Musulmane e studiose, o studiose musulmane

dal profilo facebook di fratel Ignazio de Francesco, monaco della Piccola famiglia dell’Annunziata.

All’improvviso si fa viva Fatima, egiziana del sud, che avevo conosciuto sette anni fa mentre studiavo al Cairo. Bella sorpresa. Oggi è professoressa universitaria. L’avevo lasciata studentella alle prese con il suo dottorato in letteratura cristiana antica, in lingua siriaca.

Anche questa una sorpresa. Lavorava nel piccolo dipartimento di lingue semitiche della sezione femminile dell’università al-Azhar, la più famosa istituzione educativa dell’universo islamico sunnita. Non potrò mai dimenticare il giorno in cui ho fatto visita a quella sezione femminile, accolto dalla direttrice del dipartimento e da alcune studentesse. Indimenticabile la carica intellettuale e spirituale di quelle donne, musulmane ferventi e studiose appassionate. E anche la particolarità del loro campo di ricerca, che attraverso l’ebraico e il siriaco le mette a contatto con altre visioni delle cose, rispetto a quella dei documenti arabi nei quali avevano formato la propria fede. Ricordo Fatima e alcune delle sue compagne venire nel convento di Zamalek, dove abitavo, per discutere dei loro codici aramaici, con grande apertura mentale e sempre nel pieno rispetto del galateo dei rapporti di genere.

In quell’altra “metà del cielo” di al-Azhar ci sono migliaia di ragazze che vengono non solo da tutto l’Egitto ma anche da tutti i paesi arabi e oltre. Viaggiano fi talab al-‘ilm, come si dice in arabo, alla ricerca della conoscenza. Un movimento di studentesse musulmane che si sviluppa in tutti i centri del mondo islamico, dove fioriscono i campus femminili.

Ritengo che questa generazione di “musulmane sapienti” sia una grande ricchezza, per l’islam anzitutto, ma anche per tutti noi. Il pieno recupero del ruolo femminile, così conculcato nel corso dei millenni (milioni), è una delle carte che possiamo giocare per un futuro migliore.

Per le musulmane, specificamente, ci sono dei progressi da compiere: li noto confrontando i manuali di religione per la scuola, ad esempio quelli della Giordania, che solo fino a pochi anni fa restringevano l’identità della donna alla triade figlia-sorella-madre, e che solo da ultimo hanno messo in luce le sue potenzialità come studiosa e lavoratrice. Ci sono anche progressi su punti specifici, ad esempio la possibilità di trasferirsi per motivi di studio. Anche qui noto dei progressi nella giurisprudenza islamica, dove si distingue tra il momento del viaggio, per il quale è richiesta la presenza di un familiare, secondo le norme della Sunna, e la residenza finale nel campus, consentita dopo avere accertato l’adeguatezza della sistemazione.

Mentre leggo i messaggi di Fatima, che mi chiede di aiutarla a recuperare un codice che vorrebbe editare e tradurre (in arabo), ricevo tanti messaggi di amiche musulmane italiane giunte in questi giorni alla festa di laurea. Guardo le foto che mi mandano in compagnia di papà e mamma (che tenerezza: quanti sacrifici avranno fatto!) e le vedo raggianti e orgogliose con la loro corona d’alloro, posata ora sul velo ora su una bella chioma. Trovo la differenza piuttosto relativa: l’importante è che sotto ci sia una testa.

Ignazio De Francesco

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