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Il blocco di internet e dell’utilizzo dei principali social network sembra essere un metodo che negli ultimi anni, dalla Primavera Araba in poi, molti governi africani stanno utilizzando per mettere a tacere malcontenti interni e limitare la libertà di espressione e informazione dei propri cittadini. L’ultimo caso è quello del Camerun, dove l’accesso a internet è bloccato dallo scorso gennaio.
Il trend preoccupante diffusosi già da qualche anno è l’aumento progressivo dei Paesi, in tutto il mondo, che oscurano internet (totalmente o solo alcuni servizi) per presunti motivi di “sicurezza nazionale”, ossia per evitare la rapida diffusione di informazioni o immagini, legate soprattutto all’espressione del malcontento popolare, come accuse di brogli durante le tornate elettorali o movimenti di protesta per il rispetto delle libertà e dei diritti umani. Limitare l’utilizzo della rete non è un’impresa così ardua per molti Paesi (soprattutto governi militari o autoritari), che negli ultimi anni hanno approfittato delle leggi antiterrorismo per esercitare un controllo sempre più massivo delle comunicazioni elettroniche. Ad essere sottoposti alla “censura” e non meno di frequente anche a sanzioni penali molto pesanti, sono post pubblicati o “like” ad immagini e argomenti ritenuti controversi, come la religione, la libertà sessuale, le idee politiche, i diritti umani.
L’articolo completo di Irene Dell’Omo è disponibile su Ilcaffegeopolitico.org.