
Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa: è il titolo di un documento di rilevante importanza. È il primo e organico approccio a quella che i cattolici chiamano «dottrina sociale». Il suo peso è indicato dalla sua origine (una richiesta del concilio di Creta del 2016), dal livello della commissione che l’ha preparato (13 teologi), dal materiale e riletture forniti (25 eparchie del Trono ecumenico distribuite nel mondo), dalle 12 lingue in cui è stato tradotto, dall’approvazione, nel gennaio 2020 del santo e sacro sinodo di Costantinopoli.
La pubblicazione è avvenuta negli USA il 27 marzo 2020. I curatori sono David Bentley Hart (del Notre Dame Institute for advanced study) e John Chryssavgis (del patriarcato ecumenico, presidente della commissione). Disteso in 82 numeri e diviso in otto parti, occupa una settantina di pagine.
I titoli delle parti sono orientativi: oltre la prefazione, l’introduzione (è tempo di servire il Signore); la Chiesa nella sfera pubblica (affidiamo tutta la nostra vita a Cristo Dio); il corso della vita umana (santifica le anime e i corpi nostri, e concedici di servirti in santità tutti i giorni della nostra vita); povertà, ricchezza e giustizia civile (ricordati Signore, di coloro che si ricordano dei poveri); guerra, pace e violenza (per la pace del mondo intero…); relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi (preghiamo per l’unità di tutti); ortodossia e diritti umani (ci hai creati a tua immagine e somiglianza); scienza, tecnologia, mondo naturale (il tuo dal tuo a te offriamo); conclusione (esultiamo, possedendo quest’àncora di speranza).
Su Settimananews.it il commento di Lorenzo Prezzi.
PER LA VITA DEL MONDO
Verso un ethos sociale della Chiesa Ortodossa
VI. Relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi
Preghiamo per l’unione di tutti
§50. La Chiesa Ortodossa riconosce sé stessa come la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, di cui parla il simbolo Niceno-Costantinopolitano. È la Chiesa dei Concili, ininterrotta nel carisma e nella missione dai tempi del Concilio Apostolico a Gerusalemme (Atti 15,5–29) fino ai giorni nostri. Non manca nulla di essenziale alla piena cattolicità e alla piena unità del corpo di Cristo, e possiede la pienezza di tutta la grazia sacramentale, magistrale e pastorale. [47] Come ha scritto P. Georges Florovsky: “Gli Ortodossi sono tenuti a sostenere che l’unica caratteristica “specifica” o “distintiva” della propria posizione nella “Cristianità divisa”, è il fatto che la Chiesa Ortodossa è essenzialmente identica alla Chiesa di tutte le epoche e quindi alla ‘Chiesa Nascente’. In altre parole, non è una Chiesa, ma la Chiesa. Si tratta di una pretesa formidabile, ma legittima e giusta. Non c’è solo una continuità storica ininterrotta, cosa del tutto evidente. C’è soprattutto una assoluta identità spirituale e ontologica, la stessa fede, lo stesso spirito, lo stesso ethos. E questo costituisce il segno distintivo dell’Ortodossia. ‘Questa è la fede apostolica, questa è la fede dei Padri, questa è la fede Ortodossa, questa fede ha stabilito l’universo'”.[48]
§51. Detto questo, la Chiesa Ortodossa cerca ardentemente l’unità con tutti i Cristiani per amore e desiderio di condividere le ricchezze spirituali della propria tradizione con tutti coloro che cercano il volto di Cristo. Inoltre, comprende che le particolari forme culturali della tradizione, non devono essere confuse né con la vera autorità apostolica, né con la grazia sacramentale, a cui è stata affidata. La Chiesa cerca un dialogo continuo con i Cristiani delle altre confessioni per offrire loro una piena comprensione della bellezza dell’Ortodossia, non per convertirli ad un qualche “Bizantinismo” culturale. Lo fa anche per imparare dalle esperienze dei Cristiani in tutto il mondo, per comprendere le molte espressioni culturali del Cristianesimo e per cercare l’unità tra tutti coloro che invocano il nome di Gesù. L’Ortodossia non può tacere e deve tendere la mano e chiamare tutti i Cristiani alla pienezza della fede: “La Chiesa Ortodossa ha la missione e il dovere di trasmettere e proclamare tutta la verità, contenuta nella Sacra Scrittura e nella Santa Tradizione, la quale dona alla Chiesa anche il suo carattere universale. La responsabilità della Chiesa Ortodossa per quanto riguarda l’unità, come anche la sua missione ecumenica, sono state espresse dai Concili Ecumenici. Questi, in particolare, hanno sottolineato il legame indissolubile esistente tra la vera fede e la comunione sacramentale. “[49]
