Il Titanic della Vita. Un saggio di Tudor Petcu

Probabilmente, la maggior parte delle persone si chiede spesso cos’è la vita e dove conduce. Ciascuno di noi cerca di perfezionarsi attraverso la grazia di una costruzione ontologica della vita che costruisce il nostro spirito apparentemente permanente alla ricerca della luce perduta. La domanda è: cosa costruiamo o come dobbiamo costruire la nostra vita in modo che rappresenti per noi una vera strada verso Emmaus?

È davvero difficile dare una risposta soddisfacente a una domanda del genere, perché tutto ciò che sperimentiamo è mutevole perché la stessa natura umana è una delle contraddizioni, non essendo in grado di trovare un fondamento di certezza perpetua. Al contrario, la nostra vita è in qualche modo soggetta a una scommessa ironica dell’inconscio con l’idea di libertà, che diventa un’illusione, per il semplice fatto che l’uomo non sa essere libero. Non lo sa perché la sua ambizione è preservare la sua immortalità, e non la sua vita, come ha magnificamente affermato il pensatore tedesco Otto Rank. Quindi, se l’uomo non è in grado di mantenere la sua vita, ovviamente non può essere libero, ed è per questo che la libertà è un’illusione.

Tuttavia, ognuno di noi cerca di costruire la propria vita in un certo modo, di dipingerla con i colori delle ambizioni e delle capacità spirituali. Ognuno di noi vuole una fortificazione delle mura della città della vita, persa nella nebbia delle nostre paure, ma anche della mediocrità di ambizioni arroganti. Ma per questa fortificazione è necessario ciò che il saggista Herbert Read chiamava “prendere possesso del reale”, un approccio che implica, tra l’altro, una dolcezza comprensiva ed esercizi esicastici attraverso i quali apprendere la lezione della Santa Semplicità.

Quanto è seducente questa formula proposta dal celebre pensatore inglese, preda dei suoi ideali espressivi a cui le menti feconde cercano di abbeverarsi nella speranza di conoscere la felicità come naturale, ovvero come l’ethos inconfondibile della vita terrena, immanente nell’eterno vita in paradiso. Impossessarsi del reale che ci giace attraverso le sue apparenze e attraverso la banalità quotidiana della ottusa temporalità. Una volta in possesso di tale realtà, l’uomo ottiene la vera liberazione dalla prigione della paura, spalancando così le porte alla prima Idea che dà respiro a tutto il terreno.

D’altra parte, ci è difficile rendersi conto che questa alternativa esiste, intendendo infatti il ​​reale solo come manifestazione casuale della vita, non del nostro stato di coscienza che proietta idee e fatti. In altre parole, non vogliamo essere i vettori del nostro divenire, ma il pericolo inventato dalla nostra pigrizia a causa della nostra incapacità di nobilitare la nostra voce interiore.

In questo caso, la vita assomiglierà sempre a un Titanic che colpisce il ghiacciaio delle nostre peregrinazioni. Semplicemente è molto più comodo non capire che capire, perché in effetti è molto più facile cadere nell’abisso che scalare la montagna per raggiungere la vetta dell’immortalità.

Un viaggiatore britannico, desideroso di assaporare i misteri dell’inconfondibile pianeta Terra, decise di recarsi in Tibet per conoscere la saggezza dei monaci buddisti. Una volta giunto in un monastero, vedendo quanto fossero dure le condizioni di vita, gli venne naturale pensare di partire prima. Vedendo cosa stava per fare il monaco al turista britannico, chiese senza esitazione a quest’ultimo: “Se vuoi puoi andartene, nessuno può obbligarti a restare qui. Ma non hai capito che per sapere, tu devi essere paziente con tutto ciò che la vita ha da offrirti con ogni respiro che fai su questa Terra?”.

La pazienza di capire cosa ci offre la vita, infatti, è lo strumento che ci aiuterà a vincere la scommessa della libertà e ad ottenere l’onore della conoscenza, ma non in senso razionale, o epistemologico, ma in senso emotivo, perché tutto ciò che non è l’emozione porta all’ansia intuitiva.

Quando capiamo che siamo inizialmente passeggeri di un Titanic che non sappiamo se sarà in grado di andare avanti, o se incontrerà fatalmente ostacoli insospettati, rimarremo dipendenti dalla castità della conoscenza. Ma se diamo alla conoscenza i surrogati metafisici di cui ha bisogno, allora la vita diventerà Immortalità, rimarrà un vero Titanic, non solo come forma, ma soprattutto come espressione.

Tudor Petcu

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