«Vie di santità senza confini. I nostri maestri». Madre Marija (Skobcova)

Nel 2013 veniva pubblicato un singolare libro bilingue, in russo e in italiano, dal titolo Vie di santità senza confini – i nostri maestri, tappa di un percorso di amicizia e di reciproca conoscenza tra ACLI e l’Unione delle piccole fraternità ortodosse della Trasfigurazione. Su La Bottega di Nazareth era già stata pubblicata il bell’intervento di introduzione di Giovanni Bianchi dal titolo Cercare maestri. Proponiamo nella traduzione italiana il “ritratto” biografico di madre Maria Skobcova a cura degli amici russi delle fraternità della Trasfigurazione.

20191231 copertina libro ACLI-Fraternità Trasfigurazione

Elizaveta Jurevna Pilenko nacque l’8 dicembre 1891 a Riga, nella famiglia del giurista Ju. D. Pilenko. Dal 1895 la famiglia visse ad Anapa, una cittadina sulle rive del mar Nero. Mentre era a Pietroburgo presso la zia della madre, Elizaveta Aleksandrovna Jafimovič, Liza conobbe Konstantin Petrovic Pobenoscev, procuratore generale del Santo Sinodo, che per venticinque anni si occupò degli affari della Chiesa Ortodossa Russa. Pobenoscev divenne amico d’infanzia della futura madre Marija.

Nel 1906 mori prematuramente il padre di Liza. Questo fatto provocò in lei una profonda crisi religiosa e la perdita della fede. La famiglia si trasferì a Pietroburgo, dove Liza finì il ginnasio e cominciò a frequentare i corsi superiori dell’Istituto Bestužev. Nel 1910 sposò l’aiuto avvocato (in futuro, monaco cattolico) D. V. Kuz’min-Karavaev e, attraverso di lui, entrò nella cerchia dell’elite letteraria e artistica di Pietroburgo. Nel 1912 uscì la prima raccolta di poesie di E. Ju. Kuz’min-Karavaeva «I cocci degli Sciti», nel 1915 il racconto filosofico «Jurali», nel 1916 il libro di versi «Rut».

Nell’autunno del 1914, sotto l’influsso degli eventi della Prima Guerra Mondiale, Elizaveta Jurevna tornò alla fede in Cristo. Indossò un cilicio che si era fabbricata, leggeva le vite dei santi, pregava a lungo compiendo profonde prostrazioni, tutto ciò “per guadagnare Lui, per obbligarLo a rivelarsi, a mostrare — no! — semplicemente a dare un segno della Sua esistenza”. In questo periodo si formò il suo ideale religioso ed esistenziale: “Sacrificare se stessa per il mondo e per la gente, seguire Lui”.

Elizaveta accolse con entusiasmo la rivoluzione del febbraio 1917 e addirittura entrò nel partito dei Socialisti Rivoluzionari. Mentre si trovava ad Anapa, venne eletta sindaco e occupando questo posto, cercò di “rendere per quanto possibile normale la vita dei cittadini, e se necessario, di difenderli a oltranza dalle fucilazioni”. Riteneva, infatti, che la cosa più terribile della rivoluzione e della guerra civile fosse che “dietro la foresta degli slogan e delle etichette, finiamo per non vedere piu gli alberi, cioe le singole persone”. Quando Anapa fu occupata dai Bianchi, Elizaveta Jurevna venne arrestata dal controspionaggio del generale Denikin. Rischiò la pena di morte per collaborazionismo con i bolscevichi, ma il tribunale militare della provincia decise di assolverla.

Nell’estate del 1919 Elizaveta Jurevna sposo D. E . Skobcov, nota personalità di origine cosacca del Kuban, e nella primavera del 1920, dopo la sconfitta dei Bianchi, emigrò dalla Russia, con la famiglia. Nel 1924 la famiglia Skobcov si stabili a Parigi. In quel momento Elizaveta aveva la responsabilita di tre figli e della madre anziana.

