
Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa: è il titolo di un documento di rilevante importanza. È il primo e organico approccio a quella che i cattolici chiamano «dottrina sociale». Il suo peso è indicato dalla sua origine (una richiesta del concilio di Creta del 2016), dal livello della commissione che l’ha preparato (13 teologi), dal materiale e riletture forniti (25 eparchie del Trono ecumenico distribuite nel mondo), dalle 12 lingue in cui è stato tradotto, dall’approvazione, nel gennaio 2020 del santo e sacro sinodo di Costantinopoli.
La pubblicazione è avvenuta negli USA il 27 marzo 2020. I curatori sono David Bentley Hart (del Notre Dame Institute for advanced study) e John Chryssavgis (del patriarcato ecumenico, presidente della commissione). Disteso in 82 numeri e diviso in otto parti, occupa una settantina di pagine.
I titoli delle parti sono orientativi: oltre la prefazione, l’introduzione (è tempo di servire il Signore); la Chiesa nella sfera pubblica (affidiamo tutta la nostra vita a Cristo Dio); il corso della vita umana (santifica le anime e i corpi nostri, e concedici di servirti in santità tutti i giorni della nostra vita); povertà, ricchezza e giustizia civile (ricordati Signore, di coloro che si ricordano dei poveri); guerra, pace e violenza (per la pace del mondo intero…); relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi (preghiamo per l’unità di tutti); ortodossia e diritti umani (ci hai creati a tua immagine e somiglianza); scienza, tecnologia, mondo naturale (il tuo dal tuo a te offriamo); conclusione (esultiamo, possedendo quest’àncora di speranza).
Su Settimananews.it il commento di Lorenzo Prezzi.
PER LA VITA DEL MONDO
Verso un ethos sociale della Chiesa Ortodossa
VII. Ortodossia e Diritti Umani
Ci hai creati a tua immagine e somiglianza
§61. Non è un caso che il linguaggio dei diritti umani, così come le convenzioni e le istituzioni giuridiche concepite per proteggere e far progredire tali diritti, sono sorti in particolare, in nazioni le cui culture etiche erano state formate dal credo Cristiano. Oggi impieghiamo il concetto di diritti umani innati, come una sorta di lingua neutrale per negoziare meccanismi politici e giuridici, per la salvaguardia della dignità umana, della libertà generale, della stabilità sociale, della parità dei diritti per tutti, del pieno coinvolgimento politico, della giustizia economica e dell’uguaglianza davanti alla legge, nonché dell’istituzione di convenzioni internazionali per la protezione dei diritti delle minoranze, dei migranti e dei richiedenti asilo, e contro i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Ma le radici storiche di tali idee affondano nelle profondità dell’annuncio del Vangelo, nel bel mezzo di una cultura imperiale, alla quale tali idee erano in gran parte estranee, promuovendo il valore infinito di ogni anima e la piena dignità personale di ogni individuo. Ogni significativa dichiarazione moderna e ogni carta dei diritti civili universali, dalla Déclaration des droits de l’homme et du citoyen dell’Assemblea Francese (1789) alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo delle Nazioni Unite (1948) e delle sue conseguenze, ha affermato con fiducia, che le rivendicazioni morali di ogni essere umano nei confronti della propria società e delle sue leggi, sono più originali e più inviolabili dei diritti delle proprietà o dei governi o delle istituzioni di potere. Questa è una garanzia in gran parte ereditata dalle fonti ebraiche e cristiane della civiltà europea. I Cristiani Ortodossi, dunque, possono e dovrebbero adottare felicemente il linguaggio dei diritti umani, quando cercano di promuovere la giustizia e la pace tra i popoli e le nazioni e quando cercano di difendere i deboli contro i potenti, gli oppressi contro i loro oppressori e gli indigenti contro coloro che cercano di sfruttarli. Il linguaggio dei diritti umani non può dire tutto ciò che può e dovrebbe essere detto sulla dignità profonda e sulla gloria di coloro che sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio; ma costituisce un linguaggio che onora quella realtà, in un modo che permette la cooperazione internazionale e interreligiosa in materia di diritti civili e di giustizia civile, e che quindi dichiara molto di ciò che dovrebbe essere detto. La Chiesa Ortodossa, dunque, presta la sua voce per chiamare a proteggere e promuovere ovunque i diritti umani, e a riconoscere questi diritti, come fondamentali e inalienabili per ogni singola persona.
