
L’intervista che ci invia l’amico Tudor Petcu è a Péter Demény (Cluj-Napoca, 24 luglio 1972), un poeta, scrittore ed editore. Nel 1990 si è diplomato alla Samuel Brassai Theoretical High School. Tra il 1990 e il 1995 si è laureato presso il Dipartimento Ungherese-Rumeno dell’Università Babeș-Bolyai. Dal 1995 al 1999, direttore della casa editrice Kriterion di Cluj-Napoca. Tra il 1999 e il 2002, è stato il principale collaboratore del quotidiano della Transilvania, The Chronicle. Tra il 2002 e il 2003, caporedattore del Transylvanian Report Weekly. Dal 2003 al 2008 ha lavorato come caporedattore della casa editrice Polis a Cluj-Napoca, e dal 2008 è stato redattore di saggio della rivista trasparente trasparente di Tisza. Dal 2001 insegna come insegnante a contratto presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Babeș-Bolyai.
Sebbene la letteratura ungherese sia estremamente ricca, dominata dal mio punto di vista da un affascinante paesaggio lirico, potrebbe specificare, tuttavia, qual è la sua unicità nel campo della letteratura universale?
Penso che la sua unicità sia data dal linguaggio. Non vedo un altro marchio di unicità. La letteratura ungherese è così diversificata che nessun altro attributo le conferisce una vera e propria unicità rispetto alla lingua usata da tutti gli scrittori e poeti ungheresi.
Potrei anche rispondere negativamente: la letteratura ungherese sta scoprendo solo ora la sua avanguardia ed è comunque lontana da quella rappresentata da un Geo Bogza, Șasa Pană o Ilarie Voronca.
La poesia è probabilmente il vettore più potente della creazione letteraria, quel trampolino verso la realtà più “concreta” delle metafore. Pertanto, vorrei chiederle di evidenziare alcuni nomi rappresentativi della poesia ungherese che hanno prevalso nel panorama della letteratura universale e di specificare la stilistica alla cui luce sono definiti.
La poesia può essere vettoriale, ma è certamente il genere che assorbe i valori più esoterici, a chiamarli così. Forse il poeta ungherese contemporaneo più noto è Gaspar Lorand (1925-2019) che scrisse i suoi testi in francese ma nacque a Tg. Mures. Oltre a lui, Béla Markó ha una reputazione nello spazio culturale rumeno.
Gaspar ha un verso libero molto controllato, epico ed ellittico con esperienze che provengono dai suoi viaggi intorno al mondo (Tunisia, Israele ecc.). E dalla sua pratica chirurgica.
Vista la domanda precedente, vorrei fare riferimento a due poeti estremamente rappresentativi della letteratura ungherese, vale a dire: Ady Endre e Petőfi Sándor. Un critico letterario rumeno voleva persino specificare a un certo punto che Ady Endre sarebbe stato l’equivalente ungherese di George Cosbuc. La domanda che vorrei farle ora è questa: può dire che questi due poeti rappresentano due dei simboli della letteratura ungherese?
Non credo che Ady abbia a che fare con Cosbuc che altrimenti ammiro. Ady è un profeta in ritardo che non ha una nazione fiduciosa alle spalle o addirittura spera che esista. A sua volta, Petőfi è, al contrario, il giusto profeta. Oggi, a causa di processi politici, Ady è “più simbolica” di Petőfi e il ribelle György Petri è più simbolico di entrambi.
Ora vorrei evidenziare il classicismo ungherese, specificando gli scrittori più importanti. D’altra parte, in quale corrente potrebbe essere inquadrata l’opera di Jókai Mór, che altrimenti sarebbe stata tradotta in rumeno?
Jókai è il romantico per antonomasia come i suoi ragazzi immaginano: personaggi totalmente positivi o totalmente negativi, azione suspense, lieto fine. La sua “copia” sarebbe Zsigmond Kemény, il barone nato a Vințu de Jos che era stato molto più sfumato del suo collega, ma allo stesso tempo è più difficile da leggere. Tra i discepoli, vorrei citare Kálmán Mikszáth, scrittore aneddotico e umoristico.
Non potevo non menzionare il postmodernismo in quanto tale, che, con la fine del XIX secolo, cercava di imporre il suo dominio assoluto nei settori del pensiero e della creazione, compresa la letteratura, soprattutto se ci pensiamo. a scrittori come James Joyce o Harry Miller. Potrebbe parlare dal suo punto di vista anche del postmodernismo letterario ungherese e, in tal caso, come dovrebbe essere percepito quest’ultimo?
Il nome più brillante del postmodernismo ungherese è Péter Esterházy, noto anche ai rumeni, con una frase attenta e intelligente, con una poesia di note a piè di pagina. Se pensiamo anche ai contemporanei, ce ne sono molti con una scrittura buona e profonda da Attila Bartis a Gábor Vida e da Evelin Márton a Miklós Bánffy, la cui trilogia si rivela essere un bestseller nella traduzione di Marius Tabacu.