Dal 18 al 24 luglio 1943 un gruppo di intellettuali cattolici – laici e religiosi – si riunì, presso il monastero benedettino di Camaldoli, con l’intento di confrontarsi sul magistero sociale della Chiesa sui problemi della società, sui rapporti tra individuo e stato, tra bene comune e libertà individuale.
Il 25 luglio e i successivi avvenimenti modificarono il piano di lavoro impedendo altre sessioni di incontro e una più ampia partecipazione; la stesura definitiva fu pertanto affidata a Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno, Ezio Vanoni, Giuseppe Capograssi che la completarono nel 1944; l’opera fu pubblicata nel 1945 con il titolo: “Per la comunità cristiana”, ma è conosciuta come: “Codice di Camaldoli”.
Una delle caratteristiche essenziali del “Codice” consiste nel porre la giustizia sociale tra i fini primari dello Stato, così come la salvaguardia della libertà. Evidente l’influenza che questa elaborazione ha avuto tra gli intellettuali cattolici dell’ala “sociale” della Democrazia Cristiana e nella stessa stesura della Carta Costituzionale.
Ne proponiamo per lo studio e la ricerca suddiviso nelle sue parti il testo.
Per una presentazione equilibrata del documento è utile il contributo di p. Francesco Occhetta «Puntualizzazioni critiche sul Codice di Camaldoli».





Alle origini delle Acli c’è, dunque, il Patto di Roma del 12 giugno 1944, che da vita alla Cgil unitaria. Achille Grandi, firmando il patto di unità sindacale, allega contestualmente una dichiarazione della corrente democratico-cristiana in cui tra l’altro è scritto che l’esistenza del sindacato unitario non esclude che i lavoratori si organizzino in associazioni libere e private per scopi educativi, politici, assistenziali, ricreativi ed in altre opere di carattere cooperativo e professionale. Sono prefigurati in questa frase ruolo e compiti delle future Acli.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.