§62. Dio ha creato l’umanità a sua immagine e somiglianza e ha dotato ogni uomo, donna e bambino, della piena dignità spirituale delle persone modellate in conformità alle persone divine del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così facendo, ha dato una esistenza ontologica ad una nuova sfera di libertà creata, lo spazio distintamente umano del libero arbitrio. Secondo la tradizione Ortodossa, l’umanità occupa nella creazione un ruolo intermedio di mediazione, che esiste contemporaneamente nel regno della materia e dello spirito, possiede in modo completo le caratteristiche di entrambe e costituisce un’unità tra di loro. Come tale, l’umanità è la presenza sacerdotale della libertà spirituale, all’interno del mondo della causalità materiale e del processo organico, impartendo la luce della libertà razionale a tutto il cosmo materiale e offrendo la vita del mondo a Dio. E la Chiesa ha una comprensione particolarmente elevata di ciò che consiste tale libertà. La vera libertà umana è più del mero potere indeterminato degli individui, di scegliere ciò che vogliono fare o possedere, con il minor numero possibile di interferenze da parte dello Stato o delle autorità istituzionali (anche se non c’è certamente nulla di spregevole nel desiderio di una reale libertà personale e di immunità da forze autoritarie). È la realizzazione della propria natura nelle sue giuste finalità, la sua capacità di prosperare nell’intera gamma della propria umanità, che per la persona umana implica la libera ricerca dell’unione con Dio. Non si tratta dunque di una “libertà negativa” di apertura infinita verso ogni direzione. Essere completamente liberi, significa essere in relazione con Colui, verso il quale la propria natura è stata indirizzata fin dal principio, e che desidera incessantemente dal profondo della propria anima. Le convenzioni dei diritti dell’uomo non possono raggiungere questa libertà per alcuno di noi; ma queste convenzioni possono contribuire ad assicurare la libertà di individui e comunità, nei confronti di un’immensa varietà di forze distruttive e coercitive, che molto spesso cospirano, per vanificare la ricerca della vera libertà. Il linguaggio dei diritti umani è indispensabile per negoziare i principi di giustizia civile e di pace, ma allo stesso tempo serve le più alte aspirazioni della natura umana, enunciando e difendendo la dignità inviolabile di ogni anima.
§63. Il principale principio filosofico, che anima le convenzioni della teoria dei diritti umani, dà priorità sostanziale alla dignità umana, alla libertà, all’uguaglianza e alla giustizia nella costituzione sociale, civile e giuridica di qualsiasi nazione. Nessun sistema legale, nessun ambito privilegiato o di particolare interesse, nessun imperativo nazionale o internazionale, può superare l’assoluta istanza etica dei diritti umani nei confronti dello Stato e di tutte le sue istituzioni. Pertanto, il linguaggio dei diritti umani si accorda, da ogni punto di vista, con i principi più fondamentali che devono regolare ogni coscienza cristiana. Intrinsechi ad ogni teoria dei diritti dell’uomo, inoltre, vi sono alcuni obblighi giuridici, civili, sociali e internazionali specifici, che spettano a tutti i governi. Tra i diritti giuridici, che ogni Stato deve proteggere e promuovere, vi sono alcune libertà fondamentali, come la libertà di coscienza, la libertà di pensiero, la libertà di parola, la libertà di stampa e così via. Ci sono anche protezioni legali più specifiche, che devono essere garantite: il diritto alla sicurezza, il diritto alla rappresentanza legale, in caso di azioni legali o indagini di polizia, immunità da perquisizioni ingiustificate, sequestri o arresti, protezione contro l’incarcerazione senza causa o accusa, severe norme probatorie come, tra le altre, la regola dell’habeas corpus. Vi sono poi quei diritti civili che devono essere considerati come beni universali e inalienabili di tutte le persone: il diritto di voto a favore o contro coloro che esercitano il potere politico, pari accesso di tutte le persone alla rappresentanza politica, libertà di associazione, libertà di religione, diritto di assemblea pacifica e di protesta, libertà dei lavoratori di formare sindacati, libertà da