Commento alla liturgia ortodossa: Ventiduesima Domenica dopo Pentecoste

da Santa-rus.com, La Santa Rus’. Grazia e bellezza nell’incontro con la Santa Rus’.

8 novembre / 26 ottobre 2020 – Domenica

Domenica 22a dopo Pentecoste. Non c’è digiuno. Tono 5°. Del grandemartire Demetrio di Salonicco (c. 305). Ricordo del grande e tremendo terremoto a Costantinopoli (740). Del ven. Teofilo delle Grotte, arciv. di Novgorod, nelle Grotte lontane (1482). Del mart. Lupo di Salonicco (c. 305). Del ven.Atanasio di Medicio (c. 814). Del ven. Demetrio di Basarbovo, bulgaro (1685). Dello ierarca Antonio, vesc. di Vologda.

Apostolo: Ebr § 331 (dalla metà) (= 12:6-13, 25-27); (sotto la pericope:) Gal § 215 (=6:11-18); 2 Tim § 292 (=2:1-10).

Vangelo: Mt § 27 (=8:23-27); (sotto la pericope:) Lc § 83 (=16:19-31); Giov § 52 (=15:17-16:2).

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19 C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

Luca 16, 19-31

Protagonista di questa parabola narrata dal Salvatore e riportata dall’evangelista Luca è un uomo ricco di cui però non viene ricordato il nome. C’è invece il nome dell’altro protagonista, il povero Lazzaro, e non è una casualità che di questo ci venga tramandato il nome: Lazzaro (Eleazar) significa “Dio aiuta”, un nome paradigmatico che indica il chinarsi di Dio sulla sofferenza, che parla di vicinanza e di soccorso. Lazzaro ci dice da quale parte è schierato Dio, Egli è con i poveri, gli umili, gli ultimi, ne ascolta il grido e li consola.

E’ curioso che neanche Dio chiami per nome il ricco, si rivolge a lui con un generico “Figliolo”, un appellativo che indica comunque una relazione che però non è piena.

Il peccato del ricco non è solo l’attaccamento ai beni ma il rifiuto della relazione con Dio, la ricerca ostinata di se stesso si rivela una chiusura totale alla relazione con Dio. Una chiusura tale da non far conoscere il proprio nome. L’abisso che si apre tra il ricco e Lazzaro non è creato da Dio ma dal ricco stesso che cercando ostinatamente se stesso si allontana dalla vitale reazione con il creatore.

Nella Sacra Scrittura il nome è in qualche modo l’“alter ego” della persona: dove c’è il nome, c’è la persona. E così questo ricco senza nome in fondo non esiste, ha condotto una vita non vita, non umana. E il destino eterno è un oblio, prolungamento infinito di quell’assenza di relazioni costruita sulla terra. Il ricco di questa parabola è ignoto a tutti anche a Dio.

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