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Tra i tanti “nuovi martiri” russi dell’ateismo di Stato, ricordati in questo centenario della memoria rivoluzionaria, una figura spicca per la sua profetica originalità e l’unicità del suo destino. Il sacerdote e teologo Pavel Florenskij venne fucilato in un giorno imprecisato di dicembre di 80 anni fa, in quel 1937 che segnò l’apice del terrore staliniano. La sua esecuzione avvenne nel bosco di Sandormokh, nell’estremo nord del Paese, insieme agli altri prigionieri del “lager ecclesiastico” delle isole Solovki, dopo la sua chiusura. Il suo corpo fu gettato nella fossa comune insieme agli altri, e oggi un altare nel bosco ricorda il suo sacrificio. Continua a leggere