Cattolici e politica. Ripartire dalla realtà

da Vinonuovo.it, «vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi» (Lc 6,36).

Specie durante il periodo estivo sono molti gli osservatori e gli opinionisti che riflettono sull’opportuna collocazione che i cattolici dovrebbero assumere in politica. Secondo alcuni i credenti, in barba alle acquisizioni della Gaudium et spes, non possono muoversi in “ordine sparso” bensì collocarsi soltanto in ben definite aree politiche. Invece per altri i cristiani sono chiamati ad un impegno destinato alla ricostruzione di contenitori partitici di “centro”.

Già nel 1944 un giovane Aldo Moro registrava – in un denso articolo apparso su Pensiero e Vita – che la politica dei credenti è certamente difficile poiché sollecitata tanto dal conservatorismo quanto dai moti rivoluzionari. Tuttavia proprio il futuro leader della Democrazia Cristiana allo stesso tempo segnalava che la posizione dei cristiani in politica non può coincidere con quella del compromesso o del “riposo” bensì con la responsabilità di un processo volto ad «un’opera mediatrice equilibrata e serena, che è indispensabile alla soluzione dei problemi del mondo».

La pubblicazione del Terzo report statistico nazionale di Caritas Italiana è un invito rivolto a tutti, non solo ai cattolici, destinato – è bene augurarselo – a rimettere al centro dell’agenda sociale, economica e politica del nostro Paese i problemi reali. Quella della povertà è un’emergenza che quando va bene sfiora appena i ragionamenti dei leader politici nostrani e continentali. Ma i dati dicono che si tratta di un’autentica priorità.

Secondo il report Caritas appena pubblicato in Europa il 21% della popolazione (oltre 93 milioni di individui) vive in condizione di rischio povertà o esclusione sociale. In questo contesto l’istruzione risulta un rilevante elemento di protezione a differenza del lavoro poiché il 16,5% degli operai o delle figure assimilate si trova in situazioni di povertà assoluta per via di redditi troppo bassi. Infatti in Italia la perdita del potere d’acquisto dei salari tra il 2019 e il 2024 è stata dell’8,7%. Un’enormità di cui nessuno pare occuparsi. La questione abitativa e le vulnerabilità sanitarie sono gli altri due volti del medesimo problema. Nella ricerca da un lato emerge che il 33% delle persone seguite da Caritas manifestano una forma di disagio abitativo dall’altro che circa sei milioni di residenti nel nostro Paese hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie necessarie per via delle lunghe liste d’attesa e degli alti costi impossibili da sostenere per le famiglie. Anche su questi temi, oltre agli slogan la politica italiana ad ogni livello appare non pervenuta.

I dati che emergono dallo studio della Caritas Italiana si legano a filo doppio con quanto papa Leone XIV ha sostenuto in vista della nona Giornata mondiale dei poveri che si celebrerà il prossimo 16 novembre. A parere del pontefice la povertà ha «cause strutturali che devono essere affrontate e rimosse». Nella prospettiva cristiana aiutare il povero è una questione di giustizia e perciò per il vescovo di Roma occorre fare di tutto per lo sviluppo di «politiche di contrasto alle antiche e nuove forme di povertà».

Il report Caritas e le parole di Leone XIV sembrano poter implicitamente fornire alla politica, e dunque ai cattolici che ivi s’impegnano, l’orizzonte su cui operare. Quest’ultimo lungi dal coincidere con astratti discorsi o visuali miopi, invita a guardare alla realtà quotidiana vissuta da milioni di italiani ed europei. Forse non è più tempo di riflettere sui posizionamenti o su arzigogolate e improbabili prospettive ma, per dirla con Aldo Moro, di ricostruire osservando «più in alto, più in fondo e più lontano». Ciò potrà avvenire assumendo sul serio i problemi del nostro tempo che sembrano aprire valli e praterie ad un rinnovato impegno politico cristianamente ispirato.

Rocco Gumina

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