La fine degli anni Venti, nonostante le condizioni di povertà materiale in cui versava la famiglia, fu un periodo di intensa attivita creativa per Elizaveta Jurevna. Produsse le opere autobiografiche: «L’amico della mia infanzia», «Gli ultimi romani», «Incontri con Blok», «Come sono stata sindaco», «Le prose d’arte», «La pianura russa», «Alcune biografie veritiere», «Il ricamo», «Pagliacci».

Nel 1926 morì di meningite Anastasija, la figlia piu piccola degli Skobcov. In un appunto buttato giù, presso il letto di morte della figlia, Elizaveta Jurevna confessava: ” … Sento che la mia anima ha vagato per tutta la vita per viuzze contorte, e adesso voglio una via vera e pura, non in nome della fede nella vita, ma per giustificare, comprendere e accettare la morte <…>. Non pensare a come e cosa, non andare oltre queste tre parole “Amatevi gli uni gli altri”, solamente fallo fino in fondo e senza eccezioni, e allora tutto e giustificato, tutta la vita e illuminata, altrimenti c’e solo schifo e peso”.

La nuova via autentica si rivelò a Elizaveta Skobcova come “una maternità larghissima, capace di accogliere tutto in sé”, che all’inizio si realizzò nel servizio attivo nel Movimento studentesco cristiano russo e nel 1932 la porto a prendere i voti monastici.

Madre Marija ricevette la tonsura davanti al metropolita Evlogij (Georgevskij). Egli le diede anche la benedizione per il suo particolare cammino monastico nel mondo. La vita monastica tradizionale in una situazione in cui “il mondo brucia”, quando “l’umanita è condotta al Golgota”, sembrava a madre Marija “devozione personale”, fuga dalla croce: “Fate entrare tra le vostre mura i ladruncoli abbandonati, distruggete il vostro bel modo di vivere regolare con le bufere della vita esterna, umiliatevi, svuotatevi, e in qualsiasi modo vi siate svuotati, sarà forse paragonabile con l’abbassamento e l’autoannientamento di Cristo?”.

Madre Marija realizzò il suo attivo amore per gli uomini mediante una serie di progetti sociali parigini: una casa di accoglienza per i profughi nel vicolo della Villa de Saxe, una casa in rue de Lourmel, una casa per convalescenti a Noisy-le-Grand, nei dintorni di Parigi e altre. In queste case di accoglienza madre Marija faceva da sola la maggior parte del lavoro: andava a fare la spesa al mercato, faceva le pulizie, cucinava, affrescava le cappelle delle case di accoglienza, ricamava icone e ornamenti di stoffa per le icone. Il centro dell’attività di madre Marija divenne la casa in rue de Lourmel, dove si trovava un dormitorio per venticinque persone e una mensa, nella quale si distribuivano tra i cento e i centoventi pasti al giorno. Secondo la testimonianza dei contemporanei, in questa mensa “economica,quasi gratuita” tutto era “preparato in modo gustoso e pulito: nulla di simile alle normali mense di beneficienza o semi-di beneficienza”. La stanza dove madre Marija viveva si trovava sotto la scala, tra l’ingresso e la cucina. Di frequente le toccava perfino dividere il proprio giaciglio con persone che cercavano rifugio e consolazione.

Madre Marija era carica fino al limite delle possibilità umane. Uno dei suoi amici scriveva di lei: “Non riconosce le leggi della natura, non capisce cos’e il freddo, può non mangiare e non dormire per giorni, nega malattia e stanchezza, ama il pericolo, non conosce la paura e odia ogni comfort, materiale e spirituale”. Nel 1935 le diverse iniziative di madre Marija per il servizio ai poveri confluirono in un movimento, che prese il nome di Azione ortodossa. Tra i fondatori del movimento, il filosofo N. Berdjaev, il teologo padre Sergij Bulgakov, lo storico G. Fedotov, lo studioso di letteratura K. Močul’skij e la poetessa madre Marija. Quest’ultima fu eletta presidente della nuova unione. Azione ortodossa divenne una forte organizzazione benefica, culturale ed educativa, ma i suoi fondatori valutavano la sua azione non in base a parametri esteriori, ma a partire da criteri intraecclesiali: “Dovendo formulare in breve ciò che noi vogliamo, si può dire che vogliamo contrapporre il principio conciliare-personale a quello collettivistico-individualistico. Ciò significa che, affermando la conciliarità della nostra vita, noi distinguiamo sempre in essa ogni persona in tutta la sua pienezza, perché la nostra vita e la conciliarità di ogni persona, ognuna con il suo pieno valore, non è un collettivo svincolato dalla personalità, che opprime con la sua quantità, con il suo essere ingombrante da un punto di vista aritmetico. Noi partiamo dalla conciliarità e dalla persona”.

