Charles de Foucauld e il mistero della vita nascosta in Cristo

da Iltuttonelframmento.blogspot.com, il blog di Fabio Cittadini.

Charles de Foucauld nasce a Strasburgo nel 1858. Famiglia borghese, educazione religiosa, ma a 16 anni si allontana dalla fede.

A fargli scegliere la carriera militare, nella celebre scuola di Saint-Cyr, non ci sono grandi ideali: semplicemente, non sa cosa fare. Infatti, diventa un pessimo soldato: insofferente alla disciplina. Charles è più sensibile alle “strategie della dolce vita” che a quelle militari. Quando ne ha voglia, lascia la caserma per andare a gozzovigliare con amici e amiche (ha un’amante, Mimi) in un appartamento lussuosamente arredato con i soldi ricevuti da una cospicua eredità.

Poiché i forti rimproveri e i severi rapporti dei superiori non lo fanno cambiare, l’esercito decide di liquidarlo e, quindi, abbandona il suo reggimento “i cacciatori d’Africa”.

Lo scavezzacollo, la ‘pecora nera’ della famiglia de Foucauld, decide di ritornare sui suoi passi quando apprende che i suoi amici sono in Algeria a sedare un’insurrezione. Ottenuto il reintegro, raggiunge i suoi commilitoni. Questa volta, sorprende tutti, comportandosi da soldato coraggioso e disciplinato.

Ma, quando tutti lo lodano per il cambiamento manifestato, si congeda dall’esercito e si stabilisce a Parigi. L’esperienza algerina lo ha cambiato profondamente: gli ha fatto conoscere l’Africa, i suoi abitanti, l’ambiente fantastico, gli orizzonti mozzafiato. E’ il “mal d’Africa”’! Charles vuole saperne di più sulle tradizioni, sui costumi, sulla gente. Si improvvisa esploratore e geografo, inizia a viaggiare moltissimo. I suoi viaggi e le sue scoperte si rivelano importantissime perché contribuiscono a rendere più precisa la carte geografica dell’Africa settentrionale.

E’ un altro uomo il de Foucauld che a Parigi riceve la medaglia d’oro della Società Geografica per le sue imprese. E’ contento, ma non soddisfatto! I suoi continui turbamenti interiori lo portano ancora più lontano: aiutato da un’abile guida spirituale, l’abate Huvelin, Charles ritrova quel Dio che aveva ‘perduto’ in giovinezza.

Nel gennaio del 1889, addirittura, si fa monaco nella trappa di Nostra Signora delle Nevi nella diocesi di Viviers dove vi passa sei anni. Ma anche qui non trova quello che cerca. Va a Roma e ottiene dal generale del suo Ordine di recarsi a Nazaret e vivere, lì, da sconosciuto e da operaio.

Ma Nazaret è dovunque! E allora si trasferisce a Beni- Abbès, ai confini tra Algeria e Marocco, nel 1901, dopo essere stato ordinato sacerdote. Qui costruisce un piccolo eremo, ‘Kaua’ (fraternità), dove trascorre del tempo pregando, lavorando, accogliendo chiunque passi.

Nel 1905 si sposta a Tamarasset, tra i tuareg, con i quali decide di condividere la misera vita. A poco a poco si fa amico dei tuareg, anzi fratello, piccolo fratello: vive non in mezzo a loro, ma insieme a loro, diventando un tuareg! Traduce la Bibbia in lingua tuareg della quale scrive una grammatica e un dizionario. Procura alle donne i ferri per lavorare a maglia, si adopera perché il figlio del capo della tribù venga educato in Francia: ovunque ci sia bisogno, Charles c’è! Pratica un dialogo estraneo ad ogni proselitismo, teorizzato dal suo amico Louis Massignon, un precursore del confronto tra cristiani, musulmani ed ebrei.

Purtroppo Charles, in seguito alle tensione create in Algeria dal risorgente colonialismo, è casualmente ucciso il 1° dicembre 1916 da un giovane tuareg.

Fratel Charles è stato proclamato beato il 3 novembre 2005 da Benedetto XVI.

Due aspetti della sua vita possono essere sottolineati. Centro della sua vocazione è il suo innamoramento di un Dio che si fa carne, e vive per circa trenta anni a Nazaret: è un Gesù colto nella quotidianità e nella povertà della sua esistenza terrena tanto da volerlo imitare. Charles, dunque, ha abbracciato l’umiltà, la povertà, la rinuncia, l’abiezione, la solitudine, la sofferenza di Gesù nel suo presepio. Per il beato era importante cercare sempre l’ultimo posto, disporre della sua vita in modo da essere l’ultimo, il più disprezzato degli uomini.

La vita, infine, con cui ha imitato il Gesù di Nazaret è stata il suo farsi amico, fratello dei tuareg in modo da poter essere fratello universale di tutti coloro che sono dimenticati, abbandonati, poveri, nel bisogno, come i tuareg.

Fabio Cittadini

Già pubblicato su www.korazym.org

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