da Aclimilano.it, ACLI milanesi le Acli di Milano, Monza e Brianza.
E’ stato approvato all’unanimità dal Consiglio Provinciale delle Acli Milanesi il documento sull’immigrazione. «Una priorità per il Movimento – ha detto il presidente Petracca – Oggi la questione migranti è divenuta il terreno decisivo su cui si gioca il nostro modello di convivenza nel vecchio continente. Per questo come Acli – ha spiegato il presidente provinciale – abbiamo scelto di adoperarci da alcuni decenni (con un movimento che è nato dal territorio) nel “parlare la stessa lingua per affermare il potere diffuso della conoscenza” attraverso le molte scuole di italiano per stranieri presenti nei nostri circoli, sulla scorta delle scuole popolari dei decenni precedenti e avendo sempre presenti gli insegnamenti di padri e profeti come don Lorenzo Milani. Ma non solo: sempre più circoli con sempre maggiore qualità hanno lavorato e lavorano per promuovere, accompagnare e sostenere i “nuovi italiani” presenti nelle comunità locali con mille iniziative diverse (incontri multi culturali e multi etnici a partire dal cibo, iniziative ecumeniche e di dialogo interreligioso, proiezioni cinematografiche, rappresentazioni teatrali, mostre fotografiche, dibattiti pubblici, feste, semplici occasioni di incontro, di dialogo e di amicizia e di solidarietà, etc.), con le donne (italiane e non) sempre protagoniste e sempre in prima linea».
CONTROVENTO: COSTRUIRE UNA SOCIETÀ APERTA E SOLIDALE
Una priorità per le Acli milanesi“Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla perché è giusta”.
Martin Luther King
Le ragioni e i fondamenti di una scelta di futuro oltre la logica dell’emergenza
Quando abbiamo deciso di dedicare il consiglio alla questione migranti eravamo consapevoli che le elezioni del 4 marzo avevano aperto una nuova stagione politica italiana – autorevoli commentatori si sono spinti a parlare di Terza Repubblica – ma non eravamo ancora certi che le due principali forze più critiche verso il fenomeno migratorio sarebbero state sul punto di dare vita ad un governo “giallo-verde”. Sapevamo insomma di navigare controvento ma non immaginavamo che l’intensità della perturbazione fosse così forte. Seppur “in salita” rimaniamo tuttavia convinti che la realizzazione di un melting pot equo e solidale sia ancora la soluzione migliore per il futuro dell’Italia e dell’Europa.
Per fortuna non siamo i soli a pensarla in questo modo, anzi siamo molto ben accompagnati. Francesco il 25 marzo 2017 a Monza ci ha ricordato che tutti noi siamo: “milanesi, ambrosiani ma parte del grande Popolo di Dio; un popolo formato da mille volti, storie e provenienze; un popolo multiculturale e multietnico; un popolo chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novità che proviene dagli altri; un popolo che non ha paura di abbracciare i confini, le frontiere; un popolo che non ha paura di dare accoglienza a chi ne ha bisogno perché sa che lì è presente il suo Signore”.
Il Sindaco Sala poco meno di due mesi dopo – dal palco della più grande iniziativa multietnica e multiculturale che si sia mai realizzata nel nostro Paese – ha aggiunto: “le comunità più coese, sono tutte nate dal concorso di più popoli, dall’unione di volontà diverse, dalla faticosa costruzione della comprensione reciproca. Pensiamo solo ai nostri connazionali emigrati negli Stati Uniti e al contributo insostituibile che hanno dato alla crescita di quella nazione insieme a milioni di immigrati provenienti da tutto il mondo. E non è un caso che le nazioni che si sono dimostrate più capaci di accogliere e integrare sono anche le nazioni più progredite: dalla Svezia al Canada. E’ solo senza muri che è possibile realizzare una pace profonda e duratura che superi i profondi squilibri di cui è afflitto il nostro pianeta. Oggi, ancora una volta, siamo qui per testimoniare la nostra fede incrollabile in una Milano aperta al mondo: su questo valore, prima di tutto, dobbiamo costruire una nuova unità tra noi. Milano non è, se non è aperta. Milano chiama il mondo perché il mondo è la sua casa. Chi pensa di tenere separati accoglienza e giustizia o ignora la realtà della globalizzazione o è in malafede. Non c’è credo religioso, non c’è idea politica, non c’è programma sociale che non professi giustizia e accoglienza. Noi siamo per accogliere chi bussa alla nostra porta per fuggire alla miseria, alla guerra e alla persecuzione. E siamo anche perché tutti costoro che vogliono far parte della nostra comunità rispettino la legge, tuta la legge e sempre la legge. Noi abbiamo il dovere di accogliere tutti, come vorremmo che gli altri facessero con i nostri figli. Ma non c’è spazio e non c’è mediazione per chi pensa di venire qui e non rispettare le regole”.
