i valori morali cristiani ma liberi di trovare il buono anche in altre culture.