tutte le forme di lavoro forzato (anche per coloro che sono in carcere), protezione contro la segregazione, politiche pregiudiziali o crimini d’odio, libertà dalla discriminazione su qualsiasi base per l’alloggio o per l’occupazione, il diritto a parità di protezione della polizia per tutte le persone, protezione di coloro che non hanno cittadinanza contro le disparità di trattamento, leggi che assicurano pratiche umane di giustizia criminale e incarcerazione, l’abolizione universale della pena capitale, e così via. Per quanto riguarda i diritti sociali, che ogni governo dovrebbe assicurare, questi includono il diritto all’assistenza sanitaria universale gratuita, fruibile allo stesso modo da persone di ogni condizione economica, il diritto alla pensione, alla sicurezza sociale e le disposizioni per gli anziani, sufficienti ad assicurare loro dignità e conforto nei loro ultimi anni, il diritto all’assistenza dell’infanzia e il diritto ad adeguate disposizioni di assistenza sociale per gli indigenti e disabili. Per quanto riguarda le convenzioni in materia di diritti internazionali, queste devono almeno presumere il diritto di ogni popolo ad essere protetto contro l’aggressione e il saccheggio da parte di potenze straniere o interessi di grandi società, la conservazione di un ambiente sano ed abitabile, la protezione per crimini di guerra, un divieto assoluto di tortura, protezione contro la migrazione, il diritto di fuga anche quando ciò comporta l’attraversamento di confini nazionali e il diritto universale di asilo per gli sfollati a causa di guerre, oppressione, povertà, conflitti civili, calamità naturali o persecuzioni. Le convenzioni della teoria dei diritti umani non possono però realizzare o affrontare tutto ciò che la Chiesa Ortodossa desidera per gli esseri umani; queste convenzioni non possono da sole conquistare l’egoismo nei cuori umani o creare forme autentiche di comunità; non possono fornire una visione completa e convincente del bene comune, che risponda a tutti i bisogni materiali, morali e spirituali della natura umana. Il linguaggio dei diritti umani è, per molti versi, un linguaggio minimale. Si tratta, tuttavia, di un linguaggio sintetico in modo proficuo, che può aiutare a plasmare e garantire regole di carità, misericordia e giustizia, che la Chiesa considera come il minimo, richiesto ad ogni società; è quindi un linguaggio, che deve essere affermato e sostenuto costantemente da tutti i Cristiani del mondo moderno.
§64. Un diritto umano fondamentale è la tutela del principio di libertà religiosa in tutti i suoi aspetti – vale a dire, la libertà di coscienza, di fede, di culto e di tutte le manifestazioni personali e collettive della libertà religiosa, compreso il diritto di ciascun credente, di compiere, libero da qualsivoglia interferenza statale, i propri doveri religiosi, come pure il diritto alla libertà dell’insegnamento pubblico della religione e delle condizioni di funzionamento delle comunità religiose”. [53] In ogni società, la lotta per la libertà religiosa e per il rispetto della coscienza di ogni essere umano, fornisce la prova più splendente del potere dell’amore sull’odio, dell’unità sulla divisione, della compassione sulla indifferenza. Una società che protegge la libertà di religione, riconosce che solo attraverso la salvaguardia di una sfera di interesse spirituale, anche al di là degli interessi dello Stato, un popolo può sostenere le fondamenta etiche di una reale unità civile e sociale. La coscienza è la voce della legge divina in ognuno di noi; quindi la soppressione della coscienza non può fare a meno di rendere ingiuste e alla fine controproducenti le leggi scritte di una nazione. Anche in paesi, in cui una fede gode di un preponderante predominio, i diritti della maggioranza possono essere veramente garantiti contro le invasioni dello Stato o di capitali irrefrenabili o di altre forze distruttive, solo garantendo i diritti religiosi di tutte le minoranze. A tal proposito, il Patriarcato Ecumenico cerca instancabilmente di promuovere il diritto di libero culto e di confessione per tutti i popoli. La misura con cui onoriamo la fede degli altri, è la misura con cui possiamo aspettarci, che la nostra fede venga rispettata.
