La dimensione occidentale dell’Ortodossia

L’Ortodossia, con il senso etimologico di retta o vera fede, di origine apostolica, si manifestò principalmente a Bisanzio, dando all’impero arte iconografica, mix stilistico, spesso travisato, ma spettacolare nelle sue mistiche battaglie. Si diffuse successivamente nell’Europa orientale e sud orientale, mentre il cattolicesimo romano, che comprendeva l’Europa centrale e occidentale, prendeva piede in altri continenti, come quello sudamericano. E l’Ortodossia, nonostante il numero molto ridotto di seguaci, si è diversificata adattandosi a certe culture orientali o africane, come nella Chiesa copta ortodossa o nella Chiesa etiope, caratterizzata da una particolare unicità iconografica, con carattere profetico.

Rispetto alla Chiesa cattolica romana, la Chiesa ortodossa non ha acquisito l’universalità di cui avrebbe tanto bisogno, essendo segmentata nella storia, anche su criteri nazionalisti. Non a caso, la maggior parte delle volte le voci delle chiese ortodosse autocefale non erano pienamente d’accordo, a un certo punto intervenivano anche alcune controversie dogmatiche o teologiche, ma è certo che l’Ortodossia in quanto tale garantiva l’identità religiosa e spirituale dell’Oriente.

Da quanto precede, ne consegue che l’ortodossia era ed è percepita come quel polmone cristiano specifico solo per i popoli dell’est, i cui poli principali erano Costantinopoli, conosciuto dal patriarcato ecumenico e Mosca, così sfumata attraverso la cultura del sobornost.

D’altra parte, l’ortodossia, a seguito dell’enorme ondata di emigrazione verso l’Occidente europeo o verso gli Stati Uniti, si è fatta notare in modo discreto ma crescente dal XX secolo, presentandosi come una sfida mistica esotica per alcuni occidentali in cerca di residenza spirituale.

Pertanto, la fede ortodossa ha un forte primo contatto con l’Occidente, stabilendo diverse minoranze nazionali dell’Europa orientale come ad esempio i russi in paesi come Germania, Francia, Inghilterra, Belgio o Stati Uniti, contribuendo pienamente alla rinascita della giusta fede nell’Occidente stabile ma desolato. Ciò è dimostrato dall’istituzione dell’Istituto di teologia ortodossa “Saint Serge” a Parigi, conosciuta come la più grande scuola ortodossa in Occidente, anche oggi.

Tuttavia, un tale istituto è la conseguenza missionaria della prodigiosa attività svolta da rinomati teologi russi, tra i quali possiamo citare Pavel Evdokimov, Vladimir Lossky o Sergei Bulgakov.

La tentazione dell’Ortodossia sembrava manifestarsi sempre più in Occidente, tanto che fino ai primi abbandoni nella profondità della fede diffusa da sant’Andrea era solo un passo. In altre parole, stiamo parlando delle prime conversioni degli occidentali all’Ortodossia, la maggior parte delle quali si manifestano in Francia e negli Stati Uniti.

Pertanto, una prima dimensione occidentale dell’Ortodossia è rappresentata da queli occidentali convertiti, che in seguito contribuiscono a una sorta di adattamento della giusta fede alle culture occidentali locali. Ci sono innumerevoli esempi, ma potremmo fare riferimento a nomi come Olivier Clément, la cui entrata nel regno ortodosso ha coinciso con l’incontro con padre Dumitru Staniloaie. Inoltre, Olivier Clément aveva una stretta relazione con la spiritualità rumena, essendo particolarmente colpito dal movimento del tappeto ardente allestito nel monastero di Antim a Bucarest.

Un’altra personalità eccezionale dell’Ortodossia in Occidente che attira l’attenzione attraverso la sua impressionante carriera è Padre Placide Deseille, l’unico monaco atonita in Francia. Stiamo parlando di un ex monaco cattolico, che ha vissuto nella famosa abbazia di Bellefontaine e poi ad Aubazinne, con contributi reali e solidi attraverso i suoi studi di spiritualità orientale nella collezione “Sources chrétiennes”, che all’età di 51 anni sceglie di vestire la sua anima con il cappotto ortodosso. Certo, ci sarebbero molte questioni importanti che dovremmo discutere su questa personalità eccezionale, ma per capire perché padre Placide Deseille è una parte rappresentativa dell’ortodossia in Occidente, si può leggere il suo libro di colloqui con il giornalista Jean-Claude Noyé, “La vita di un monaco ortodosso”.