§52. Sebbene l’unità sacramentale visibile tra tutti i Cristiani sia attualmente solo una speranza remota, nulla va al di là del potere dello Spirito di Dio e la Chiesa non può abbandonare i propri sforzi, per raggiungere una unione finale con tutti coloro che si radunano nel nome di Cristo. Fino a quel giorno, finché i loro cuori e le loro menti sono aperti ai suggerimenti della Parola e dello Spirito di Dio, i Cristiani di tutte le confessioni possono incontrarsi nell’amore e lavorare insieme per la trasfigurazione del mondo. In particolare, essi possono cooperare l’uno con l’altro nelle opere di carità, facendo così manifestare l’amore di Dio al mondo e nell’impegno per promuovere la giustizia sociale e civile, proclamando così la rettitudine e la pace di Dio a tutti i popoli. Inoltre, anche se non possono ancora godere di una perfetta comunione nella piena vita sacramentale della Chiesa, tutti i Cristiani sono chiamati, grazie al loro Battesimo nella Santissima Trinità, a riunirsi in preghiera, a pentirsi delle incomprensioni e delle offese del passato contro i propri fratelli e sorelle e ad amarsi l’un l’altro, come uguali servitori ed eredi del Regno di Dio. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri ” (Giovanni 13,35).
§53. La Chiesa Ortodossa intrattiene relazioni particolarmente strette con quelle Confessioni, che discendono direttamente dall’antica Chiesa Apostolica e che condividono una analoga comprensione del carisma apostolico della successione episcopale e una analoga teologia sacramentale: le antiche chiese di Egitto ed Etiopia, di Armenia, della tradizione Assira, di Canterbury e di Roma. Così la Chiesa intrattiene importanti dialoghi bilaterali con la Chiesa Cattolica Romana e con la Comunione Anglicana, e prega che questi dialoghi possano portare frutto, per una piena unità ecclesiastica. Ma tutte le Confessioni Cristiane sono i parenti prossimi della Chiesa Ortodossa e il suo amore per tutti è ugualmente incondizionato. Per più di un secolo, quindi, la Chiesa Ortodossa ha svolto un ruolo di primo piano nel movimento per l’unità dei Cristiani, in obbedienza alla preghiera e alla esortazione di nostro Signore, che “tutti siano una sola cosa” (Giovanni 17,21). Il Patriarcato Ecumenico, in particolare, è stato in prima linea nell’impegno Ortodosso con i Cristiani di altre comunità, e rimane parte attiva in numerosi dialoghi bilaterali e multilaterali con le altre grandi Chiese Cristiane. Il Patriarcato Ecumenico è stato, infatti, uno dei membri fondatori del Consiglio Mondiale delle Chiese e ha mantenuto continuamente una presenza rappresentativa ufficiale negli uffici centrali di quel Consiglio.
§54. In breve, la Chiesa deve dedicarsi a sostenere un dialogo con gli altri Cristiani. Il dialogo, nella comprensione Ortodossa, è essenzialmente e prima di tutto un riflesso del dialogo tra Dio e l’umanità: è stato avviato da Dio e condotto attraverso il Logos divino (dia-logos), il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Permeando tutta la vita umana, il dialogo si svolge in tutti i nostri incontri, personali, sociali o politici, e deve sempre essere esteso a coloro che aderiscono a religioni diverse dalle nostre. E in tutti i nostri legami e relazioni, la Parola di Dio è misticamente presente, guidando sempre il nostro scambio di parole e idee, attraverso una unione spirituale di cuori in Lui. Naturalmente, la Chiesa Ortodossa considera sua responsabilità, l’interpretare sempre altre tradizioni e prospettive, alla luce di ciò che le è stato rivelato da Dio. In tal modo, è aperta a “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode ” (Filippesi 4,8), ed è pronta a gioire ogni volta che scopre queste virtù, in coloro con cui è in dialogo. Il nostro impegno, nei rapporti ecumenici con le altre confessioni cristiane, riflette questa apertura verso tutti coloro che cercano sinceramente la verità, come il Logos incarnato, Gesù Cristo, e che rimangono fedeli alla loro coscienza, anche se continuiamo a testimoniare la pienezza della fede cristiana nella Chiesa Ortodossa. Inoltre, la Chiesa può stare con gli altri Cristiani in questo modo, non solo per solidarietà alla luce di una storia condivisa e di una comune visione etica, ma anche perché questi gruppi Cristiani, attraverso il loro Battesimo Trinitario e la confessione della fede dei Concili, professano e condividono molti aspetti dell’insegnamento e della tradizione Ortodossa.