Infine il nostro Arcivescovo, lanciando il Sinodo minore Chiesa dalle genti, lo scorso 14 gennaio nel documento preparatorio consegnato ai presenti osserva: “oltre un quarto di secolo fa, in una città resa inquieta dalla presenza di poche migliaia di ‘forestieri’, il cardinale Martini parlava dell’immigrazione come di un’occasione profetica: una sfida che la nostra società era chiamata ad accogliere con spirito positivo, trovando in essa il modo per rigenerarsi salvando il meglio della propria tradizione democratica. Con straordinaria lungimiranza, i pastori di Milano che si sono succeduti in questi decenni ci hanno più volte aiutato ad aprire il nostro sguardo per osservare come sui migranti stranieri spesso si scarica l’insoddisfazione per i problemi che non sappiamo risolvere, indicandoli come gli autentici poveri tra i più poveri”.
Nel consiglio provinciale programmatico dello scorso novembre a Diano Marina abbiamo scritto: “la questione migranti è divenuta il terreno decisivo su cui si gioca il nostro modello di convivenza nel vecchio continente. Questa è intimamente connessa anche con la questione demografica. Il fatto che in Africa vi sia un’età media della popolazione di circa vent’anni minore rispetto a quella italiana ed europea (a fronte di un deciso innalzamento delle aspettative di vita nel continente nero) ed una forte crescita della popolazione e che in Europa nei prossimi anni senza ingressi vi sarebbe una drastico calo dei residenti per la scarsa natalità non è oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica. Ragionando razionalmente i migranti sono una fondamentale risorsa strategica per il nostro futuro per questo occorre trasformare la paura in uno slancio costruttivo verso una pacifica “convivialità delle differenze”. Come realizzare quest’ultimo passaggio non è però affatto né facile né scontato e non può partire da un atteggiamento intransigente nei confronti di chi, italiano o europeo, vive reali condizioni di disagio personale o sociale o peggio ancora di reale guerra tra poveri, così come non dobbiamo né sottovalutare né tacciare come razzismo il sentimento di insicurezza (anche non fondata) nei confronti degli stranieri. Per passare dalla logica dell’emergenza a quella della valorizzazione bisogna avere una strategia ampia e di lungo periodo e bisogna continuare a stare ed essere con le persone sui territori e nelle periferie a costruire coesione ed inclusione. Questa nostra azione costante e quotidiana la possiamo e la dobbiamo far risaltare con grande evidenza e la dobbiamo anche fortemente incrementare così come dobbiamo essere fieri di aver contribuito (e di continuare imperterriti) alla “battaglia di civiltà” sullo ius soli come alla campagna-proposta legislativa Ero Straniero. Mai però dobbiamo commettere l’errore di dividere il mondo in buoni e cattivi: solo un’opera profonda, duratura, pluriennale e capace di una grande alleanza tra società civile e istituzioni (a partire da quelle locali) e capace di un’altra narrazione aiuterà davvero a cambiare sia la situazione sia il clima.”
