Ogni Giustizia. Con voce di donna. Omelie per l’anno A A cura del Coordinamento Teologhe Italiane (Collana Itinerari di Fede), EDB, Bologna, 2025, pagine 292, www.edb.it
Contributi di: Irma Bertocco, Miriam Francesca Bianchi, Maria Bianco, Caterina Costanzo, Cristina Frescura, Vanda Giuliani, Cettina Militello, Lena Residori, Simona Segoloni, Manuela Terribile, Silvia Zanconato, Selene Zorzi. A cura del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI) www.teologhe.org
“Se un re terreno, il nostro imperatore,” scriveva San Tikhon di Zadonsk (1724-83), “ti scrivesse una lettera, non la leggeresti con gioia? Certamente, con grande esultanza, cura e attenzione.” Ma qual’è, egli chiede, la nostra attitudine verso la lettera che ci è stata spedita niente meno che da Dio stesso? “Ti è stata spedita una lettera, non da qualche imperatore terreno, ma dal Re dei Cieli. Eppure quasi disprezzi un tale dono, un tesoro senza prezzo.” Aprire e leggere questa lettera, dice San Tikhon, vuol dire entrare in una conversazione personale faccia a faccia con il Dio vivente. “Tutte le volte che leggi il Vangelo, Cristo stesso ti sta parlando. E mentre leggi, tu sei in preghiera e in conversazione con lui.”
Anne Lécu Perché portiate frutto (Collana Spiritualità 234), pagine 208, Editrice Queriniana, Brescia, 2025, Traduzione dal francese di Valerio Pignatta www.queriniana.it
Titolo originale: Anne Lécu, Afin que vous donniez du fruit 2022 by Les Éditions du Cerf, Paris
da Settimananews.it, la storica rivista di attualità, pastorale, teologia dei dehoniani.
Pubblichiamo gli appunti per una relazione orale di Fabrizio Mandreoli svolta in una tavola rotonda – insieme a interventi di Marco Giovannoni, Miriam Camerini, Shahrzad Houshmand e diversi altri/e – svoltasi presso la giornata di formazione “Mediterraneo laboratorio di Pace” presso l’ISSR di Rimini coordinato dal professor Marco Casadei e dalla professoressa Abir Hanna.
Desideriamo indagare – per poterlo disinnescare – quel fenomeno per cui il mistero di Dio – rivendicato da tutti i figli di Abramo, ebrei, cristiani e musulmani, come l’unico, il trascendente, il sempre più grande – viene singolarmente tribalizzato ed etnicizzato (“il nostro Dio”), territorializzato (la “nostra terra santa”), politicizzato (“Dio è con noi qualsiasi cosa facciamo”) e, per così dire, reso coloniale (la “nostra giusta e necessaria superiorità e supremazia”).
da Alzogliocchiversoilcielo.blogspot.it, sito di taglio ecumenico con testi, audio e video di catechesi, commenti alle letture, conferenze, corsi biblici, lectio e omelie.
Siamo curiosi di sapere, di conoscere quale sia stato “il singolare modo di stare al mondo” di Gesù? – chiede l’autrice Lidia Maggi, teologa e pastora battista. Dove guardare “per scorgere lo stile nonviolento che caratterizzerebbe Gesù di Nazareth”? Uno stile che Gesù non spiega a parole ma testimonia con la sua vita.
da Alzogliocchiversoilcielo.blogspot.it, sito di taglio ecumenico con testi, audio e video di catechesi, commenti alle letture, conferenze, corsi biblici, lectio e omelie.
Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb. L’angelo del SIGNORE gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. Mosè disse: «Ora voglio andare da quella parte a vedere questa grande visione e come mai il pruno non si consuma!». Il SIGNORE vide che egli si era mosso per andare a vedere. Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: «Mosè! Mosè!». Ed egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe». Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio.
Messaggio congiunto del Santo Padre Francesco, di Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, e di Sua Grazia Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury, per la protezione del Creato.
Per oltre un anno abbiamo tutti sperimentato gli effetti devastanti di una pandemia globale: tutti, poveri o ricchi, deboli o forti. Alcuni sono stati più protetti o più vulnerabili di altri, ma la rapida diffusione dell’infezione ha comportato che dipendessimo gli uni dagli altri nei nostri sforzi per stare al sicuro. Abbiamo compreso che, nell’affrontare questa calamità mondiale, nessuno è al sicuro finché non lo sono tutti, che le nostre azioni davvero influiscono sugli altri e che ciò che facciamo oggi influenza quello che accadrà domani.
