Più eguali. Orientamenti per il 26° congresso nazionale delle ACLI – 1) Alle origini del pensiero sociale cristiano (e aclista)

da Acli.it, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani.

Pubblichiamo in più puntate (per renderli più agevoli da leggere), gli orientamenti per il 26° congresso nazionale delle ACLI. Il titolo scelto è “ACLI 2020 Più eguali. Viviamo il presente, costruiamo il domani”. Con queste parole s’intende porre particolare attenzione all’uguaglianza e alla giustizia sociale, temi fondamentali nel nostro movimento, per declinare al presente e al futuro quelle politiche sociali che si rivolgono agli ultimi e ai penultimi, ad un ceto popolare sempre più schiacciato verso il basso a causa di anni di crisi e di scarsa attenzione da parte della politica.

1. Perché come aclisti pensiamo che valga ancora la pena di impegnarsi nel sociale. Alle origini del pensiero sociale cristiano

Fin dalle origini l’azione delle Acli si è ispirata al messaggio evangelico e al magistero sociale della Chiesa, abbracciando la visione del personalismo comunitario. Il patrimonio filosofico personalista, così come declinato dal cattolicesimo democratico italiano, implica una visione della società e dello Stato imperniata sul presupposto espresso da San Tommaso: la Grazia di Dio non annulla la natura umana, ma la perfeziona. La natura della persona non potrebbe realizzarsi compiutamente senza sviluppare la sua essenziale propensione alla relazione umana. Dunque la famiglia, le comunità e le diverse organizzazioni della società civile, perfino lo Stato, sono come entità naturali, hanno origine e giustificazione nell’esperienza umana. Di conseguenza la famiglia, le va-rie forme associative della società civile e soprattutto lo Stato, che ha la funzione di regolare e normare la società civile, devono tendere a creare le condizioni affinché la persona possa realizzarsi integralmente. Questa impronta filosofica è alla base del pensiero sociale delle Acli: lo Stato ha un fondamento naturale e la ragione ha il compito di valutare in che misura le dinamiche sociali abbiano una corrispondenza con i valori di giustizia sociale, dignità e libertà dell’uomo.

L’armonia tra Chiesa e Stato ha avuto un’evoluzione storica, durata secoli: è stata una evoluzione tortuosa, difficile. Anche nella Rerum novarum di Leone XIII (1891), con la quale inizia la dottrina sociale della Chiesa, prevale un orientamento difensivo entro il quale gli auspicati provvedimenti legislativi o contrattuali a favore dei lavoratori sono finalizzati a ridurre i danni del disordinato sviluppo della società industriale, garantendo almeno gli essenziali diritti della persona, mentre non è prevista né auspicata un’azione sociale volta a modificare le strutture ingiuste della società. Tuttavia, la Rerum novarum ha prodotto, grazie soprattutto all’insegnamento di Giuseppe Toniolo, un orientamento cattolico-sociale che si proponeva un impegno concreto a favore della classe operaia, finalizzato ad eliminare, o quantomeno ridurre significativamente, la condizione di subalternità che la opprimeva. Tale orientamento cattolico-sociale costituisce per le Acli un’eredità permanente e feconda fin dalla nascita. E da allora, dagli anni in cui nasce l’associazione, data pure la fedeltà delle Acli alla democrazia.

L’antifascismo è l’orizzonte in cui si muove la democrazia italiana e l’indefettibile riferimento ideale delle Acli, oggi come ai tempi in cui visse il fondatore Achille Grandi, che personalmente pagò l’opposizione al regime testimoniando con i fatti l’adesione ai principi democratici anche ritirandosi con gli altri parlamentari sull’Aventino.

È con il Concilio Vaticano II che si apre in modo compiuto la prospettiva di un impegno deciso dei laici cristiani per trasformare la società. La Gaudium et spes espone in modo organico e lucido una nuova prospettiva per la Chiesa, che deve cercare di cogliere frammenti di verità nella mentalità e nella cultura laica, anche quando essa appare lontana dal cristianesimo. Di conseguenza, è compito della Chiesa, e dei laici in primo luogo, riallacciare profondi legami con «gli uomini e le donne di buona volontà», soprattutto nell’impegno comune per la pace, la giustizia sociale, lo sviluppo della scienza e della tecnica. Come ha più volte sottolineato Jacques Maritain, la mentalità e la cultura moderna impongono al cristiano di rinunciare definitivamente e consapevolmente all’utopia di chiedere al mondo l’effettiva realizzazione del regno di Dio:

