
Proponiamo in più puntate i testi e i materiali della mostra su don Giovanni Gatti realizzata dall’Archivio Comunale Memoria Locale di Mandello del Lario in collaborazione con la parrocchia San Rocco di Caspoggio e la parrocchia Sacro Cuore di Mandello.
50 anni dopo la morte un Convegno in sua memoria
Domenica 1 novembre 1998 a Caspoggio si tiene in chiesa una giornata di memoria e di studio, organizzata dalla Parrocchia e dal Comune di Caspoggio, dal Centro culturale Don Minzoni, dall’Associazione per la Storia del movimento cattolico nel Ticino e dalla Comunità montana di Sondrio. Il Convegno ha per titolo: “DON GIOVANNI GATTI Testimone di fede e di impegno civile”.
Dopo la messa, presieduta da S.E. Mons. Alessandro Maggiolini Vescovo di Como, e la commemorazione di Don Gatti nel cimitero di Caspoggio, nel pomeriggio si apre il Convegno storico “Don Giovanni Gatti animatore della comunità di Caspoggio e dell’impegno civile dei cattolici valtellinesi e del Ticino” I relatori svolgono i seguenti temi:
- Don Giovanni Gatti: il Parroco (Don Ugo Pedrini)
- Il popolarismo in esilo (Don Alfredo Canavero)
- I Cattolici ticinesi tra fascismo e antifascismo (Avv. Alfredo Lepori)
- Don Giovanni Gatti esule a Bellinzona (Dott. Fabrizio Panzera)
Ne esce il ritratto di “un parroco dalle idee chiare, determinato, impegnato al massimo delle sue energie nel fare della parrocchia di Caspoggio una comunità esemplare”, ma anche di un antifascista convinto, di un uomo impegnato per i diritti, per la libertà e per la crescita culturale e sociale degli umili, come dimostrano le molte opere da lui promosse.
Una mostra, molto documentata, di 21 pannelli (ora conservati nell’Archivio parrocchiale di Caspoggio) illustra la vita e l’operato del sacerdote.
La stampa locale e quella ticinese danno molto risalto all’iniziativa, richiamando le vicissitudini di Don Gatti e illustrandone la figura esemplare.
Articoli di giornale del 1998, che ricordano il convegno e la figura di don Gatti
Sulla casa natale a Mandello una targa ricorda Don Gatti
Nel 2014 l’Archivio Comunale Memoria Locale di Mandello posiziona una targa all’ingresso della sua casa, in località Palanzo, dove Don Gatti si è rifugiato quando ha dovuto abbandonare la parrocchia prima dell’esilio e dove ha trascorso anche gli ultimi giorni della sua vita. In quell’occasione i mandellesi più anziani si avvicinavano, ricordandolo con affetto.
La testimonianza di una nipote
Da uno scritto di Alessandra Lafranconi, figlia di una sorella di Don Gatti, mandata a Caspoggio presso lo zio per frequentare la terza elementare, si ricavano alcuni elementi interessanti sulla figura del parroco e sulla vita in Valmalenco.
Iniziai la mia avventura di Caspoggio per merito di mia mamma Camilla, sorella di Don Giovanni Gatti. La famiglia Gatti abitava nella frazione di Palanzo, vicino a Molina, ai piedi delle montagne che sovrastano Mandello ed era composta, oltre che dai genitori, da un maschio, Giovanni, e da sei femmine.
A Caspoggio fui subito accolta molto bene da tutti, maestre, bidelli e compagni, che mi facevano sentire una privilegiata. Ricordo il primo giorno di scuola … arrivai, come mi era stato detto dallo zio Don Giovanni, con un pezzo di legno che sarebbe servito per il riscaldamento; il bidello mi disse che ero esentata da questo impegno, essendo la nipote del parroco. Il giorno successivo mio zio me ne fece portare non uno ma due, cioè la razione del giorno prima e quella di quel giorno. I banchi della scuola erano grezzi e brutti e penso fossero stati fatti dai genitori; io, che ero la più alta di statura, avevo i piedi che andavano oltre la fine del banco e, per questo, ricevevo sempre appunti dalla maestra.