§65. Durante il digiuno quaresimale del 379 d.C., San Gregorio di Nissa tenne una omelia, che fu forse la prima critica censita sulla schiavitù come istituzione, nella storia occidentale.[54] Prima di allora, gli scrittori stoici e Cristiani avevano protestato contro il maltrattamento degli schiavi, e avevano (come con il consiglio di Paolo a Filemone) sostenuto di trattare i servi a disposizione, come spiritualmente uguali ai propri signori. Ma nessuno prima di allora aveva mai sollevato seri interrogativi sulla legittimità etica dell’esistenza stessa della realtà della schiavitù. L’argomento di San Gregorio era, inoltre, tutto basato sui principi Cristiani: l’universalità della immagine divina in tutti gli esseri umani, l’uguaglianza di tutte le persone nel corpo di Cristo, il sangue con cui Cristo ha riscattato tutta l’umanità in sé stesso, l’unità indivisibile di tutte le persone come fratelli e sorelle in Cristo, e così via. Il Cristianesimo è nato in un mondo di padroni e schiavi, la cui economia era ovunque sostenuta dal principio peccaminoso, che un essere umano poteva appartenere ad un altro. Anche se la Chiesa primitiva non pretendeva di avere il potere di porre fine alla schiavitù presente nella sua società, o addirittura di riuscire a immaginare tale possibilità, la comunità cristiana ha cercato, al meglio, di creare una comunità e persino una propria politica, in cui la differenza tra padroni e schiavi fosse annullata dall’uguaglianza di tutti i Cristiani come coeredi del Regno, e quindi come familiari l’uno dell’altro. In Cristo, ha proclamato l’apostolo Paolo, non c’è né schiavo né libero, perché tutti sono uno in Cristo (Galati 3,28). Così ha anche costretto il cristiano Filemone a ricevere il proprio schiavo ozioso Onesimo, non più come schiavo, ma come fratello (Filemone 15–16). Questo ha spinto San Giovanni Crisostomo ad osservare che “la Chiesa non accetta una differenza tra padrone e servo”.[55] Inutile dire, che la società cristiana non ha aderito fedelmente a questa regola, non ha riconosciuto e ammesso pienamente lo scioglimento dell’istituzione della schiavitù, che essa logicamente sottintendeva. Col tempo, la cultura cristiana è venuta ad accettare un male, che avrebbe dovuto evitare dall’inizio. Solo nell’epoca moderna, il mondo Cristiano ha potuto pentirsi senza alcuna ambiguità per il proprio fallimento, nel senso di vivere perfettamente in accordo con il Vangelo liberatore di Cristo, che è venuto a liberare i prigionieri e a pagare il prezzo della loro emancipazione. Anche così, il mondo moderno non è stato completamente purificato da questa istituzione malvagia. La Chiesa Ortodossa riconosce, che l’impegno per i diritti umani nel mondo di oggi, comporta ancora una lotta instancabile contro tutte le forme di schiavitù, che ancora esistono nel mondo. Queste includono, non solo pratiche continue di schiavitù reale in varie parti del globo, ma un certo numero di altre pratiche, sia penali che legalmente tollerate. Per questo motivo, il Patriarcato Ecumenico ha recentemente focalizzato l’attenzione sulla schiavitù moderna. Innumerevoli bambini, donne e uomini in tutto il mondo, stanno attualmente soffrendo sotto varie forme di tratta di esseri umani: lavoro forzato per bambini e adulti, sfruttamento sessuale di bambini, donne e uomini, matrimoni forzati e precoci, arruolamento di bambini-soldato, sfruttamento di migranti e rifugiati, traffico di organi, e così via. Oggi vediamo che grandi masse di persone, costrette a lasciare le proprie case ed i propri paesi a causa della violenza, della carestia e della povertà, sono vulnerabili ai peggiori sfruttamenti che si