Il Fascismo. Un testo di p. David Maria Turoldo

Un giorno mi trovavo alla loggia dei mercanti accanto alla piazza del Duomo, ad un raduno di giovani del ‘Littorio’. Vi parlavano Vigorelli, Magliano ed altri. C’era anche un famoso cieco di guerra, di cui non ricordo il nome, che spronava a correre alle armi. Intervenni anch’io, come obiettore. Il mio intervento era sulla necessità di riscoprire la propria coscienza. Ricordo la risposta di Vigorelli che disse: “Come al solito è ancora un prete a sorprenderci, con la sua predicaccia da confessionale”. Era la prima uscita “sulla piazza”. Così ho cominciato il mio sacerdozio di guerra (…).

C’era un testo che tenevo sul tavolo, accanto alla divina scrittura: si trattava delle ‘Lettere di condannati a morte dell’Italia e dell’Europa’ (Einaudi, 1963). E’ un testo che io considero fondamentale per le generazioni future e che doveva essere posto a fondazione di una nuova cultura in maniera di concepire la vita, l’esistenza nel suo concreto in modo nuovo. Invece è proprio ciò che non è avvenuto: a mio giudizio uno dei più gravi tradimenti che scontiamo per questa situazione avvilente, politica e religiosa (…).

Si può dire che sotto certi aspetti la situazione è peggiorata. Si può dire che il “fascismo” non è assolutamente un comune partito, un semplice partito, ma è addirittura un “sesso”, uno stato fisiologico di cui, se non prendiamo atto e non stiamo attenti, possiamo esserne contagiati tutti (…).

E’ la ragione per cui ho scritto ‘Ritorniamo ai giorni del rischio’, sempre gioioso di illudermi. Per resistere, appunto, dentro la stessa società, tanto religiosa che civile: essendo la reazione lo sfondo permanente del “sistema”, cui sono ugualmente partecipi sia la chiesa che la società contemporaneamente, conscio che resistenza e reazione costituiscono un’unica dialettica che permea tutti e due i soggetti in azione. Per spiegare quanto mi è capitato ed il conto che ho dovuto pagare, fino all’ultimo centesimo, fino alla vergogna e al ludibrio pubblico (…).

Di me si cominciò a dire di tutto e in tutti i toni, e di molte parti, soprattutto da una certa inferocita stampa reazionaria, che aveva ben presto incominciato ad appestare tutto il paese. Me ne dissero e me ne fecero di tutte le risme, facendo passare per mie cose che non avevo neppure sognato. Spesso giunsero ad invocare l’intervento dei superiori al fine di essere proscritto dalla chiesa; fino a dire che avevo spezzato rosari davanti alle porte delle chiese.

p. David Maria Turoldo
(da «Perché verità sia libera»)

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