Quelli che vogliono essere più protestanti di Dio… Ooooh yes. Un testo di Fulvio Ferrario

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: “Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le sue opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull’altare? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta. E si compì la Scrittura che dice: Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio.Vedete: l’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. Così anche Raab, la prostituta, non fu forse giustificata per le opere, perché aveva dato ospitalità agli esploratori e li aveva fatti ripartire per un’altra strada? Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Gc 2, 14-26

E’ da secoli che si discute su questi versetti e sul loro bersaglio. Giacomo è arrabbiato, certamente, ma con chi, di preciso? Polemizza con l’apostolo Paolo, che parla della salvezza per fede, anche in riferimento ad Abramo, mentre Giacomo sembra dire l’esatto contrario? Oppure il suo bersaglio sono gruppi cristiani che presentano una caricatura del messaggio di Paolo?

In attesa che gli specialisti e le specialiste raggiungano un accordo, possiamo fin d’ora affermare con sicurezza che la critica di Giacomo si rivolge a noi, credenti del XXI secolo e, ancora più specificamente, a noi protestanti. Attenzione a non voler essere più protestanti che cristiani. Egli colpisce un modo di essere credere che utilizza parole tratte soprattutto da Paolo, per costruirsi una fede su misura, che possa rassicurare, senza impegnare. Non è difficile incontrare in mezzo a noi questo finto cristianesimo, che sarebbe persino buffo nella sua assurdità, se non fosse, invece, spiritualmente pericoloso, perché allontana da Gesù. Come nota il nostro testo, questo cristianesimo ama parlare di salvezza, o giustificazione, mediante la fede: purtroppo, però, non sa quello che dice.

Una forma particolarmente grossolana di questa illusione è quella che dice: la fede, senza le opere, basta a salvarci, purché, appunto, crediamo le cose giuste. La fede, qui, è confusa con la dottrina. Ma la dottrina sta alla fede come la grammatica sta alla lingua. Se la dottrina fosse sufficiente, i teologi sarebbero i più grandi santi, e vi posso garantire che non è vero. Giacomo osserva: anche i demoni sanno che c’è un solo Dio, ma sono sempre demoni. Si potrebbe proseguire: anche i demoni sanno che Gesù Cristo è risorto; anche i demoni sanno parlare dello Spirito santo. Ma la dottrina resta lettera morta, se non si accompagna a una pratica cristiana.

Esiste anche, però, un equivoco meno grossolano e, se così si può dire, ancora più «protestante» del primo: quello in base al quale la fede che salva è un atteggiamento mentale, una fiducia nel fatto che Iddio è buono e ci vuole bene, così che noi possiamo «confidare» in lui, senza che la vita cambi. La fede sarebbe dunque una sorta di pace del cuore, che ci rassicura e, al tempo stesso, ci autorizza a rimanere come siamo, senza conversione perché, appunto, quello che conta è confidare in Dio. Si potrebbe persino citare Lutero, oltre a Paolo! Non ha forse detto, proprio Paolo, che dove il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda? E’ vero o no?

Certo che sì. Ma proprio Paolo affronta lo stesso equivoco del quale parla Giacomo: bisogna allora vivere in modo superficiale, o addirittura peccare, affinché la grazia sia elargita senza limiti? Evidentemente no, questi sono sofismi, contorsioni mentali, che prendono in giro Dio stesso, il che non è mai salutare. Né Paolo, né Lutero hanno parlano di una fede e di una grazia che lasciamo le cose come stanno: esse trasformano la vita. Gesù e lo stesso Lutero presentano il rapporto tra fede e opere utilizzando l’immagine dell’albero e del frutto. L’albero sterile è come morto. Al tempo stesso, non è che l’albero «debba» produrre il frutto: semplicemente lo produce. Non si tratta di un imperativo, ma di un indicativo. Non è che «devi» cambiare vita e se non lo fai Dio ti fulmina. E’ che, con il Signore, la vita cambia.

La fede, dunque, non è la dottrina da sola, ma nemmeno uno stato d’animo. Si tratta invece di un incontro con Gesù che trasforma la vita. Ancora una volta, funziona esattamente come nell’amore umano. L’incontro d’amore è gratuito, puro dono, non posso fare nulla per provocarlo. In questo senso, in effetti, esso accade quasi senza di me, non è il frutto del mio sforzo, della mia bravura. Si tratta di un’esperienza di accoglienza, che quando è autentica suscita stupore, gioia incontenibile, gratitudine e in tal modo cambia la vita. Un incontro d’amore plasma l’intera esistenza, conferisce forma nuova ad ogni cosa. Non nel senso che non ci sia più spazio per altre esperienze, interessi, relazioni; bensì nel senso che ogni esperienza, interesse, relazione, assume il proprio posto nella vita strutturata da quell’incontro.

Le cosiddette opere, dunque, non sono una specie di dovere da compiere per far contento Dio, ma la carne e il sangue che l’incontro con Cristo assume nella mia giornata. La fede orienta il rapporto con gli altri, rendendomi responsabile per la loro vita: molto spesso, certo, in un senso limitato, ma reale. La fede orienta il rapporto con il mio lavoro, sottolineando che esso può migliorare (anche qui: di solito in termini assai modesti, ma reali) il rapporto con le altre e con gli altri. La fede orienta il mio rapporto con il tempo, che è vissuto e non subito quando accoglie nel suo fluire la relazione con le altre e con gli altri. La fede orienta il mio rapporto con il denaro, che non mi è affidato per il mio uso soltanto, ma anche per promuovere la vita dell’altro e dell’altra: se esiste qualcosa come una misura della fede, essa ha molto a che vedere con l’uso del tempo e del denaro. E siccome tutto ciò non può essere vissuto in solitudine, la fede mi conduce in una comunità, che non è un anticipo di paradiso, bensì un modo di vivere costruttivamente su questa terra.

Quello di Giacomo, dunque, è sano buon senso cristiano. Lutero ebbe a dire una volta che questa lettera parlava troppo poco di Cristo e dunque era debole, «una lettera di paglia», come egli si esprime. Beh, forse c’è qualcosa di consolante nel pensare che persino i più grandi possono sbagliare e che anche il sommo dottor Martino, quella volta, ha perso un’eccellente occasione per stare zitto.

Amen.

pastore Fulvio Ferrario

Chiesa Evangelica Valdese
Roma, piazza Cavour
Domenica 19 ottobre 2025

pubblicato sul profilo facebook di Fulvio Ferrario

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