Madre Marija aspirava non solo alla carità che si sacrifica personalmente, ma anche alla comprensione delle questioni sociali nello spirito dell’ortodossia. Si laureò presso l’Istituto di teologia di San Sergio a Parigi, fu figlia spirituale di padre Sergij Bulgakov, conobbe da vicino alcuni filosofi religiosi russi, come Berdjaev, Frank, Fedotov, Zen’kovskij. Nella comunione creativa con loro e nella pratica del movimento Azione ortodossa, ella si andava formando come originale pensatrice e teologa. Le trasposizioni narrative delle vite dei santi («La messe dello Spirito»), numerosi articoli e interventi sul destino della Russia, della Chiesa russa e del cristianesimo nel mondo contemporaneo costituiscono l’eredità spirituale di madre Marija. Dal suo punto di vista, la risposta alla sfida lanciata al cristianesimo nel XX secolo può essere definito come non conformarsi al mondo in uno spirito di umanesimo cristiano, ma riunire i due estremi dell’amore per Dio e per l’uomo. In questo contesto madre Marija promuove e formula l’idea della mistica della comunione tra gli uomini: ” … Annientate l’amore per l’uomo e annienterete l’uomo (perché non amandolo lo si rifiuta, lo si riduce al non-essere) e non rimarrà alcuna via di conoscenza di Dio <…> D’altra parte non si può amare autenticamente l’uomo, senza amare Dio”. Nella vita della Chiesa contemporanea, ella distingueva alcuni tipi di religiosità: sinodale, ascetica, estetica, opponendo ad essi l’ideale di devozione evangelica: “Esaurire completamente se stessi, offrendo tutta la forza dell’immagine di Dio racchiusa in noi”. Dal punto di vista della sapienza di questo mondo e per un cristianesimo irrigidito e conservato in forme comode, questa via è una follia, per questo la vita di madre Marija talvolta è stata “una sfida da folli in Cristo”, che ha tentato di risvegliare il mondo alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale.

All’indomani dell’occupazione nazista della Francia, madre Marija stabilì contatti con la Resistenza francese. Alla sua attività fondamentale di beneficienza, complicata dalle condizioni di guerra e di occupazione, si aggiunsero nuove opere: salvare gli ebrei perseguitati, nascondere i prigionieri di guerra fuggiaschi, raccogliere aiuti per gli arrestati e i carcerati. Madre Marija, insieme al sacerdote Dimitrij Klepinin, preparava falsi certificati di battesimo per gli ebrei e documenti di viaggio verso la Francia meridionale non occupata. Madre Marija, grazie all’abito monastico, riuscì ad introdursi nel Velodromo d’Inverno, dove erano stati rinchiusi 6 900 ebrei e a far fuggire alcuni bambini. L’8 febbraio 1943 madre Marija, suo figlio Jurij Skobcov e il sacerdote della chiesa di Lourmel, padre Dimitrij Klepinin, furono arrestati dalla Gestapo. Madre Marija trascorse circa tre mesi nel carcere di transito del forte di Romeinville, dove incontrò per l’ultima volta il figlio e poi fu mandata nel campo di concentramento di Ravensbruck. Secondo le memorie delle prigioniere, madre Marija conservò anche lì dignità umana, coraggio e una tenera compassione.

Il 31 marzo 1945 madre Marija morì martire nella camera a gas. Secondo una versione della sua fine, andò a morire sostituendosi ad una madre di due figli.

Nel gennaio del 2004 il Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha deciso di canonizzare la monaca madre Marija (Skobcova), suo figlio Jurij e padre Dimitrij Klepinin.

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