Il mal’āḵ di Ělōhîm si fece vedere alla moglie di Mānôaḥ, la quale affermò di aver visto “l’uomo di Ělōhîm“. Qui lo scrittore semita utilizza lo stato costrutto (’îš hā·’ĕlōhîm), tradotto lett. “l’uomo di Ělōhîm“. La traduzione ’îš con “uomo” può trarre in inganno, perché anche ’āḏām viene tradotto con uomo; ’îš in ebraico ha un significato come “di qualcuno che ha potere su qualcosa“. Probabilmente nelle Bibbie per famiglia troverete tradotto “un uomo di Dio“, è una traduzione che non condivido, i traduttori hanno reso indeterminata la locuzione (’îš hā·’ĕlōhîm), invece nella Stuttgartensia ebraica leggo che la locuzione è determinata, perchè il sostantivo reggente (’îš) dello stato costrutto viene determinato dall’articolo determinativo della parola che la segue (hā·’ĕlōhîm).
L’etimologia (ebr. שָׁמַיִם ,šāmayim) è incerta, secondo alcuni deriverebbe dall’assiro šamâmi e, per epentesi della finale “i”, trasformata in šamaimi, da cui, rilasciando l’ultima vocale breve si ottiene šamaim; secondo altri deriverebbe dalla radice שָׂמָה che in Arabo significa “essere alto” da cui poi in ebraico “cielo” , “cieli” (cfr. Gesenius’s Hebrew and Chaldee Lexicon to the Old Testament Scriptures, William Gesenius; cfr. The Analytical Hebrew and Chaldee Lexicon, Benjamin Davidson, pag. 723).
Il sostantivo ebraico ḥayyîm (ebr. חַיִּים) dal punto di vista morfologico è in realtà un plurale maschile “vite”, secondo la regola della lingua ebraica, che prevede che i plurali maschili terminino quasi sempre con il suffisso (ebr. ים ,îm).
Il dottor Tudor Petcu ha appena tradotto alcuni pensieri di San Serafim di Sarov in italiano.
Serafino di Sarov, in russo Серафи́м Саро́вский, al secolo Próchor Isídorovič Mošnín (Про́хор Иси́дорович Мошни́н) (Kursk, 19 luglio 1759 – Sarov, 2 gennaio 1833), è stato un monaco cristiano e mistico russo, considerato dalle Chiese ortodosse uno dei più importanti.
Starec vissuto nel XIX secolo, è ricordato per aver esteso gli insegnamenti monastici di contemplazione e di disprezzo del proprio corpo ai laici, indicando lo scopo della vita cristiana nell’acquisizione in sé dello Spirito Santo.
Tudor Petcu ci propone l’intervista a padre Alessandro Frezza, sacerdote ortodosso italiano, partendo dalla sua testimonianza di fedele convertito dal cattolicesimo all’ortodossia.
Pubblichiamo la bella intervista fatta da Tudor Petcu a Marlon Marlondo Myers, un giamaicano convertitosi all’Ortodossia. Nato nel 1977 è figlio di un pastore di una comunità ecclesiale protestante, la Chiesa di Dio della Profezia, Roadside (Ewarton, St. Catherine).
La cultura della cura, come “impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti”, e “disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca”, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace, per “debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente”. Lo scrive Papa Francesco nel suo Messaggio, reso noto oggi, per la 54.ma Giornata mondiale della pace, che verrà celebrata il primo gennaio 2021, solennità di Maria Santissima, Madre di Dio.
Sul limitare del 1942, in uno scritto destinato agli amici più cari (Bilancio sulla soglia del 1943 – Dieci anni dopo, in Resistenza e resa. Lettere e altri scritti dal carcere, Opere, vol. VIII, Queriniana, 2002, pp. 21-40), Bonhoeffer traccia un bilancio di dieci anni di resistenza al regime di Hitler. Sono parole pesanti, maturate a contatto con l’esperienza della sofferenza, dell’ingiustizia e della morte. Ma sono anche parole piene di speranza che solo chi ha una fede grande può dare. Ne riproponiamo alcune.
Una conferenza-racconto su viaggi fatti a piedi, in barca, in treno o a bordo di un bus, e sui disparati tipi di incontri che si fanno per terra o per mare, incontri di Russia e di Medio Oriente, nel Caucaso o sul Mediterraneo. Storie per spiegare che l’uomo che abita l’insicurezza globale ha bisogno, per conoscersi e diventare adulto nel senso patriarcale (biblico) del termine, di muoversi da nomade, nella convinzione che a farlo guarire sarà l’esplorazione del “fuori” da sé, piuttosto che del “dentro” della sua anima.
Anziché calare delle sonde dentro il suo insondabile inconscio, gli converrà insomma viaggiare per capire chi è – così propone Paolo Rumiz.
Il viaggio dunque come alternativa efficace alla psicanalisi.
da Ortodossiatorino.net, il sito della parrocchia ortodossa del Patriarcato di Mosca a Torino dedicata a San Massimo.
Padre Ernesto Obregon analizza le diverse attitudini verso gli uomini che si sentono chiamati a un servizio ministeriale, notando le differenze (e spesso le differenze ingiuste) di attitudine verso chi sente una vocazione da giovane e chi la sente da adulto, e soprattutto tra i fedeli da tutta una vita e i convertiti. Continua a leggere