Il Talmud? È come il web…

da Joimag.it, il sito dell’associazione JOI, Jewish Open Inclusive.

Parlare del Talmùd non è facile. C’è molto da dire, eppure, prima di aprire bocca, cala una membrana, come un sipario, tra la lingua e quelle molte cose ben nitide e ben disposte nell’incavo del pensiero. Il problema è da dove iniziare. Perché le cose, per quanto nitide, non sono disposte in linea retta, a catena, dove un concetto tira l’altro. L’idea che ci si fa del Talmùd non è diversa da come il Talmùd appare sulla pagina: le parole – i concetti, le cose – si dipanano sul foglio a grumi geometrici, intersecati gli uni agli altri come tasselli di puzzle, con l’eleganza centripeta di un labirinto. È un caos domato dall’arte tipografica ma nondimeno un caos. Dove si inizia a leggere? Dove si inizia a capire? Dove si inizia a parlare?

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L’olio della distinzione

da Joimag.it, il sito dell’associazione JOI, Jewish Open Inclusive.

Nei giorni di Chanukkà molti ebrei in tutto il mondo accendono la chanukià con olio di oliva, in ricordo del miracolo dell’ampolla di olio consacrato da cui trae origine la festa. Ma la produzione e il consumo di olio affonda radici millenarie in Medio Oriente in generale e nella tradizione ebraica antica in particolare. Sembra che per lungo tempo la coltura dell’olivo abbia avuto come quasi esclusivo obiettivo la produzione di olio. Così, quantomeno, emerge prendendo in mano il Tanakh, in cui l’olio viene citato più di cento volte e invece le olive non sono mai presentate come alimento, che peraltro come noto è immangiabile crudo appena raccolto.

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Bereshit: il fascino del reinizio. Interpretazioni del primo versetto della Genesi

da Joimag.it, il sito dell’associazione JOI, Jewish Open Inclusive.

Eccoci a ricominciare il ciclo della qiriat ha-Torà, della lettura/ascolto del sefer per antonomasia, chiamato anche il Libro dell’alleanza. Dopo averla celebrata a Simchat Torà, ora la Torà va riletta dal principio. Un principio che i maestri hanno reso paradossale, quando hanno ben pensato di non frapporre neppure un giorno dall’ultima parola di Devarim/Deuteronomio alla prima parola di Bereshit/Genesi.

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L’acacia del deserto e l’Arca dell’alleanza

da Moked.it, il portale dell’ebraismo italiano.

Due parashot dopo quella della concessione dei Comandamenti il Signore comanda a Mosé di costruire l’Arca dove deporre le Tavole consegnategli sul Monte Sinai. Nell’ambiente arido del deserto attraversato dagli ebrei il materiale da costruzione scarseggiava, ma il Signore indirizzò Mosé verso l’albero (quasi unico) che cresceva nel deserto l’acacia (Shittim). L’acacia ha molte spine lunghe che spuntano dagli ampi rami. I rami di solito si intrecciano con quelli delle acacie vicine formando fitte macchie; questo indubbiamente spiega il perché della forma plurale shittìm usata quasi sempre nel Tanak.

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