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Il 4 dicembre l’amministrazione Trump ha pubblicato la sua Strategia di sicurezza nazionale (SSN) Probabilmente ignorata nella sua patria, come la maggior parte delle pubblicazioni di questo tipo, sarà sicuramente letta con attenzione dai membri del corpo diplomatico dell’Unione Europea, desiderosi di valutare quanto gravemente stia vacillando l’alleanza euro-americana. Il documento strategico confermerà molti dei peggiori timori al riguardo.
Il documento include una digressione approfondita e probabilmente sgradita sul declino culturale ed economico e sulla disfunzionalità dell’UE, ma è sorprendentemente leggero nei commenti diretti su avversari (ora ex?) come la Cina e la Russia. Questi antagonisti geopolitici avevano avuto un ruolo di primo piano nelle precedenti versioni della SSN che viene presentata ogni anno al Congresso.
“Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di aiutare l’Europa a correggere la sua attuale traiettoria”, dichiara l’amministrazione Trump. “A lungo termine, è più che plausibile che entro pochi decenni, al più tardi, alcuni membri della NATO diventeranno in maggioranza non europei. Pertanto, è lecito chiedersi se vedranno il loro posto nel mondo, o la loro alleanza con gli Stati Uniti, allo stesso modo di coloro che hanno firmato la carta della NATO”.
È forse significativo che Dmitry Peskov, addetto stampa del presidente russo Vladimir Putin, abbia avuto solo parole gentili per le nuove direttive strategiche dell’amministrazione Trump. “Gli aggiustamenti che stiamo vedendo, direi, sono in gran parte coerenti con la nostra visione” – ha detto Peskov ai media russi.
L’accelerazione dell’antipatia dell’amministrazione Trump nei confronti dell’Europa è stata così evidente che persino papa Leone, pur esprimendo una certa esitazione a commentare tali questioni, non ha potuto fare a meno di dire qualcosa, riconoscendo l’apparente rottura dell’alleanza transatlantica.
Interrogato sul piano di pace degli Stati Uniti per l’Ucraina al termine del suo terzo incontro faccia a faccia con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky l’8 dicembre, il papa ha detto ai giornalisti: “Purtroppo, credo che alcuni aspetti di ciò che ho visto porterebbero a un enorme cambiamento in quella che per molti, molti anni è stata una vera alleanza tra Europa e Stati Uniti”.
Il papa ha aggiunto che “le osservazioni fatte sull’Europa, anche in recenti interviste, credo che stiano cercando di rompere quella che ritengo essere un’alleanza molto importante oggi e in futuro”.
Secondo Gerard O’Connell, corrispondente senior di America dal Vaticano, le osservazioni del papa americano su quella storica alleanza riflettono la posizione di lunga data della Santa Sede. Ma la divergenza di opinioni sul valore strategico delle relazioni degli Stati Uniti con l’Europa non è certo l’unico punto di divergenza tra la Santa Sede e l’amministrazione emerso dalla SSN.
Questioni migratorie
Il documento ribadisce la percezione dell’amministrazione Trump della migrazione come una minaccia per le società ospitanti che è meglio tenere a bada in ogni modo possibile, piuttosto che, come sostiene la Chiesa, una realtà della condizione umana che richiede di essere affrontata in modo pratico e misericordioso. La bozza della SSN valuta la migrazione come un fenomeno in qualche modo creato o almeno favorito da un liberalismo politico troppo morbido, e non come una crisi geopolitica derivante da conflitti, siccità, povertà e cambiamenti climatici o, nel caso dell’Europa, almeno in parte dalle connessioni coloniali.
Vale la pena ricordare che la crisi migratoria contemporanea è stata alimentata da una feroce guerra civile in Siria, dalla violenza terroristica in Medio Oriente, dal fallimento della governance in nazioni come Haiti e dalle minacce autoritarie e climatiche in America Centrale e Nord Africa.
In “Laudato Si’”, “Fratelli Tutti” e altre dichiarazioni formali e informali, i papi Francesco e Leone esortano ad adottare un approccio diverso alla migrazione. Francesco, sconvolto dall’accettazione spietata della morte e della sofferenza dei migranti nel Mar Mediterraneo, ha descritto in modo famoso una “globalizzazione dell’indifferenza” nel tentativo di dare un senso all’inerzia collettiva dell’Europa di fronte alla crisi.
Secondo la SSN l’amministrazione Trump cerca “il pieno controllo dei nostri confini, del nostro sistema di immigrazione e delle reti di trasporto attraverso le quali le persone entrano nel nostro Paese, legalmente e illegalmente. Vogliamo un mondo in cui la migrazione non sia semplicemente ordinata, ma in cui i Paesi sovrani collaborino per fermare, anziché facilitare, i flussi demografici destabilizzanti e abbiano il pieno controllo su chi ammettere e chi no”.
