
Dalla nota introduttiva di «Dalla parte di Marta. Per una teologia del lavoro».
Per secoli nella spiritualità cristiana parlando delle due sorelle di Lazzaro, è stata esaltata la nobiltà dell’atteggiamento contemplativo di Maria rispetto al l’umile ma concreto servizio di Marta. In questo libro sul lavoro, in antitesi con eccessive ed oggi anacronistiche esalazioni, ci mettiamo significativamente “dalla parte di Marta”, dalla parte del lavoro povero. Più che di una scelta ideologica, si tratta di realismo.
Il superamento della figura mitica del «lavoratore» che perde sempre più la valenza messianica della trasfigurazione sociale, lascia più spazio – questo è vero soprattutto per i giovani – al gusto della solidarietà con i più deboli e con gli indifesi, spesso al di là della remunerazione economica, del prestigio sociale e della sicurezza materiale. Si passa visibilmente da una categoria forte del lavoro, espresso dal linguaggio forte dell’ideologia, a un valore o senso debole del lavoro divenuto «i lavori» (al plurale) disseminati dentro il tessuto della società civile. Come il credente è interrogato da questa nuova visione del lavoro fortemente in crisi come «valore forte»?