Quanto scritto sopra ci mostra che una prima dimensione occidentale dell’Ortodossia è costituita da queli occidentali convertiti, come quelli appena citati, ma ce ne sono molti altri, prendendo in considerazione, ad esempio, Andrew Louth da Inghilterra o John Breck dagli Stati Uniti, senza dimenticare padre Serafim Rose, colui che ha parlato della religione del futuro.

Ultimo ma non meno importante, il tempo ha anche permesso la pubblicazione di alcuni libri intesi a illustrare le relazioni tra ortodossia e coscienza occidentale, di cui citiamo i seguenti titoli di riferimento: “Monachesimo ortodosso”, volume coordinato da p. Placide Deseille, “L’eredità ortodossa dell’Ungheria” sotto il coordinamento di padre Tibor Imrenyi o “Il ritorno all’Oriente”, che sono le storie della conversione all’ortodossia di numerosi filosofi americani contemporanei, il cui principale responsabile è Rico Vitz.

“Dall’Occidente all’Ortodossia o riguardo alla nobilitazione spirituale dell’Occidente”, come disse una volta il filosofo francese Gabriel Marcel. In altre parole, un’anima sconosciuta dell’Ortodossia, dipendente dalle grandi giurisdizioni orientali, ma radicata nella propria cultura in modo che possa diffondere il messaggio salvifico.

D’altra parte, al fine di catturare un’altra dimensione dell’Ortodossia, le realtà storiche e contemporanee ci obbligano a fare riferimento anche al rito occidentale, in particolare all’ortodossia francese, che è completamente indipendente da quella orientale o tradizionale. Siamo di fronte a un fenomeno ortodosso piuttosto interessante e stimolante, allo stesso tempo che provoca, ma del quale non si può ignorare la ricerca autentica.

Particolare attenzione è rivolta all’Ortodossia francese, rinata all’inizio del ventesimo secolo a seguito degli sforzi di Eugraph Kovalevsky la cui intenzione era di introdurre in Occidente un’Ortodossia propria senza che fosse in alcun modo coordinata dall’Oriente. Inoltre, il suo principio guida fu l’esortazione di San Giovanni di San Francisco e Shanghai, che considerava una vera eresia considerare che per essere ortodossi bisogna essere orientali.

Ci riferiamo a un’Ortodossia che non deve essere confusa con i gruppi di occidentali convertiti in Ortodossia, ma legati ai propri e antichi valori e tradizioni occidentali, che si identificano con i galiziani e i cristiani celtici. Non a caso, sul territorio della Francia riapparvero la Chiesa celtica ortodossa e la Chiesa ortodossa dei galiziani, realtà ecclesiastiche un po’ parallele alla chiesa ortodossa di Francia, considerata la vera riserva dell’eredità ortodossa dell’Occidente.

Per una migliore documentazione sul significato degli ortodossi occidentali, consultare il sito web dell’Istituto Saint Denys di Parigi, nonché il volume di Maxime Kovalevsky, “L’ortodossia e l’Occidente: il Rinascimento di una chiesa locale”.

Inoltre, possiamo parlare di un’Ortodossia tedesca con i suoi valori e soprattutto dell’Ortodossia italiana radicata nel patrimonio e nelle tradizioni specifiche dell’umanesimo rinascimentale. Quest’ultima ortodossia riacquistò la sua esistenza grazie ad Antonio de Rosso, che in seguito divenne metropolita della Chiesa ortodossa italiana, la cui veridicità canonica e dogmatica non fu mai riconosciuta dalle chiese ortodosse tradizionali. Ma possiamo almeno considerare l’idea dell’ortodossia italiana, identificata principalmente con i vecchi ordini cavallereschi in Italia, in particolare con una certa parte dei templari italiani.

Notiamo che parlare della dimensione occidentale dell’ortodossia è un argomento affascinante o almeno interessante per noi ortodossi che stiamo vivendo nell’Europa orientale, un argomento che ci determina per ripensare la specificità di questa credenza religiosa alla luce della verità che serve, ma anche la sua universalità, senza per modificare una virgola della dottrina salvifica che assume.

Tudor Petcu

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