La Chiesa insegna che gli Stati sovrani hanno il diritto, e persino l’obbligo, di gestire i propri confini, non contesterebbe l’obiettivo della SSN di un’immigrazione “ordinata”, ma potrebbe ricordare all’amministrazione che il bene comune non è delimitato dai cartografi. Essa insiste sul fatto che la migrazione deve essere affrontata con misericordia e rispetto per la dignità umana, che tutte le persone hanno il diritto di migrare per sfuggire ai conflitti e alle calamità economiche e climatiche e che le nazioni più ricche hanno l’obbligo morale di accoglierle nella misura in cui la loro ricchezza e capacità lo consentono.
La dichiarazione dell’amministrazione Trump tace su una serie di altre questioni affrontate in precedenti dichiarazioni che sono state oggetto di preoccupazione per la Chiesa. Tra queste, la crisi climatica – evidenziata come una minaccia fondamentale dalle amministrazioni Obama e Biden – e un appello globale per affrontare la disuguaglianza, la povertà e la crisi globale del debito. Non vi è alcun riferimento agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, agli accordi di Parigi sul clima, all’assistenza sanitaria globale o all’opportunità di promuovere tecnologie energetiche sostenibili.
Data l’antipatia del presidente verso quella che ha definito la bufala del cambiamento climatico, non sorprende che una crisi confermata da un consenso quasi unanime nella comunità scientifica mondiale non sia affatto affrontata nella SSN. Altre parole che non compaiono sono povertà o fame. L’Africa, il continente che si è rivelato il fulcro di una serie di calamità globali – guerre, indebitamento paralizzante, malattie, siccità, competizione mortale per le risorse e rovina ecologica a causa delle industrie estrattive – riceve scarsa attenzione: tre paragrafi alla fine della dichiarazione.
Ma la SSN celebra in modo pomposo i successi dell’amministrazione Trump e la grandezza degli Stati Uniti, descrivendo il testo come “una tabella di marcia per garantire che l’America rimanga la nazione più grande e di maggior successo nella storia dell’umanità, nonché la patria della libertà sulla terra”.
Un ripristino del soft power, ma come?
Dopo aver demolito l’agenzia federale responsabile degli aiuti umanitari e dello sviluppo economico e civile globale, nel nuovo piano strategico l’amministrazione Trump riconosce il valore delle campagne di “soft power”.
Il ripristino di queste reti di soft power dopo lo smantellamento dell’USAID per opera di Elon Musk si rivelerà un’impresa enorme, ma potrebbe non coinvolgere partner tradizionali come il Catholic Relief Services, che hanno collaborato proficuamente per decenni con le precedenti amministrazioni sia repubblicane che democratiche. La Casa Bianca di Trump ha criticato le organizzazioni non governative definendole inefficaci e avide di denaro.
Una recente decisione di ripristinare i finanziamenti statunitensi per l’assistenza sanitaria in Kenya ha deliberatamente escluso tali fornitori di servizi interstiziali. Il Segretario di stato Rubio, precedentemente sostenitore degli operatori umanitari e dello sviluppo, ora li deplora definendoli “complesso industriale delle ONG”. La SSN suggerisce che l’aiuto diretto ai governi amici degli Stati Uniti sarà il suo modello preferito di “ritorno al futuro” per il futuro.
Questa enfasi transazionale è un approccio che era stato in gran parte abbandonato a causa della profonda disfunzionalità che generava. I funzionari federali che gestiscono i futuri esborsi di denaro potrebbero voler studiare come la corruzione e l’incompetenza tra gli attori governativi nei paesi in via di sviluppo abbiano contribuito a sollecitare l’intervento delle ONG, ora presumibilmente messe da parte, sulle quali si poteva contare per un’erogazione efficace dei servizi e una gestione contabile affidabile.
Riarmerimento allarmante
La SSN impegna gli Stati Uniti a una spesa record di 1.000 miliardi di dollari in difesa diretta e sottolinea i piani per potenziare e modernizzare l’arsenale nucleare statunitense.
Essa afferma: “Vogliamo reclutare, addestrare, equipaggiare e schierare l’esercito più potente, letale e tecnologicamente avanzato del mondo per proteggere i nostri interessi, scoraggiare le guerre e, se necessario, vincerle in modo rapido e decisivo, con il minor numero possibile di vittime tra le nostre forze”. Aggiunge: “Vogliamo il deterrente nucleare più robusto, credibile e moderno al mondo, oltre a difese missilistiche di nuova generazione, tra cui un Golden Dome per il territorio americano, per proteggere il popolo americano, i beni americani all’estero e gli alleati americani”.
