
Posso dire senza esitazione che il mio percorso biografico è stato segnato da benedetti incontri con spiriti eccezionali del mondo contemporaneo di cui ho parlato più volte. Non potrei mai dimenticare il grande impatto che ebbe su di me il filosofo belga Jean-Claude Polet, che mi colpì con la sua stessa cultura dell’umiltà, o lo scrittore francese Alain Durel, radicato nelle tentazioni dell’ethos monastico del Monte Athos, che mi fece capire l’inconveniente di essere tiepidi davanti a Dio.
Mi riferisco al fascino dialogico nel mondo delle idee che abbracciava l’Essere esiliato in assenza di grandi interrogativi, e il ruolo di ogni incontro ideativo è accarezzare un tale Essere che ancora non sa vivere in se stesso.
A partire da questa realtà interiore in cui mi immergo con tutta la sacra gioia di cui sono capace, vorrei fare riferimento a una personalità molto speciale che ho incontrato nel meraviglioso mondo delle idee e degli ideali. Mi riferisco a Nanuka Tchkuaseli, con lo pseudonimo letterario Gvinina, poetessa e pittrice rappresentativa della giovane generazione.
Originaria della Georgia, più precisamente della regione della Guria, Gvinina colpisce per un’indescrivibile morbidezza artistica, con una sorta di tonalità come un’esortazione a tornare al sé abbandonato.
Dico questo perché l’immaginario che Gvinina usa nella sua architettura ritrattistica mi fa pensare al mistero metafisico che sta alla base della natura umana, quella verità accanto a noi che non vediamo perché la maggior parte delle volte scegliamo diventare prigionieri nelle segrete della nostra stessa ignoranza.
D’altra parte, l’arte liberatoria di Gvinina introduce lo spettatore in un mondo di libertà di espressione come terapia estetica. Infatti, attraverso ogni suo quadro, Gvinina riesce a mettere in luce la necessità dell’imperativo dell’amore universale e soprattutto dell’ineffabile femminile che trasforma la Terra in uno spazio vitale. In altre parole, direi che il mio esercizio di ammirazione per il passaporto ideativo di Gvinina è dovuto principalmente all’attenzione che presta all’unicità ontologica del femminile, caratterizzata da finezza percettiva e sublime eternità, che può essere completata solo nello spirito di libertà assoluta che nessuno e niente dovrebbe tentare.
Questo incontro intellettuale e spirituale con Gvinina mi ha determinato a riflettere ancora più responsabilmente sui tesori e le perle innegabili della Georgia, regno sacro e biblico, il cui destino segnato dalla sofferenza l’ha introdotta definitivamente nella geografia sapienziale. E Gvinina, attraverso tutta la sua carica artistica e poetica, rappresenta il suo Paese nel modo più cristallino possibile, optando per un linguaggio del profondo del cuore, e non per una discorsività ideologica.
In una parola, direi che grazie a Gvinina possiamo capire che l’arte è una terapia o una sinfonia della vita, cioè quello che il poeta georgiano Shota Rustaveli chiamava “la verità oltre ciò che vediamo”.
Tudor Petcu