§55. Dio è il Padre di tutti coloro che sono nei cieli e sulla terra. Il Logos di Dio pervade tutto, e tutto è stato creato attraverso il suo Logos. Lo Spirito di Dio è ovunque, illumina e ravviva tutta la realtà. Così la creazione dichiara universalmente la forza, la saggezza e la grazia del suo creatore, mentre in ogni momento e in tutti i luoghi, Dio è presente in coloro che cercano la verità. La Chiesa Ortodossa esiste come concreta realtà del corpo mistico di Cristo nel tempo, testimoniando sempre “la luce che fa risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.” (2 Corinzi 4,6). È per questo motivo, che la Chiesa non solo si rivolge e testimonia l’Ortodossia alle varie Confessioni Cristiane, con le quali la Chiesa Ortodossa intrattiene un dialogo storico, ma raggiunge anche il mondo, per incontrare le religioni non cristiane e le comunità di fede, che sono aperte alla verità e alla chiamata di Dio. A questo proposito, afferma anche, e lo ha fatto fin dai primi secoli della fede, che il Logos di Dio risplende in tutta la cornice del mondo creato e parla a tutti i cuori con la quieta e sottile voce della coscienza, e che ovunque la verità è onorata, lo Spirito di Dio è al lavoro. San Giustino Martire, per esempio, ha dichiarato, che la conoscenza del Logos di Dio era stata impartita da Dio non solo ai figli di Israele, ma anche ai filosofi greci, che non avevano mai conosciuto Cristo e a tutti i popoli, in quanto i semi del Logos eterno, sono stati piantati in tutti gli esseri umani; quindi, dice, tutti coloro che hanno vissuto in armonia con questo Logos, sono, in un certo senso, già Cristiani, mentre i Cristiani possono rivendicare come propria, qualsiasi verità fatta conoscere alle nazioni della terra dalla ispirazione divina.[50] Secondo San Massimo il Confessore, i logoi primordiali che stanno all’origine e sono insiti in tutte le cose, risiedono nell’unico Logos di Dio e trovano il loro centro storico in Cristo.[51] La Chiesa sa inoltre, che l’intero mistero del Logos di Dio trascende la comprensione umana e si comunica in innumerevoli e meravigliosi modi, impossibili da calcolare o concepire. La Chiesa cerca quindi il dialogo con altre tradizioni religiose, non per qualche desiderio di alterare il deposito della propria fede, tanto meno per una qualche ansietà riguardo alla sufficienza di quel deposito, ma per un amore riverente verso tutti coloro che cercano Dio e la sua bontà e con una salda certezza, che Dio non ha lasciato alcun popolo senza una partecipazione alla conoscenza della sua gloria e della sua grazia. Questo non significa negare, naturalmente, che ci sono molte differenze inconciliabili, tra la comprensione della verità della Chiesa e quella di altre tradizioni religiose, e certamente non ha alcun desiderio di nascondere questa realtà. Non cerca di scendere a compromessi, riguardo alle convinzioni fondamentali del proprio credo o di trattare in modo condiscendente quelle convinzioni delle altre fedi, come irrilevanti. Allo stesso tempo, sapendo che Dio si rivela in innumerevoli modi e con sconfinata inventiva, la Chiesa entra in dialogo con altre fedi, pronte ad essere stupite e deliziate dalla varietà e bellezza delle manifestazioni della grazia di Dio, ossia della bontà divina, grazia e saggezza tra tutti i popoli.
