«La povertà e i poveri sono una profezia da ascoltare». Un testo di p. David Maria Turoldo

Oggi, in questo tempo così balordo e diseguale; in un tempo nel quale sempre più si concentrano ricchezze nelle mani di pochi, e sempre più dilaga la miseria e la fame nel mondo… Vorrei che fossimo tutti convinti di quanto sia giusta la tesi, condivisa oggi anche da scienziati, di rifarci alla povertà quale valore ispirante la stessa economia.

La disgrazia sta nel negare la povertà, invece di accoglierla, sta nel volerne uscire da soli o nel pretendere di non appartenervi o di esserne usciti. La povertà è una dimensione essenziale all’uomo. Di qui la forza profetica dei poveri!

È una forza che inquieta, per questo li emarginiamo, li allontaniamo, non vogliamo vederli né ascoltarli.

La storia della povertà è perciò una storia «sacra» del mondo perché i poveri ne sono esenti, scartati dagli uomini, ma privilegiati da Dio. In essa Dio e l’uomo si incontrano.

Per questo i poveri e la povertà dovrebbero rappresentare il punto di partenza per una giusta impostazione dell’esistenza umana, compresa l’economia. Poveri e povertà sono essenziali al piano della salvezza. Sono i poveri che ci salvano, anzi la povertà è la stessa salvezza. Il mondo non può risolvere i suoi problemi, se non sceglie la povertà come “regola della sua economia”.

Qui, per povertà, prima di tutto si intende libertà dalle cose; sconfitta delle cupidigie; si intende superamento del diritto di proprietà, almeno come è stato concepito e gestito fino ad ora; s’intende giustizia che sia finalmente, veramente distributiva e comunitaria.

Per povertà non si intende certo miseria, e meno ancora miserabilità: si intende che l’uomo sia preso nel suo assoluto valore e non per quello che possiede. Purtroppo oggi più che i beni — ce ne sono per tutti — manca il senso del diritto di ogni uomo ad avere almeno il necessario.

Per questo la povertà e i poveri sono una profezia da ascoltare.

David Maria Turoldo

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