L’era delle chiese ibride

da Riforma.it, il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.

Poco meno di tre anni fa, dall’11 al 13 aprile 2018, la Conferenza delle chiese protestanti dei paesi latini d’Europa (Cepple) organizzava a Madrid un incontro fra gli operatori della comunicazione delle rispettive chiese (ne avevamo scritto qui; incontri analoghi si sono svolti anche a Losanna, Torre Pellice, Lisbona e Parigi) sul tema “Qual è la presenza delle nostre chiese nel mondo digitale?”.

Nell’occasione, il teologo e giornalista svizzero Michel Kocher aveva proposto di lavorare a partire da alcuni temi chiave: in che modo le chiese possono/devono impegnarsi nel web? Qual è il loro obiettivo primario? Quale profilo devono tenere (le chiese ma anche i singoli pastori) sui social? Come tradurre il Vangelo nel linguaggio del web?

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Dopo la quarantena, che cosa resterà degli incontri Zoom

da Riforma.it, il quotidiano on-line delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia.

E con i templi aperti che faremo? Butteremo via i culti su Zoom, le meditazioni in diretta Facebook, la preghiera su Whatsapp, le presentazioni dei libri e i dibattiti online? Che cosa resterà di queste esperienze spirituali vissute davanti a un monitor o a uno smartphone? Vedremo.

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Come degooglizzare la nostra vita. Il controllo nell’epoca del Coronavirus: dopo sarà necessario ragionare sullo spazio in cui viviamo

da Voceevangelica.ch, Chiese evangeliche di lingua italiana in Svizzera.

Zoom ci spia. La piattaforma per videoconferenze tanto in voga durante la quarantena passa(va) le nostre informazioni a Facebook. Lo stesso vale per altre app, siti e software che grazie ai dati generati dalle nostre interazioni creano profili statici e dinamici, singoli o aggregati, della nostra persona digitale, quella che ci precede nelle interazioni online e che viene usata da Amazon per decidere il prezzo da proporci quando navighiamo tra i suoi prodotti.

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I Farisei si bevvero le fake news

da Svoltaonline.it, per i giovani cristiani che vogliono capire, credere e cambiare, il blog dei giovani della Assemblee di Dio in Italia.

Capitolo 7 del Vangelo di Giovanni: Nicodemo si alza e li invita a consultare direttamente Gesù per capire meglio la Sua storia. Ma i Farisei gli rispondono mettendola sul piano della faziosità e dell’interesse personale: “Sei anche tu di Galilea?”. L’interpretazione biblica dei Farisei era giusta: “vedrai che dalla Galilea non sorge profeta” (v.52), “è forse dalla Galilea che viene il Cristo? La Scrittura non dice forse che il Cristo viene dalla discendenza di Davide e da Betlemme, il villaggio dove stava Davide?” (vv.41 e 42) Non faceva una piega, il profeta Michea aveva profetizzato proprio così (Michea 5:1). Ma non si erano preoccupati di verificare se la storia che Gesù fosse nato a Nazareth fosse vera, non gli avevano neppure mai posto la domanda. Si erano attenuti al “sentito dire“.

Peccato che il sentito dire fosse una bufala. Peccato che per questa ragione, la maggior parte di loro sia morto senza riconoscere il Messia promesso. Continua a leggere

Mio figlio? Meglio l’Iphone

da Interris.it, online international newspaper – con i piedi in terra guardando il cielo.

Sui mezzi pubblici, in ufficio, al ristorante, la scena è sempre la stessa. Occhi puntati sul piccolo schermo luminoso e dita che sfogliano pagine immaginarie. Ognuno rinchiuso nel suo piccolo mondo, riducendo al minimo le interazioni. Un segno d’assenso o di negazione scuotendo il capo, qualche parola pronunciata distrattamente e poco più. A casa il quadro non cambia: a cena, nei pochi momenti conviviali concessi dalla settimana lavorativa, persino mentre si sta già guardando la tv, il protagonista è sempre lui: lo smartphone. Le persone con cui condividiamo la nostra quotidianità sembrano meno importanti dei “fatti loro” in diretta su Facebook o della risposta da dare “urgentemente” sul gruppo WhatsApp. E a soffrirne sono soprattutto i figliContinua a leggere

Error 404: l’Africa offline e l’accesso ad internet

da Ilcaffegeopolitico.org, la rivista online di politica internazionale che ti racconta il mondo nel tempo di un caffé.

Il blocco di internet e dell’utilizzo dei principali social network sembra essere un metodo che negli ultimi anni, dalla Primavera Araba in poi, molti governi africani stanno utilizzando per mettere a tacere malcontenti interni e limitare la libertà di espressione e informazione dei propri cittadini. L’ultimo caso è quello del Camerun, dove l’accesso a internet è bloccato dallo scorso gennaio. Continua a leggere