§56. Sebbene la Chiesa Ortodossa cerchi legami più profondi di amore con tutte le fedi, riconosce la sua responsabilità unica nei confronti delle altre due “Genti del Libro”, le tradizioni abramitiche dell’Islam e dell’Ebraismo, con cui ha dialoghi di lunga data e al cui fianco ha vissuto per millenni. Pertanto, la Chiesa può e deve comprendere la bellezza e le verità spirituali dell’Islam, in tutte le sue molteplici tradizioni, riconoscendo i punti di contatto con esso, soprattutto nella sua affermazione riguardo alla Nascita della Vergine (Corano 3,47, 19,16-21, 21.91) e al suo riconoscimento di Gesù come Messia, Messaggero, Parola e Spirito di Dio (4,171). Anche se l’Ortodossia non può essere d’accordo con l’Islam, nel suo rifiuto dell’Incarnazione e di Dio come Trinità, è tuttavia in grado di perseguire un dialogo significativo con tutte le parti dell’Umma Islamica, per quanto riguarda la corretta comprensione di questi insegnamenti centrali per il Cristianesimo. Essa ritiene che le radici comuni del Cristianesimo e dell’Islam in Medio Oriente, l’affermazione comune del messaggio dell’unità di Dio, così come il riconoscimento comune della santità e della verità della Parola di Dio e dei Profeti, l’importanza della preghiera e dell’ascesi, così come la lotta per discernere la volontà di Dio in tutte le cose, invitino l’Islam e l’Ortodossia a entrare in una conversazione stretta, per il progresso della pace e della comprensione tra tutti i popoli.
§57. Per quanto riguarda l’Ebraismo, quando l’eterno Figlio di Dio divenne uomo, si è incarnato come Ebreo, nato all’interno del corpo d’Israele, erede delle alleanze di Dio con il suo popolo eletto. Egli, come il Messia d’Israele, è venuto a compiere le promesse salvifiche di Dio al suo popolo. Il primo sangue che egli ha versato per la redenzione del mondo, lo ha dato il giorno della sua circoncisione; la sua prima confessione davanti al mondo, riguardo alla giustizia di Dio è stato nella sinagoga, come pure la prima dichiarazione della sua missione nel mondo (Luca 4,18–21). Il suo ministero ha ripreso la lingua dei grandi Profeti d’Israele; è stato giustiziato da un’autorità pagana con il titolo di “Re dei Giudei”. A Israele Dio si è dichiarato come Colui che è, a Israele Dio ha dato la Legge come codice d’amore e di comunione, con Israele Dio ha stabilito un’alleanza eterna, e a Israele ha proclamato: “Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Genesi 12,3). Come ha sottolineato l’apostolo Paolo, i Cristiani vengono salvati in Cristo, solo per essere stati innestati come rami di ulivo selvatico nell’ulivo coltivato di Israele, e i rami non sostengono, ma piuttosto sono sostenuti dalla radice (Romani 11,16–24). I Cristiani Ortodossi guardano alle Comunità Ebraiche in tutto il mondo, non solamente come a seguaci di un altro credo, ma in un certo senso, come ai propri padri spirituali nella storia delle rivelazioni salvifiche di Dio, e ai custodi di quella preziosa eredità, che è la prima manifestazione piena della presenza salvifica di Dio nella storia. Purtroppo, in questo momento – è necessario affermarlo, con un’enfasi particolare. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una ripresa, in molti ambienti del mondo occidentale, delle ideologie più insidiose sulla identità nazionale, religiosa e persino razziale in generale, e dei movimenti antisemiti in particolare. Il fanatismo e la violenza contro gli Ebrei sono stati a lungo un male manifesto delle culture cristiane; la più grande campagna sistematica di omicidi di massa e tentato genocidio nella storia europea, è stata intrapresa contro gli Ebrei d’Europa; e, mentre alcuni chierici e laici ortodossi dimostravano una generosità eccezionale e persino una compassione sacrificale per i propri fratelli e sorelle ebrei, guadagnando l’onorificenza di “Giusti tra le Nazioni”, altre nazioni storicamente ortodosse, hanno storie oscure di violenza e oppressione antisemite. Per tutti questi mali, i Cristiani devono chiedere perdono a Dio. Nell’espiazione per quei crimini contro il popolo Ebraico, specificamente commessi in terre ortodosse, la Chiesa cerca il perdono di Dio e una relazione più profonda di amore e di rispetto con le Comunità Ebraiche e la Fede Ebraica.