possono immaginare, tra cui il diventare vittima di associazioni criminali organizzate. Allo stesso tempo, ci sono parti del mondo in cui il lavoro forzato, il lavoro minorile, il lavoro non retribuito e il lavoro in condizioni pericolose, non sono solo consentiti, ma anche incoraggiati dai governi e dalle imprese. E alcune nazioni, anche in condizione di economie fiorenti, non esitano a sfruttare vari tipi di lavoro forzato, in particolare il lavoro dei detenuti. I Cristiani Ortodossi devono unirsi allo sforzo di sradicare la schiavitù moderna in tutte le sue forme, in tutto il mondo e per sempre. La Chiesa riafferma pertanto, l’asserzione, contenuta nella Dichiarazione dei leader religiosi contro la schiavitù moderna (2 dicembre 2014), di cui essa è firmataria, che la schiavitù è “un crimine contro l’umanità”, e che i Cristiani Ortodossi devono unirsi a tutti coloro che sono impegnati a fare tutto il possibile, all’interno delle proprie parrocchie e al di fuori di esse, a lavorare per la libertà di tutti coloro che sono in schiavitù o sono vittima di traffici, in modo che possa essere loro restituito il futuro. Nella lotta per raggiungere questo obiettivo, il nostro avversario non è semplicemente la schiavitù moderna, ma anche lo spirito che la alimenta: la divinizzazione del profitto, la mentalità diffusa del consumismo e i bassi impulsi del razzismo, del sessismo e dell’egocentrismo.
§66. Nessuna esortazione etica costituisce un tema più costante nelle Scritture, dai primi tempi della Legge e dei Profeti, fino all’età degli Apostoli, dell’ospitalità e della protezione per i forestieri nel bisogno. ” Non opprimerai il forestiero… perché siete stati forestieri nel paese d’Egitto. ” (Esodo 23,9; cfr. 22,21). ” Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come tu stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. ” (Levitico 19:34). “Perché il Signore vostro Dio … non usa parzialità … rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto.” (Deuteronomio 10,17–19). “Maledetto chi lede il diritto del forestiero” (Deuteronomio 27,19). “Il Signore veglia sul forestiero” (Salmo 146[147]:9). “All’aperto non passava la notte lo straniero e al viandante aprivo le mie porte.” (Giobbe 31,32). ” Non è questo il digiuno che ho richiesto? . . . nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto. . .?” (Isaia 58,6–7) “Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto contro. . . chi fa torto al forestiero. Costoro non mi temono, dice il Signore degli eserciti ” (Malachia 3,5). “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo.” (Ebrei 13,2). Cristo, infatti, ci dice che la nostra stessa salvezza dipende dall’ospitalità, che estendiamo ai forestieri: “Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto … forestiero … e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. (Matteo 25,44–45). Queste parole devono sembrare particolarmente angoscianti, e soprattutto impegnative, alla coscienza cristiana di oggi. Il XXI secolo nasce come un secolo di migranti e rifugiati in fuga dalla criminalità violenta, dalla povertà, dai cambiamenti climatici, dalla guerra, dalla siccità, dal collasso economico e dalla richiesta di sicurezza, sostentamento e speranza. Il mondo sviluppato conosce ovunque la presenza di rifugiati e richiedenti asilo, molti ammessi legalmente, ma anche molti altri senza documenti. Essi scuotono quotidianamente le coscienze delle nazioni più ricche proprio con la loro vulnerabilità, indigenza e sofferenza. Questa è una crisi globale, ma anche un appello personale alla nostra fede, alla nostra più profonda natura etica, alle nostre indiscutibili responsabilità.