Lo zio un giorno andò a Sondrio e tornò con otto galline; io ebbi l’incarico di andare quotidianamente nel pollaio con il pastone per dare loro da mangiare. Avevo sempre fame, così sceglievo dal pastone i pezzi più grossi di patate e facevo la gallina ingoiandoli; poi, per scusarmi delle ruberie, prendevo ad uno ad uno i polli e li baciavo sul becco, anche perché, pur togliendo loro un poco di cibo, avevo notato che le uova le facevano comunque quotidianamente.
Don Giovanni, nel frattempo, fece costruire la casa parrocchiale e, per una decina di mesi, abitammo in affitto presso la casa dei signori Rocco e Melania che erano molto gentili ed affabili. Inoltre mi piaceva moltissimo la minestra di orzo che facevano spesso alla sera.
Normalmente un sacerdote ha come aiuto casalingo la “Perpetua”, invece mio zio ne aveva quattro, le zie Mercede, Oliva, Maria ed Eufemia. un giorno zia maria espresse al fratello il desiderio di andare a Mandello per trovare la mamma e le altre due sorelle. Avendo avuto il consenso, partirono tutte e quattro e diedero a me il compito di fare la donna di casa, anche se ero solo una bambina. non potete immaginare le mille raccomandazioni che mi fecero … Mi dissero le dosi dell’acqua, del sale, dello zafferano e del riso, per il pranzo, raccomandandomi di rimescolare bene durante la cottura. Arrivato il momento di cucinare, accesi il fuoco e, al bollore dell’acqua, gettai il riso; rimescolai continuamente per un’ora con il braccio tutto indolenzito. Quando arrivò finalmente zio Don Giovanni, mi disse che il risotto gli sembrava polenta ed io rimasi molto male; siccome il braccio mi faceva parecchio male, mi portò dal farmacista, che mi diede una pomata. Lo zio era molto gentile con tutti, anche con me scherzava spesso; tutte le volte che gli passavo vicino dava una tiratina alle mie trecce che a me faceva piacere.
La sua attività in parrocchia era frenetica: fu il primo a costruire l’oratorio, a realizzare la biblioteca, la cooperativa di generi alimentari per aiutare i poveri e a costituire varie associazioni.
All’inizio del fascismo, con coraggio, anche nelle omelie, manifestava la sua contrarietà. E’ stato per questo aggredito e costretto ad ingoiare olio di ricino. accusato di tentato omicidio … ritornò a Mandello e, dopo lunga meditazione, decise di scappare in Svizzera, a Bellinzona nel collegio Soave, dove insegnava latino e italiano.
Aveva anche creato in Bellinzona una comunità di caspoggini, trovando lavoro a parecchi di loro … ha sempre avuto contatti con i suoi ex parrocchiani e si è sempre interessato di politica, avendo rapporti con diversi esuli, tra cui Don Luigi Sturzo che era a Londra.
A settembre del 1945 Don Giovanni Gatti, con le sue sorelle, ritornò a Caspoggio e fu accolto come un trionfatore.
Nel 1947 si ammalò gravemente e fu ricoverato all’Ospedale di Varese per qualche mese, ritornò nella sua casa di Palanzo per morire dopo pochi giorni. Al suo funerale vi erano un’infinità di bandiere svizzere delle varie associazioni cattoliche e politiche. Ricordo anche le varie delegazioni caspoggine che venivano a implorare le sorelle di Don Giovanni per lasciare portare il feretro a Caspoggio. Avuta la concessione, il giorno del funerale erano presenti non solo tutti i suoi fedeli ma tutta la Valmalenco e numerosi sondriesi. A parte i vari interventi in chiesa con diverse testimonianze, all’esterno prese la parola anche il ministro Giuseppe Pella.
Caro Zio buono le cose non sono andate come tu desideravi, ora in cielo avrai da Dio il premio e la felicità che ti è stata negata sulla terra.
da appunti manoscritti di Alessandra Lafranconi, detta “Lisàndra”, rielaborati a cura del figlio Francesco Gala e dell’ACML