§58. La storia di altre tradizioni religiose non Cristiano-ortodosse non è ancora compiuta, e l’Ortodossia afferma che, come altre comunità non Cristiano-ortodosse, possono trovare la loro coesione e comprensibilità solamente all’interno della Chiesa Ortodossa. Per quanto riguarda le altre religioni, la Chiesa Ortodossa prende incoraggiamento dalle parole dell’apostolo Paolo agli Ateniesi, all’Areopago: “Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio” (Atti 17,23). Per questo, la Chiesa è autorizzata a proclamare, che il vero Dio in cui tutta l’umanità vive e si muove ed esiste, è adorato dai popoli di tutto il mondo, Cristiani e non Cristiani allo stesso modo. E questo la rende sempre più desiderosa di sensibilizzare tutte le persone e i popoli, che il volto di questo vero Dio risplende chiaro nel volto di Gesù Cristo. Inoltre, la Chiesa, illuminata da questo splendore, entra in dialogo con le altre fedi, pienamente preparata per essere istruita da molte delle loro conquiste speculative, culturali e spirituali. Può darsi che, proprio come la Chiesa dei primi secoli trasse profitto e col tempo battezzò molte delle ricchezze filosofiche, religiose e culturali dell’Europa pre-cristiana, dell’Asia Minore e del Vicino Oriente, così possa ora scoprire nuovi modi di articolare il deposito della fede o nuovi modi di pensare alle sue espressioni culturali e forme concettuali, in relazione, ad esempio, alle grandi filosofie e fedi dell’India, o alle tradizioni della Cina e dell’Estremo Oriente o alle esperienze spirituali dei popoli tribali in tutto il mondo, e così via. Ancora una volta, come ha insistito Giustino Martire, tutto ciò che è vero e divino, è per noi il benvenuto, perché il Logos è ovunque e risplende in tutti i luoghi.
§59. La Chiesa Ortodossa cerca, inoltre, di fare fronte comune con tutte le persone e i popoli, che coltivano e custodiscono le cose dello spirito contro i materialismi corrosivi dell’epoca moderna, e con tutti coloro che condividono il suo orrore per quelle forme di estremismo religioso e di fondamentalismo, che associano in modo blasfemo i loro odi, fanatismi e violenze, al nome di Dio. L’Enciclica del Santo e Grande Concilio afferma che “Il dialogo interreligioso serio contribuisce allo sviluppo della fiducia reciproca, alla promozione della pace e della riconciliazione. La Chiesa si sforza di rendere più tangibilmente «la pace che viene dall’alto” sulla terra. La vera pace non si ottiene con la forza delle armi, ma solo attraverso l’amore che “non cerca il proprio interesse” (1 Corinti 13,5). L’olio della fede deve essere utilizzato per lenire e guarire le antiche ferite degli altri e non per riaccendere nuovi focolai di odio.”[52] Per questo motivo, la Chiesa Ortodossa si avvicina al dialogo interreligioso nel pieno riconoscimento delle reali differenze tra le tradizioni, ma insiste fermamente sulla reale possibilità di una coesistenza pacifica e di una cooperazione tra le diverse fedi. Soprattutto, cerca di superare l’ignoranza, l’ostilità e la paura con uno spirito di reciproca comprensione, pace e vera amicizia.
§60. Per i Cristiani ortodossi che vivono in paesi non ortodossi, gli incontri interreligiosi e il dialogo sono e continueranno ad essere mezzi importanti, attraverso i quali si realizza il rispetto delle differenze religiose e la proclamazione della verità. Il dialogo interreligioso non riguarda solo la ricerca di un terreno comune o l’identificazione di aree di comunanza; è essenzialmente un incontro con gli altri a livello personale e umano. Richiede rispetto per la persona umana, creata a immagine di Dio, e per l’amore di Dio per tutta l’umanità e tutta la creazione. L’incontro e il dialogo richiedono rischi, sia a livello di persona che di comunità. Ogni dialogo è personale, poiché comporta l’interazione di persone uniche, insostituibili, cristiane o meno, la cui personalità è intricatamente legata alle proprie storie individuali, sociali, culturali e religiose. Ogni dialogo è una iniziativa comune, tuttavia, un principio fondamentale per l’ecclesiologia Ortodossa è costituito dal fatto che ogni singolo membro della Chiesa esiste solo in comunione o relazione con l’intero corpo della Chiesa e, infine, con Cristo, che è il capo della Chiesa.
[47] Santo e Grande Concilio, Enciclica, n. 2.
[48] Georges Florovskij, “L’ethos della Chiesa Ortodossa,” La recensione ecumenica 12.2 (1960), 183–198 [al 186].
[49] Santo e Grande Concilio, Relazioni della Chiesa Ortodossa con il resto del mondo Cristiano, 2-3 (da 2 a 3).
[50] Giustino, Prima Apologia 46. PG 6.397B, e Seconda Apologia 8,10 e13. PG 6.457A,460B,456B.
[51] Massimo, Ambiguum 7. PG 91.1081C. Cfr. Sulle difficoltà dei Padri della Chiesa. Vol, 1, pag. 75-141
[52] Paragrafo 17.
Il testo completo di Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa è disponibile su Goarch.org, Greek Orthodox Archdiocese of America.