§67. La Chiesa Ortodossa considera la situazione di questi popoli sfollati, come una chiamata divina all’amore, alla giustizia, al servizio, alla misericordia e all’inesauribile generosità. L’obbligo assoluto della Chiesa di difendere la dignità e di assumere la causa a favore migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo, è chiaramente indicato nell’Enciclica del Santo e Grande Concilio: ” L’intensificarsi del problema attuale e continuo dei rifugiati e dei migranti, dovuto a cause politiche, economiche e ambientali, è al centro dell’attenzione del mondo. La Chiesa Ortodossa ha sempre trattato e continua a trattare coloro che sono perseguitati, in pericolo e in bisogno, sulla base delle parole del Signore: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, ero nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e mi avete fatto visita”, e “in verità vi dico, ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me “(Mt 25,40). Durante tutto il corso della sua storia, la Chiesa si è trovata sempre dalla parte degli “affaticati e oppressi” (cfr Mt 11,28). In nessun momento la opera filantropica della Chiesa non si è limitata semplicemente ad un atto di carità occasionale verso i bisognosi e sofferenti, ma piuttosto ha cercato di sradicare le cause che creano problemi sociali. Il “ministero compiuto” (Ef 4,12) della Chiesa è riconosciuto da tutti. Ci appelliamo quindi prima di tutto a coloro che possono rimuovere le cause generanti la crisi dei rifugiati, di prendere le decisioni positive necessarie. Chiamiamo le autorità civili, i fedeli ortodossi e gli altri cittadini dei paesi in cui hanno trovato rifugio e continuano a cercare rifugio i profughi, ad accordare loro ogni assistenza possibile, anche dalle proprie cose necessarie.” [56] La Chiesa loda dunque le nazioni che hanno accolto questi migranti e rifugiati e che hanno concesso asilo, a coloro che lo cercano. Inoltre, ricorda ai Cristiani di tutto il mondo, che tale accoglienza è un comando biblico, che trascende gli interessi dei governi secolari. Lo Stato nazionale moderno non è un’istituzione sacra, anche se a volte può servire le cause della giustizia, dell’equità e della pace. Le frontiere non sono altro che accidenti della storia e delle convenzioni di diritto. Anche queste possono servire a volte ad un fine utile, ma di per sé non sono beni etici o spirituali, il cui intento potrebbe giustificare il fallimento di prendere le nostre sacre responsabilità, verso coloro che Dio ha raccomandato alla nostra particolare cura. Nel nostro tempo, abbiamo visto alcuni governi europei e un gran numero di ideologi, che influenzano la difesa dell'”Europa cristiana”, cercando di chiudere completamente i confini, promuovendo idee nazionaliste e persino razziste e rifiutando, in innumerevoli altri modi, le parole di Cristo stesso. Abbiamo visto il panico autoctono che vene incitato in Europa, in Australia, in America. Negli Stati Uniti, la nazione più potente e più ricca della storia, una nazione, infatti, nata da immense ondate di immigrati, provenienti da tutto il mondo, i leader politici non solo hanno incoraggiato la paura e l’odio per i richiedenti asilo e per gli immigrati poveri, ma hanno impiegato anche il terrore contro di loro: rapire i bambini dai loro genitori, distruggere famiglie, tormentare genitori e bambini, internandoli tutti in modo indefinito, negando il processo ai richiedenti asilo, calunniando e dicendo menzogne su coloro che cercano rifugio, dispiegando i militari ai confini meridionali, per terrorizzare e minacciare i migranti disarmati, impiegando una retorica razzista e campanilistica contro i richiedenti asilo, per un vantaggio politico, e così via. Tutte queste azioni costituiscono un attacco alla immagine di Dio in coloro che cercano la nostra misericordia. Sono offese contro lo Spirito Santo. Nel nome di Cristo, la Chiesa Ortodossa denuncia queste pratiche e implora i colpevoli di pentirsi e di cercare invece, di diventare servitori della giustizia e della carità.
[53] Santo e grande Concilio, Enciclica, §16.
[54] Gregorio di Nissa, Sull’Ecclesiaste, Omelia 4. PG 44.664B.
[55] Giovanni Crisostomo Commento alla Lettera a Filemone Omelia 1. PG 62,705B.
[56] Paragrafo 19.
Il testo completo di Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa è disponibile su Goarch.org, Greek Orthodox Archdiocese of America.