da Vinonuovo.it, «vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi» (Lc 6,36).
L’intera vicenda politica di Dossetti si è svolta nel partito della Democrazia Cristiana. L’adesione a questo soggetto capace di unificare le varie anime cattoliche italiane dopo la seconda guerra mondiale non fu immediata. Dossetti, infatti, rifiutava l’idea di una presenza cattolica in politica in un unico partito, ma preferiva immaginare una partecipazione dei credenti in ogni contenitore partitico e quindi in un orizzonte pluralistico. Ciò non fu possibile per vari motivi. Quello principale era connesso alla presenza in Italia del più forte Partito Comunista dell’Occidente guidato da Palmiro Togliatti. Ma l’afflato valoriale di Dossetti ha orientato il suo impegno nella Democrazia Cristiana non per affrontare il pericolo comunista, ma per delineare un nuovo volto istituzionale tramite una democrazia sostanziale. Quest’ultima andava realizzata attraverso un partito impegnato nella proposizione di programmi di sviluppo con lo scopo di favorire la centralità dei lavoratori all’interno della comunità politica e sociale. Inoltre il giovane leader fu uno dei primi ad intuire la funzione positiva del partito destinata alla costruzione di una classe dirigente capace di ripensare la democrazia alla luce della dottrina sociale cattolica in relazione al pensiero politico contemporaneo e ai cambiamenti culturali in atto dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Dai resoconti della sua attività politica emerge che Dossetti aveva un’altissima concezione delle responsabilità che attendevano la Democrazia Cristiana. Sin dalla sua prima partecipazione pubblica alla vita del partito – avvenuta in occasione del primo Convegno del movimento giovanile svoltosi a Roma nel giugno del ’45 – espresse critiche alla carenza di attivismo, all’attenzione quasi esclusiva alle lobby clientelari e alla tentazione del clerico-moderatismo. In lui queste convinzioni erano alimentate dalla necessità di costruire un mondo nuovo con metodi diversi che in Europa, a parer suo, cominciava a sorgere con la vittoria del partito laburista in Inghilterra il quale aveva impostato il suo programma sull’affermazione del lavoro, della solidarietà e della democrazia. In Italia simile percorso di cambiamento doveva basarsi sulla scelta repubblicana. Infatti per Dossetti «Solo la Repubblica poteva garantire un effettivo processo di rifondazione della struttura statale in senso democratico»[1]. In questo scenario il partito aveva un compito fondamentale che coincideva con la concretizzazione della democrazia sostanziale. Da ciò emerge un ruolo storico del partito e dei cattolici italiani il quale andava sostenuto attraverso scelte coraggiose e riformiste tese superare le prassi politiche e culturali del passato. Al fine di giungere a questo risultato, Dossetti non ebbe patemi nello schierarsi apertamente contro la linea di De Gasperi poiché temeva che la proposta del partito d’ispirazione cristiana si riducesse ad una mera crociata anticomunista di stampo conservatore e liberale.
Al congresso nazionale della Democrazia Cristiana del ’49 svoltosi a Venezia, si consumò il confronto tra la proposta politica di Dossetti e quella della corrente degli ex popolari condotti da De Gasperi. In quell’assise, il giovane deputato – ormai fra i leader del partito – si era presentato come il promotore del cosiddetto “terzo tempo sociale” ovvero di uno spazio e di un periodo politico capace di dare sbocco e realizzazione concreta alle riforme che il Paese e i lavoratori attendevano. Il risultato del congresso consentì a Dossetti di influire sulla formulazione della nuova direzione nazionale del partito. Da quel momento in poi – con il coordinamento del giovane deputato – si realizzarono alcuni provvedimenti come la Cassa per il Mezzogiorno e la riforma agraria. Da ciò si evince che Dossetti concepiva il partito come un “mezzo” finalizzato a ricercare il bene comune. Secondo lui, a differenza di molti democristiani attivi nello stesso periodo, la Democrazia Cristiana non era semplicisticamente un argine per fermare la deriva comunista bensì uno strumento volto a delineare nel nuovo Stato italiano una democrazia effettiva dove i lavoratori, i programmi di sviluppo e le riforme sociali erano i mezzi tesi a perseguire il bene comune. Per far ciò, secondo Dossetti non bisognava rifarsi a modelli partitici risalenti all’anteguerra ma occorrevano metodi volti a concretizzare un reale ordine nuovo. Di conseguenza il giovane leader si dedicò alla formazione di una rinnovata coscienza politica destinata soprattutto ai giovani non formati alla democrazia e alla libertà. Si trattava di sostenere la nascita di una classe dirigente chiamata ad intendere l’attività politica come azione specialistica e perciò diversa rispetto all’azione cattolica. Ne derivava una Democrazia Cristiana basata non sul fondamento religioso ma su quello programmatico e perciò in grado di coinvolgere credenti e non. In questo modo, tale soggetto politico era rivolto a costruire una democrazia sostanziale al fine di consentire la massima espansione della persona umana.
Rileggere a diversi decenni di distanza la vicenda politica di Dossetti ci consente di riaffermare l’inscindibile nesso – sancito dalla nostra costituzione – tra la Repubblica e i partiti. L’impegno per il rinnovamento, la ristrutturazione e la riforma dei partiti – ieri come oggi – è un’opera tesa al consolidamento della nostra democrazia. Senza partiti credibili, rappresentativi e garanti di processi democratici al loro interno è a rischio la vitalità del nostro Paese. Al pari della generazione a cui apparteneva Dossetti – che si è impegnata nei partiti a favore della ricostruzione dell’Italia all’indomani del secondo conflitto mondiale – urge in tempi di repentini e non mediati stravolgimenti un rinnovato impegno politico per salvaguardare la nostra democrazia. La centralità dei cittadini nei processi politici e sociali, la formazione della classe dirigente, i fenomeni migratori, le guerre in atto, lo straordinario sviluppo della tecnologia sono soltanto alcune questioni che i partiti come organi fondamentali della nostra Repubblica sono chiamati ad affrontare.
Rocco Gumina
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[1] Riportato da E. Galavotti, Il professorino: Giuseppe Dossetti tra crisi del fascismo e costruzione della democrazia 1940-1948, Il Mulino, Bologna 2013, p. 342.