In conseguenza delle argomentazioni sin qui esposte le ragioni e i fondamenti per percorrere con fiducia – anche se controvento – la strada verso una società più aperta e più solidale proprio non mancano.
E le Acli milanesi sono già fattivamente in cammino. Con questo consiglio provinciale vorremmo lo fossero più consapevolmente e più chiaramente. Desidereremmo condividere insieme i prossimi passi, anche con l’obiettivo di dare maggiore visibilità interna ed esterna a questo nostro impegno e partendo da una considerazione condivisa: le Acli sono ancora appassionatamente impegnate per la promozione sociale dei ceti popolari e medi. E non solo, il nostro movimento ha un chiaro modo di agire che unisce e unifica la nostra pluriforme avventura, una sorta di imprinting che dura nei decenni: a noi interessa preminentemente essere parte della soluzione di problemi fondamentali della vita delle persone dall’istruzione professionale alla formazione culturale, dalle esigenze abitative a quelle lavorative, dalle necessità di socializzazione a quelle ludico-ricreative fino alla tutela dei diritti civili e sociali, alla partecipazione ed all’espletamento dei doveri civici. E ciò per tutti, nativi e migranti, nessuno escluso.
Consapevoli della nostra operosità
Il nostro essere fattivamente in cammino con l’approccio appena presentato ci ha portato a non essere protagonisti di prima importanza sulla gestione dell’accoglienza di “chi arriva con i barconi” (anche se non è mancato l’impegno dei volontari di IPSIA all’hub della stazione centrale come quello dei militanti dei nostri circoli nell’accompagnamento di molti programmi SPRAR e CAS nei propri territori idi riferimento). Piuttosto invece abbiamo scelto di adoperarci da alcuni decenni (con un movimento che è nato dal territorio) nel “parlare la stessa lingua per affermare il potere diffuso della conoscenza” attraverso le molte scuole di italiano per stranieri presenti nei nostri circoli, sulla scorta delle scuole popolari dei decenni precedenti e avendo sempre presenti gli insegnamenti di padri e profeti come don Lorenzo Milani.
Sempre più circoli con sempre maggiore qualità hanno lavorato e lavorano per promuovere, accompagnare e sostenere i “nuovi italiani” presenti nelle comunità locali con mille iniziative diverse (incontri multi culturali e multi etnici a partire dal cibo, iniziative ecumeniche e di dialogo interreligioso, proiezioni cinematografiche, rappresentazioni teatrali, mostre fotografiche, dibattiti pubblici, feste, semplici occasioni di incontro, di dialogo e di amicizia e di solidarietà, etc.), con le donne (italiane e non) sempre protagoniste e sempre in prima linea. Esattamente come femminile è quasi esclusivamente il lavoro di cura, che ha portato “il mondo nelle nostre famiglie”. Le Acli Colf ormai da molti anni sono la nostra più importante realtà multietnica (decine e decine di nazionalità diverse sono quelle a cui appartengono le nostre associate) e multireligiosa ma sono anche il luogo dove l’associazione è stata maggiormente capace di dare la parola, di raccontare le storie, di condividere momenti di spiritualità e di formazione politica, di cambiamento culturale. Sono un bene prezioso per le Acli milanesi anche perché ci rende protagonisti di una delle frontiere del welfare più delicate e complesse: il servizio alle persone parzialmente non autosufficienti con le famiglie come datori di lavoro.
Il rapporto virtuoso che sempre più in questi anni si sta stabilendo tra Colf, Patronato, SAF e cooperativa sociale Ripari è un interessante modello di risposta possibile e di qualità in questo ambito, consapevoli che molto deve ancora migliorare nel nostro Paese sul tema e che su questo terreno dobbiamo riuscire ad essere – come spesso ci è riuscito nella nostra storia – doppiamente impegnati sia in termini di advocacy sia in termini di buona gestione dei servizi.
