
Jovan Divjak (1937-2021): una vita per la multiculturalità. Storia del generale che difese Sarajevo
Il “generale”, come lo chiamavano i molti che gli dovevano la vita per aver difeso Sarajevo durante il lungo assedio, era passato dal Festival dei Diritti Umani in una bella giornata di aprile. In faccia il perenne sorriso malizioso di un vecchio saggio che ne aveva viste di tutti i colori. Jovan Divjak si rabbuiava quando parlava dell’assedio di Sarajevo: non una guerra civile, diceva, ma una guerra contro i civili. Dopo gli orrori nazionalisti si dedicò a ricostruire la convivenza inter-etnica della Bosnia, a partire dai giovani. Intervista di Danilo De Biasio Riprese e montaggio di Alex Villamira – Fairy Tails Milano Traduzione di Laura Signori
Viaggio della Memoria in Bosnia – Intervista al Generale Jovan Divjak
Durante il Viaggio della Memoria in Bosnia 2019, gli studenti di Parma hanno incontrato l’ex generale Jovan Divjak, uno dei protagonisti della difesa di Sarajevo. E’ stato un incontro intenso, lungo quasi tre ore, al termine del quale abbiamo realizzato questa breve intervista.
«Ultimo tango a Sarajevo» di Izet Sarajlić
Il novantaquattro, 8 marzo.
La Sarajevo degli amanti non si arrende.
Sul tavolo l’invito per il matinée di danza allo Sloga.
Naturalmente ci andiamo!
I miei pantaloni sono un po’ logori,
e la sua gonna non è proprio da Via Veneto.
Ma noi non siam a Roma,
noi siamo in guerra.
Arriva anche Jovan Divjak. Dagli stivali si vede
che viene direttamente dalla prima linea.
Quando ti chiede un ballo sembri un po’ confusa.
Per la prima volta ballerai con un generale.
Il generale non immagina l’onore che ti ha fatto,
ma, a dire il vero, anche tu al generale.
Ha ballato con la donna più celebrata di Sarajevo.
Ma questo tango – questo è solo nostro!
Per la stanchezza ci gira un po’ la testa.
Mia cara è passata anche la nostra magnifica vita.
Piangi, piangi pure, non siamo in Via Veneto,
e forse questo è il nostro ultimo ballo.***
Posljedni tango u Sarajevu
Devedeset cetrvta,8 mart.
Ljubavno Sarajevo se ne predaje.
Na stolu pozivnica za plesno matine u „Slozi“
Naravno,idemo!
Pantalone su mi prilicno ofucane,
A ni tvoja suknja nije za Via Veneto,
Ali mi nismo u Rimu,
Mi smo u ratu
Evo i Jovana Divjaka.Po cizmama mu se vidi
Da je dosao pravo s prve linije.
Dok te moli za ples,ti si malcice zbunjena.
Prvi put plesat ces s jednim generalom.
General i ne zna kakvu ti je cast ucinio,
A, Boga mi,i ti generalu.
Plesao je s najopjevanijom damom Sarajeva.
Ali ovaj tango –on je samo nas!
Od iscrpljenosti malo nam se vrti u glavama.
Mila,prodje i nas zivot velicanstveni.
Placi,samo placi,nismo na Via Veneto
A ovo je mozda i nas posljednji ples.
Izet Sarajlic, nato a Doboj nel 1930 è laureato in lettere alla facoltà di filosofia di Sarajevo, inizia a scrivere nel primo dopoguerra. Nel 1954, fonda il “Gruppo 54” che dà inizio alle nuove correnti di poesia moderna in Bosnia-Erzegovina. Tra il 1962 e il 1972 si occupa del festival “Giornate poetiche di Sarajevo”. È autore di una trentina di raccolte poetiche: le più recenti sono Il libro degli addii e Diario di guerra di Sarajevo e di una autobiografia. È considerato uno dei principali poeti dell’est-europeo. Grande conoscitore e traduttore della poesia russa, Sarajlic è stato tradotto in numerose lingue da autori come Brodskij, Evtushenko, Hans Magnus Enzensberger, Roberto Retamar. È stato amico di Alfonso Gatto. Egli è il testimone/poeta della grande tragedia della Bosnia. Poeta membro del “Circolo 99” di Sarajevo, lotta per il mantenimento di quella cultura laica della pluralità e della convivenza, che è l’eredità storica della Bosnia-Erzegovina.