L’Apocalisse giovannea e l’apocalittica ebraica a confronto

Festival Biblico 2018  – 13 maggio 2018

L’iconografia nell’Apocalisse cristiana e l’attesa messianica nell’ebraismo rabbinico

con Giuseppe Casarin (docente), Piero Capelli (docente) – modera Isabella Tiveron

Presente e futuro, cielo e terra, l’Apocalisse di Giovanni esprime il paradosso e la tensione tra il “già” e il “non ancora”, che attraversano tutti i primi scritti cristiani, in un rimescolamento delle categorie del tempo e dello spazio. A partire dal legame tra parole e immagini al quale il libro ha dato origine, leggeremo le grandi visioni dell’Apocalisse sullo sfondo di alcuni cicli pittorici, cercando di ritrovare nell’intreccio profondo tra fede e arte, la sua capacità di evocare «le cose che dovranno accadere tra breve».

Quando sarebbe arrivato il Messia? E soprattutto, come? I rabbini che rifondarono e ridefinirono l’ebraismo dopo le catastrofi patite ad opera dei romani furono ossessionati dall’aspettativa messianica non meno dei loro contemporanei cristiani. Ma la loro aspettativa si colorò di tinte assai diverse: chi attendeva il Messia per una remota fine dei tempi, chi per un futuro quasi immediato; chi sperava in un Messia guerriero apocalittico e liberatore di Israele, chi invece se lo aspettava derelitto come Giobbe; chi, infine, lottava duramente con se stesso per mantenere viva la speranza messianica contro ogni plausibilità, e contro il terrore per le catastrofi storiche che ci si aspettava avrebbero preceduto l’avvento del Figlio di David.

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