
La storia, così come si è manifestata attraverso gli eventi che l’hanno caratterizzata e seguita, è la lezione più difficile che una coscienza morale e spirituale può imparare. È difficile perché apprenderlo significa rinunciare all’abitudine più passionale dell’uomo, ovvero al comportamento storico che non è mai stato deciso.
Il filosofo tedesco Martin Heidegger ha affermato che l’essere in quanto tale è specifico per ogni epoca storica, cioè differisce da un’epoca storica all’altra, ma il tempo in quanto entità della storia ci ha mostrato che invano si è verificata un’evoluzione della tecnologia o dell’etica. Discorso adottato dagli “scultori e pittori di metafora”, purché la sofferenza della storia non sia ricevuta autenticamente dalla coscienza dei posteri.
La prova in questo senso risiede nelle diverse tensioni politiche nell’Europa occidentale, minacciate da attacchi terroristici che nessuno sembra essere in grado di controllare, i conflitti armati in Medio Oriente e soprattutto in Siria, il regime autocratico di Erdoğan in Turchia o la violazione delle libertà religiose in Russia, dove il culto dei Testimoni di Geova è stato appena messo fuori legge.
Quindi cosa ci dimostrano le realtà sopra menzionate? Sono irresponsabile in termini di moralità storica e insisto su tale sinagoga come un uomo e una coscienza che hanno beneficiato di incontri benedetti con la Storia, in particolare con coloro che sono stati vittime e testimoni. Di fronte a me innumerevoli volte nel mio piano di ricerca con testimonianze rilevanti che hanno evidenziato gli effetti devastanti della barbarie nella storia ma anche la speranza per un nuovo mondo, non posso fare a meno di esprimere la mia preoccupazione per la tragica natura degli eventi di oggi, essendo quest’ultimo una copia fedele di un passato oscuro e travagliato che ho imparato a scuola o negli anni del college. Non solo esprimo la mia preoccupazione come pubblicista o ricercatore, ma prima di tutto come essere umano e come rappresentante di una generazione ancora giovane, che è stata educata nello spirito dell’era delle differenze e della tolleranza verso l’altro.
Ma non abbiamo finalmente raggiunto un’età in cui, dopo aver palesemente confuso la libertà con l’anarchia, abbiamo tolleranza per l’intolleranza? Esatto, tolleriamo l’intolleranza perché la nostra coscienza epocale ha anche la stessa indifferenza per le barbarie intorno a noi, come per le precedenti che critichiamo con euforia, come se avessimo già imparato l’arte di essere giudici o attori morali del nuovo mondo. Quando assumeremo il rimpianto come una forma etica di rimorso, il coraggio come dolcezza, la responsabilità verso l’altro di trascendere veramente la storia?
Dal titolo di questo piccolo manifesto, ho voluto enfatizzare l’idea di “etica dell’autenticità” in relazione alla sofferenza della storia. Molte tesi filosofiche contemporanee, riferendosi a pensatori come Zygmunt Bauman o Giorgio Agamben, affermano soprattutto che l’uomo acquisirà la vera etica dell’autenticità quando la sua coscienza comprenderà appieno la nozione di sofferenza nella storia al fine di educare il nuovo comportamento verso se stesso e al mondo circostante. Solo allora l’uomo entrerà nella sua nuova dimensione ontologica. Fino ad allora, ci chiederemo costantemente cosa ci rimane dopo Auschwitz o quando il nostro spazio vitale soccomberà agli otto peccati dell’umanità civile, di cui parla Konrad Lorenz.
Allora, qual è l’etica dell’autenticità e come può aiutarci a uscire dalla Storia per entrare nel Tempo? In altre parole, come possiamo mai superare le sofferenze della storia una volta per tutte? Lascio a voi lettori la possibilità di trovare la risposta a questa domanda, poiché ogni coscienza è unica e ha una propria percezione, ma credo che tutti noi che abbiamo deciso di servire il Bene dovremmo unire la nostra fertile coscienza per estinguere il tumore canceroso del Male. e violenza nella storia. Quindi penso che arriverà a un’etica di autenticità.
Tudor Petcu