La vera gloria

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La festa della Trasfigurazione è la risposta più completa e profonda alla domanda “che cosa è l’Ortodossia?”. Il termine Ortodossia (in russo pravoslavie) viene dal greco ed è comunemente tradotto come “retta dottrina”, tuttavia questa traduzione del termine è riduttiva e nasconde il senso principale che è quello di “vera gloria”. Il cristiano ortodosso prima ancora di essere colui o colei che professa la retta dottrina è colui che ha visto la vera gloria, colui o colei la cui esistenza è stata interpellata e illuminata dalla verità e pieno compimento dell’amore che è Cristo stesso.

L’esperienza degli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, l’evento della Trasfigurazione, è paradigmatico per ogni cristiano come visione e partecipazione alla vera gloria, alla divina bellezza.

La luce del Tabor non risplende per se stessa ma per gli uomini, per tutto il creato. Essa, come giustamente rileva il metropolita Kallistos (Ware), ci rivela la gloria della Trinità, la gloria di Cristo come Dio incarnato, la gloria della persona umana e infine la gloria dell’intero cosmo creato.

La luce della Trasfigurazione è luce della Santissima Trinità come la chiesa canta ai vespri della festa:

Cristo, la luce che risplendette davanti al sole,
in questo giorno ha misticamente fatto conoscere sul monte Tabor
l’immagine della Trinità.

La Trasfigurazione proprio come la festa della Teofania è una manifestazione trinitaria e così lo è anche la partecipazione, quella degli apostoli e nostra. La luce che ci illumina e ci chiama è luce che promana e ci porta direttamente al mistero trinitario.

La Trasfigurazione è poi rivelazione su Gesù, affinché il discepolo conosca l’identità più autentica del Signore, la perfezione della sua divinità e l’integrità intatta della sua umanità.

La gloria della carne di Cristo è poi gloria della carne umana. Dice ancora il metropolita Kallistos:

La Trasfigurazione è una rivelazione non soltanto di ciò che Dio è, ma parimenti di ciò che noi siamo. Guardando a Cristo trasfigurato sul monte, noi vediamo la natura umana – la nostra persona creata – assunta in Dio, riempita interamente della vita e della gloria increate, permeata dalle energie divine, pur continuando a essere totalmente umana. Noi vediamo la natura umana come era al principio, in paradiso, prima della caduta; vediamo la natura umana come sarà alla fine, nel tempo che verrà dopo la risurrezione finale – e questo ultimo stato della natura umana è incomparabilmente più elevato del primo.

La Trasfigurazione è dunque caparra della resurrezione e profezia della trasfigurazione di ogni carne in Dio.

La Trasfigurazione infine ha una portata cosmica perché coinvolge l’intera creazione. Nella tradizione slava c’è l’uso di benedire nel giorno della festa tutti i frutti della terra, si tratta di una tradizione indubbiamente legata ai tempi della campagna ma che però affonda le radici in una verità teologica che è quella del coinvolgimento dell’intera creazione in questa vera gloria. La luce del Tabor trasforma non soltanto il corpo del Salvatore in modo isolato, ma anche gli altri oggetti materiali associati a lui, le vesti fatte da mano d’uomo che indossa; e così, per estensione, essa abbraccia potenzialmente tutte le cose materiali. Il monte Tabor anticipa lo stato finale predetto da san Paolo, quando la creazione nella sua interezza “sarà liberata dalla schiavitù della corruzione”, ed entrerà nella “libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21). È l’inaugurazione della “nuova terra”, di cui parla l’Apocalisse (Ap 21,1).

Infine un ultimo dettaglio. Nel racconto evangelico il monte Tabor viene prima di un’altra altura, quella del Golgota, dove il Salvatore venne crocifisso. Non sono due alture contrapposte ma sono in relazione reciproca: la luce del Tabor viene data per comprendere la sofferenza del Golgota che è la sofferenza del Salvatore di ogni uomo. Ecco la luce taborica, la Trasfigurazione del Signore, illumina l’esistenza umana quasi come un conforto e un annuncio di un destino diverso.

Scriveva Paul Evdokimov che “la storia evangelica non parla della trasfigurazione del Signore, ma di quella degli apostoli”. E’ vero e probabilmente e ancora più vero che la trasfigurazione del Signore parla di quella di ciascuno di noi.

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