La storia della filosofia europea è ricca di concetti e idee sapienti che hanno segnato lo spirito di tutte le epoche culturali successive. L’antichità greca si è prima messa alla prova ponendo la domanda “Che cos’è l’Essere?”, un problema sviluppato successivamente nel Medioevo razionalista, i cui rappresentanti di spicco come Sant’Anselmo di Canterbury o San Tommaso d’Aquino credevano che l’Essere potesse essere compreso nell’orizzonte filosofico che serve la teologia.
La coerenza discorsiva filosofica ha trovato un’eco ancora più forte nella modernità, nell’umanesimo rinascimentale e nell’illuminismo tedesco. Poi venne il ventesimo secolo, nell’era secolarista, caratterizzato da diversi esperimenti ideologici che si riflettevano nella psicoanalisi di Freud e Jung, in approcci politici relativi al narcisismo anarchico, così come nell’umanesimo ateo che il teologo francese Henri de Lubac considera il grande dramma dell’umanità moderna.
La filosofia, nel suo splendore decostruttivista e postmoderno, ha perso gran parte del suo terreno, sostituita da scienza e tecnologia che hanno costantemente fatto ricorso alle innovazioni per rimanere aggiornati. Così è nata la stessa società consumistica e pragmatica, amorale, priva di valori filosofici, metafisici e spirituali.
In tale contesto, sebbene discreto e con una certa inclinazione, si manifestò anche il sistema filosofico di Papa Giovanni Paolo II, meglio, di Karol Wojtyla, poiché il vero lavoro filosofico fu composto soprattutto durante il suo apprendistato intellettuale.