da Vinonuovo.it, «vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi» (Lc 6,36).
Mi sono trovato più volte, in queste settimane, a pormi una domanda: cosa avrebbe pensato, cosa avrebbe detto Madeleine Delbrêl della riapertura di Notre Dame?
Di fronte a quella bellezza ritrovata, ma, soprattutto, di fronte a quella sfilata di potenti del mondo, di uomini e donne di alto rango, uomini e donne di ricchezza e forza, cosa avrebbe detto la piccola donna delle periferie di Parigi? E di fronte alle 700 vesti ideate dallo stilista Jean-Charles de Castelbajac, cosa avrebbe scritto?
Si corre sempre il rischio, in questi casi, di proiettare su altri il nostro pensiero e così attribuire ciò che è solo nostro a chi non c’è più per esprimere la sua opinione. Ma non potevo esimermi dall’interrogarmi. E così sono andato a rileggere un testo di Madeleine Delbrêl del 1949, Il popolo di Parigi va al funerale di suo padre. In quell’occasione, la mistica di Ivry non ebbe particolari remore nell’affermare che al funerale del cardinal Suhard il popolo di Parigi era stato respinto, lasciato fuori da Notre Dame, poiché la cerimonia era aperta solo alle autorità e al clero. E questo nonostante ampi spazi della cattedrale fossero rimasti vuoti. Ma al popolo di Parigi fu preclusa la partecipazione al funerale del vescovo. Con la franchezza che la caratterizzava, affermava: «Quando la cerimonia fu finita il popolo di Parigi volle venire vicino al padre suo. Ma ancora non si volle saperne di lui». E aggiungeva: «Quelli che credevano hanno levato il cuore verso il padre che aveva saputo comprenderli e il loro cuore si è gravato di una doppia pena. Quelli che non credevano hanno senza dubbio creduto ancora un po’ di meno».
Un popolo escluso, tenuto fuori sotto la pioggia: un’altra dolorosa occasione persa, un’altra distanza non colmata tra chi ‘conta’ e chi ‘non conta’.
Eppure, sempre in quel testo, Delbrêl aveva parole bellissime su Notre Dame, di quelle che andrebbero scolpite sulla pietra della cattedrale: «Notre Dame è fatta per ricevere il popolo di Parigi. Ne ha l’abitudine», ma escludendo gli umili di Parigi, essi «non hanno potuto incontrare, fermati da quella pompa fredda e organizzata, la divina e materna tenerezza che forse li attendeva dietro quelle pietre».
La cattedrale di Parigi, tempio di arte e preghiera, di storia e cultura, possiede una «divina e materna tenerezza». Ma, come nel 1950, così anche nel 2024 essa non è stata offerta al popolo di Parigi. Perché tra i ‘potenti del mondo’ gli umili non hanno avuto accesso.
Allora, forse questo avrebbe scritto Madeleine Delbrêl: mancava un popolo tra le navate della chiesa restituita alla città. Mancavano donne, uomini, giovani, bambini, anziani che ogni giorno prendono la metropolitana, vanno a lavorare, abitano le strade fuori dal centro scintillante, vivono, gioiscono, soffrono, e affidano le loro povere esistenze a Dio.
Certo, so bene che così va il mondo, ed essere ingenui non è permesso; che il presidente francese aveva bisogno del suo momento di gloria; che la Francia laica ha una legislazione che affida la proprietà dei beni ecclesiastici alla République; che lo sforzo compiuto per ricostruire Notre Dame è stato notevole, ai limiti del possibile, per cui era necessaria una vetrina di prestigio. So anche che c’è stato un momento per le maestranze, e che il giorno dopo la Messa di consacrazione è stata per tutti, e che per molto tempo la cattedrale rimarrà aperta gratuitamente.
Però, in quel momento della riapertura, nel momento decisivo, mancava il popolo di Parigi. E una cattedrale costruita (o ricostruita) senza un popolo, che cattedrale è? Una chiesa senza la partecipazione di un popolo che crede nel Risorto, che chiesa è? Una chiesa senza gli umili, senza chi non conta, senza la massa anonima, che chiesa è? Una cattedrale che si riapre e lascia fuori il popolo della città, che chiesa vuole essere? Una cattedrale che nel cuore dell’Europa post-cristiana torna al centro della luce, che messaggio può dare? «Per quel tanto che il nostro mondo vuole essere in situazione di rottura verso Dio, e intende fare a meno di Dio ed organizzarsi al di qua di Dio, Dio diventa per esso una novità e il Dio vivente del Vangelo torna ad essere una novella»: queste righe di Madeleine Delbrêl, del 1960, possono essere l’augurio per la riapertura di Notre Dame: che sia una novità, che sia buona novella. Ma quale novità avremmo davvero avuto, quale forza si sarebbe posta in essere se il popolo di Parigi fosse stato ammesso tra le navate della cattedrale!
Non so con certezza cosa avrebbe detto Madeleine Delbrêl: ho solo delle ipotesi. Ma, forse, ho capito perché tra i potenti del mondo ne mancava uno, vestito di bianco.
Sergio Di Benedetto