La nostra attenzione alla promozione dei diritti e delle tutele sociali ci ha portato a divenire anche il primo patronato su tutte le questione che riguardano i diritti di cittadinanza dei migranti ma anche delle prestazioni sociali a cui possono accedere. Se il Patronato Acli è sempre stato il primo per i “poveri italiani”, negli ultimi anni lo siamo diventati anche per le prestazioni previdenziali di lavoratori dipendenti così come per tutto quel che concerne l’immigrazione, potendo contare su una rete ormai diffusa di operatori professionali sul tema e su un pool di esperti in sede centrale di diverse nazionalità. Oltre che su molte centinaia di promotori sociali competenti e motivati anche su questa nuova frontiera del loro servizio. La formazione professionale come via d’accesso al lavoro per le seconde generazioni (ma anche per le prime) vede il nostro Enaip in prima fila: quasi un terzo delle migliaia dei frequentanti i corsi sul nostro territorio sono di origine straniera, molti tra loro non potendo usufruire del sistema dotale sono presi in carico gratuitamente dall’Ente, il 90% tra i giovani ed oltre il 50% tra gli adulti trova in pochi mesi un lavoro stabile e degnamente retribuito. Risultati importanti che da molti anni contribuiscono al miglioramento ed alla prosperità della società lombarda.
Le nostre cooperative sociali e di produzione lavoro sono poi sbocchi professionali già attivi da molti anni per i migranti nel settore dei servizi alla persona ed in quelli delle pulizie in particolar modo, ed anche qui nel rispetto delle regole e dei contratti (non i migliori del nostro mercato del lavoro) ma facendo il massimo possibile. E ciò avviene anche nelle nostre gestioni turisticoalberghiere e nelle case per ferie.
L’Unione Sportiva lavora da molti anni sul terreno dell’integrazione attraverso lo sport: il torneo dei consolati, i campionati ordinari ricchissimi di presenze e di squadre di migranti, il sostegno al progetto football no limits organizzato da IPSIA sono alcuni esempi del grande lavoro svolto.
L’IPSIA è forse la realtà più consapevolmente impegnata sul tema della società aperta all’interno del nostro sistema, in questa sede più che citare i suoi interventi più noti (di cooperazione e di volontariato internazionale) vale forse la pena citare i progetti di cosviluppo realizzati in questi anni con alcune comunità etniche o i percorsi di enpowerment di alcune importanti federazioni di associazionismo migrante a partire dalla FASNI. L’area educazione spesso anche in collaborazione con Pace in Comune ha realizzato e realizza percorsi di educazione all’intercultura nelle scuole, crediamo molto nello sviluppo di queste attività che insistono sul terreno più fertile nel quale si può coltivare il futuro. Tra i progetti metropolitani più innovativi la questione migranti ha trovato ampio spazio di riflessione e di azione.
Nei 10 anni di corsi di geopolitica il tema è stato analizzato da molti punti di vista mentre all’interno di Spazio Agorà il lavoro di integrazione in particolare con le donne e con i minori migranti ha trovato quotidiana e sapiente realizzazione in mille modi ed in mille forme; il CEEP in collaborazione con la Fondazione Cariplo e con la Chiesa Valdese si è situato a metà strada tra queste due realtà accompagnando alcuni microprogetti di qualità nei circoli, rielaborandoli e descrivendoli e producendo pensiero anche in forma scritta sulla materia. IPSIA e circolo geopolitico insieme hanno poi dato vita ad una iniziativa in favore dei giovani italiani che decidono di espatriare.
Infine la nascita del circolo “don Raffaello Ciccone” nella Parrocchia dei migranti in Santo Stefano ha segnato sicuramente “una sorta di passaggio di livello” nella nostra capacità di fare associazione in ambito. Quasi al termine del nostro elenco occorre sottolineare che nei programmi di housing sociale, così come in quelli che riguardano la casa di proprietà del nostro mondo cooperativo così come tra i clienti del Caf sempre più numerosi sono i migranti destinatari o soci di questi servizi.