Questi impegni, insieme alle ripetute richieste della strategia di aumentare la spesa per la difesa tra gli alleati europei, suggeriscono un imminente aumento della spesa globale per la produzione di armi e una corsa agli armamenti convenzionali e nucleari che la Chiesa ha spesso deplorato come destabilizzante e moralmente scandalosa. La Santa Sede è stata anche tra i leader mondiali che hanno premuto per il disarmo nucleare e l’abolizione delle armi nucleari.
L’amministrazione Trump sembra soddisfatta di continuare un approccio di pace attraverso la forza, suggerendo addirittura di perseguire la pace attraverso l’invincibilità. La Chiesa ci ricorda, tuttavia, che la pace senza giustizia è probabilmente illusoria, che la pace attraverso la misericordia ha un valore.
“Oggi in molti luoghi sentiamo la richiesta di una maggiore sicurezza”, ha dichiarato Francesco in Evangelii gaudium, “ma finché non saranno eliminate l’esclusione e la disuguaglianza nella società e tra i popoli, sarà impossibile eliminare la violenza… Quando una società, locale, nazionale o globale, è disposta a lasciare una parte di sé ai margini, nessun programma politico o risorsa spesa per l’applicazione della legge o i sistemi di sorveglianza può garantire indefinitamente la tranquillità” (n. 59).
Egemonia emisferica
La SSN include una critica ben accolta dell’eccessiva espansione imperiale e suggerisce che l’amministrazione rifiuti dubbie imprese di nation-building, presumibilmente tenendo a mente le calamità in Afghanistan e Iraq. Dichiara la determinazione a evitare “guerre infinite” in Medio Oriente e pretende di rifiutare le precedenti ambizioni statunitensi di dominio mondiale.
Ma la SSN non esprime gli stessi timori riguardo al dominio emisferico, seguendo un modello di egemonia regionale favorito da Russia e Cina. Accetta tali sfere di influenza come un risultato geopolitico in qualche modo organico, deridendo la cooperazione globale come illusoria. “Affermare e applicare un corollario Trump alla dottrina Monroe” – afferma la SSN.
Tuttavia, non si tratta della politica del “buon vicinato” del vostro bisnonno. Il documento delinea vagamente le intenzioni degli Stati Uniti di stabilizzare le nazioni dell’emisfero occidentale con l’obiettivo di ridurre la migrazione e contenere il traffico illecito di droga, proteggendo al contempo le vie primarie e quelle secondarie del commercio statunitense.
Infine, l’orientamento “America First” della SSN perpetua la sensibilità dell’amministrazione Trump di agire da sola negli affari globali, cosa che i leader della Chiesa cattolica probabilmente troveranno deplorevole. Sotto l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti hanno sospeso i loro obblighi statutari nei confronti delle Nazioni Unite; e si sono ritirati dalle relazioni e dalle collaborazioni globali volte ad affrontare la fame nel mondo, le privazioni dei bambini, i diritti umani, le condizioni di lavoro e le crisi sanitarie.
L’ultima dichiarazione strategica evidenzia un profondo sospetto, persino ostilità, nei confronti dell’impegno multilaterale. La Chiesa, al contrario, sostiene costantemente tali sforzi come utili, produttivi, persino essenziali. Papa Francesco ha particolarmente incoraggiato il dialogo e la cooperazione internazionale, accettando la necessità di istituzioni multilaterali come le Nazioni Unite per affrontare preoccupazioni e crisi comuni.
Le espressioni di preoccupazione di papa Leone per l’impegno vacillante del presidente americano nei confronti delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa hanno già suscitato clamore tra i cattolici pro-Trump da questa parte dell’Atlantico. Fin dalla sua elezione, molti cattolici si sono chiesti con quale frequenza papa Leone, leader di una comunità globale di 1,5 miliardi di persone, potesse essere incline a commentare le politiche della sua nazione d’origine.
Ma quando il Paese più ricco e potente del mondo definisce la politica su questioni di interesse comune come la pace, il commercio di armi e l’immigrazione, come potrebbe un papa, indipendentemente dalla sua nazionalità, astenersi dal partecipare? In un’intervista a Politico il 9 dicembre, Trump ha espresso in modo piuttosto brusco il suo interesse a incontrare l’altro americano più potente del mondo. “Certo, lo farò. Perché no?”, ha detto.
Se l’incontro con papa Leone dovesse avvenire, i due uomini avranno molto di cui parlare.
Kevin Clarke
Pubblicato sul sito della rivista America (originale inglese qui)