«Solo per suo mezzo». di Dietrich Bonhoeffer

«Paradossalmente, dobbiamo ringraziare la Gestapo se Bonhoeffer ha scritto Vita comune. Infatti la polizia segreta, alla fine di settembre del 1937, aveva chiuso, insieme ad altri istituti della chiesa confessante, anche il «seminario per predicatori» e la fraternità di Finkenwalde, diretti da Dietrich Bonhoeffer, nel cui ambito un gruppo di pastori alle prime armi aveva cercato di praticare una «vita comune». In questo modo aveva indotto Bonhoeffer a mettere per iscritto le sue idee circa la vita di una comunità cristiana» (prefazione dei curatori al vol. 5 dell’Edizione critica delle Opere di Dietrich Bonhoeffer). Il pastore Bonhoeffer scrisse Vita comune nell’estate del 1938 e lo pubblicò l’anno dopo. Ne proponiamo alcuni brani.

In base a considerazioni non rigorose, si potrebbe pensare che il massimo pericolo di confondere ideale e realtà, l’elemento psichico e quello spirituale, si presenti in una comunione di struttura complessa e articolata, come nel caso del matrimonio, della famiglia, dell’amicizia, dove l’elemento psichico di per sé già assume un significato centrale per il costituirsi stesso della comunione, e l’elemento spirituale non è altro che un’integrazione di quello legato alla fisicità e alla psiche. Secondo questo ragionamento, si avrebbe solo in queste forme di comunione un effettivo pericolo di confusione o di mescolanza delle due sfere, mentre risulterebbe assai difficile che vi si incorra in una comunione di tipo puramente spirituale. Ma questi pensieri si basano su un grosso errore. Sia l’esperienza che la logica interna della cosa, come si può vedere facilmente, dicono esattamente il contrario. Un’unione matrimoniale, una famiglia, un’amicizia hanno una conoscenza molto precisa dei limiti delle proprie energie capaci di creare comunione; se sono sane, sanno molto bene dov’è posto il limite del fattore psichico e dove inizia quello spirituale. Conoscono l’opposizione esistente fra una comunione di tipo fisico-psichico e un’altra di tipo spirituale. E viceversa proprio una comunione di tipo puramente spirituale è sempre fatalmente esposta al pericolo di trovarsi inquinata e mescolata con l’elemento psichico. Una comunione di vita puramente spirituale è non solo pericolosa, ma senz’altro anche un fenomeno anormale. Bisogna essere particolarmente vigili e rigorosi, quando la comunione spirituale non coinvolge la convivenza fisico-familiare, o un impegnativo lavoro comune, quando cioè non coinvolge la vita quotidiana, con tutte le sollecitazioni cui è esposto l’uomo nel lavoro. Si sa per esperienza infatti che proprio i brevi periodi di ritiro spirituale sono quelli in cui più facilmente si dà sfogo alla componente psichica. Niente di più facile che suscitare l’ebrezza della comunione per pochi giorni di vita comune, e niente di più deleterio per una non patologica, non esaltata, fraterna comunione di vita nella quotidianità.

Certamente non c’è cristiano cui Dio non abbia donato almeno una volta nella vita l’esperienza felice di un’autentica comunione cristiana. Ma tale esperienza in questo mondo non è altro che un di più della grazia, che integra il pane quotidiano della vita comunionale cristiana. Non possiamo assolutamente pretendere tali esperienze, non viviamo insieme ad altri cristiani a questo scopo. Non è l’esperienza della fraternità cristiana, ma la fede solida e sicura nella fraternità a tenerci insieme. Dio ha agito in noi tutti e continua a farlo; nella fede, comprendiamo che questo è il dono principale che Dio ci mette a disposizione, che ci allieta e ci rende felici, ma che ci rende anche capaci di rinunciare a tutte le esperienze, nei momenti in cui Dio non ha intenzione di concederle. Il vincolo che ci unisce è fondato sulla fede, non sull’esperienza.

«Oh quant’è bello e quanto è soave che i fratelli abitino insieme nella concordia!» (Sal 133,1): così la sacra Scrittura esalta la vita comune secondo la Parola. Ma se si interpreta correttamente il termine «nella concordia», possiamo dire: «che i fratelli abitino insieme in Cristo», poiché solo Gesù Cristo è ciò che ci rende concordi. «Egli è la nostra pace». Solo per suo mezzo possiamo accostarci gli uni agli altri, procurarci reciproca gioia, avere comunione gli uni con gli altri.

Lascia un commento