Ed in conclusione ricordiamo, (ultimo ma non ultimo per importanza) il nostro impegno negli ambiti più strettamente politici ed ecclesiali: da un lato, il capillare sostegno dato alle campagne per i diritti civili e per la modifica di una legislazione inefficace ed inefficiente e superata dalla storia come la Bossi-Fini e, dall’altro, la presenza come sentinelle nelle comunità cristiane, dentro le commissioni diocesane e decanali sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso fino alla partecipazione attiva all’attuale percorso sinodale, passando per le feste delle genti in molte realtà parrocchiali.
L’integrazione interna ed il lavoro di rete per migliorare l’efficacia del nostro agire. E alcune azioni “generative” per il prossimo biennio
Questa lunghissima panoramica sul nostro fare multiforme e capillare ci aiuta a renderci conto di due passi in avanti che occorre fare: la necessità di una maggiore conoscenza e di una consapevolezza comune e diffusa di ciò che siamo e del nostro agire e quindi di un pensiero più forte e condiviso e la necessità di integrare le nostre azioni nel sistema Acli e nelle reti e con le reti fuori dal perimetro della nostra organizzazione, a partire da una forte collaborazione con le istituzioni.
Per raggiungere tali obiettivi occorrerà rimettere in atto e potenziare con rigore e metodo una serie di azioni già positivamente intraprese nel passato rendendole sistematiche come i laboratori delle idee e i momenti di confronto intersettoriale. Occorrerà altresì riprendere con nuovo vigore la nostra partecipazione ai tavoli istituzionali della Prefettura e dei Comuni. Collaborare con tutti non solo (come stiamo per ripetere) per una “Milano senza muri” ma per un’area metropolitana sempre più accogliente. Occorrerà diffondere le buone pratiche in un’opera di contaminazione positiva (perché esse sono davvero capaci di far nuove le Acli).
Occorrerà avventurarsi per sentieri non ancora percorsi verso un grande progetto integrato tra competenze e territori all’altezza della nostra operosità e capace di quell’azione di cambiamento di lungo periodo evocato a Diano Marina (e richiamato nel primo paragrafo di questo testo). Occorrerà aumentare i nostri sforzi in ogni terreno dove è possibile dare risposte di speranza a chi è dominato dal pregiudizio e dalla paura. Sconfiggere ogni giorno con il nostro fare ed il nostro testimoniare la prospettiva di un continente chiuso, ripiegato su se stesso, un continente fortezza.
Per questo il nostro costruire insieme con tutti (nativi e migranti) deve essere sempre di più un unico multiforme impegno per la giustizia sociale, solo antidoto all’aumento delle disuguaglianze e sola risposta capace di vincere le pulsioni autoritarie, populiste e nazionaliste.
Una responsabilità rinnovata e rinforzata
Da ultimo, per non permettere che quelle sin qui scritte non rischino di essere solo parole riteniamo che tutte le intenzioni e le proposte sin qui evidenziate richiedano un deciso salto di qualità anche in termini organizzativi.
Riteniamo dunque sia necessario, come accaduto in questi anni per l’area educazione, che venga creata un’area migrazioni che faccia riferimento ad un componente della presidenza a questo compito espressamente dedicato e che si sostanzi con il decisivo apporto di una figura apicale dello sviluppo associativo con il supporto professionale di una figura della progettazione e che si avvalga stabilmente di un gruppo di lavoro da definire nel dettaglio nei prossimi mesi (a partire dall’ottimo seppur poco visibile lavoro già svolto in tal senso nella prima parte del mandato grazie all’impegno di Giulia Vairani ed Anna Busnelli insieme a don Alberto e ad alcuni circoli e realtà di sistema).
Naturalmente considerando le funzioni formazione, studi, comunicazione e risorse al servizio di questa nostra rinnovata e più consapevole iniziativa integrata; coinvolgendo l’assemblea dei presidenti di zona per monitorare, valorizzare, accompagnare ed incrementare il lavoro sul territorio, e rendendo disponibili imprese sociali e associazioni tematiche per la collaborazione, la coprogrammazione e la coprogettazione.
Milano, 14 maggio 2018