Lo scopo che il cristiano si pone nella sua attività temporale non è di fare di questo mondo stesso il regno di Dio, bensì di fare di questo mondo, secondo l’ideale storico richiesto dalle diverse età, il luogo di una vita terrena veramente e pienamente umana, cioè piena certamente di debolezze, ma anche piena d’amore, le cui strutture sociali abbiano come misura la giustizia, la dignità della persona umana, l’amore fraterno…

Umanesimo integrale, 1936

Come è noto, le idee personaliste penetrarono nella cultura cattolica italiana e nella stessa Chiesa nell’immediato secondo dopoguerra, grazie ad Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Parigi fino al 1953, a Giovanni Battista Montini, in Segreteria di Stato fino al 1954, ad esponenti cattolici presenti nell’Assemblea Costituente, come De Gasperi, Dossetti, La Pira, Moro e Lazzati. In questo contesto storico culturale, la concezione delle Acli dei rapporti tra Chiesa e mondo si è sviluppata, precisata e ulteriormente arricchita.

Ci sono quindi alcune costanti dell’azione sociale delle Acli che, al di là delle diverse contingenze storiche, rappresentano una sorta di patrimonio genetico dell’associazione.

Dopo la scissione sindacale in seguito all’attentato a Palmiro Togliatti (luglio 1948), il compito di coordinamento nei confronti della componente cristiana del sindacato si è di fatto estinto, e a partire dal III Congresso nazionale (novembre 1950) le Acli si definiscono movimento sociale dei lavoratori cristiani. In quegli anni vanno gradatamente potenziandosi e sviluppandosi le attività connesse alle finalità educative, formative, religiose e soprattutto di gestione di servizi relativi ad attività previdenziali, cooperativistiche e ricreative. Con il primo Incontro nazionale di studi a Perugia, nell’estate del 1952, le Acli cominciano a delineare in maniera più approfondita la loro identità e la loro ragion d’essere, anche a seguito dei mutamenti nel frattempo intervenuti in ambito sindacale e politico. In primo luogo, si definiscono come componente cristiana del movimento operaio e, più in generale del movimento dei lavoratori. Poiché quest’ultimo consiste principalmente nel rendere possibile l’elevazione dei lavoratori stessi, riducendo o rimuovendo le cause, di ordine economico, culturale e sociale, che ne limitano la realizzazione come persone. Il perno attorno a cui ruota l’identità aclista è l’«azione sociale», precisato e sviluppato durante la presidenza di Dino Penazzato (1954-1960). Tale idea presuppone una pratica di animazione della realtà temporale molto vicina alla visione del personalismo cristiano. Anche se molti dirigenti aclisti non conoscevano direttamente il pensiero francese di Maritain e Mounier, le loro idee si diffusero significativamente nelle Acli.

L’azione sociale presuppone innanzitutto una conoscenza approfondita delle strutture economiche e sociali, e dunque richiama i laici cristiani alla centralità della formazione. Inoltre, ha come fine una società più giusta, nella quale l’uomo possa realizzarsi sempre più come persona. Infine, poiché una società più giusta è pensabile e perseguibile tramite l’esercizio della conoscenza e della ragione, tutti gli uomini di buona volontà possono collaborare proficuamente per cercare di realizzarla, indipendentemente dalla fede religiosa.

Per tutti gli anni Cinquanta le Acli mantengono caratteri fortemente progressisti, sia per la loro organizzazione democratica interna, sia per la tensione anticapitalista, intesa come mancata accettazione di strutture economiche che generano ingiustizia. Il travaglio intellettuale dell’associazione viene riassunto da Dino Penazzato il 1 maggio 1955, attraverso l’idea di una triplice fedeltà: alla democrazia, ai lavoratori e alla Chiesa.

Questa sintesi è rimasta una costante immutabile della vita associativa del movimento, alla quale nel 1969 si aggiunge un altro principio cardine: la libertà di voto. Come elettore ognuno è chiamato a compiere scelte personali in coerenza coi valori cristiani. Il superamento del collateralismo ha accentuato la propensione all’impegno politico: gli aclisti si sono sentiti così chiamati a contribuire “alla costruzione di una nuova società”.

Ai caratteri fondamentali derivanti dalla triplice fedeltà, nel corso degli anni Ottanta, in concomitanza con il ridursi della capacità dei partiti tradizionali di interpretare le sensibilità e i bisogni della società civile e di favorirne gradualmente la crescita e la consapevolezza attraverso idonei processi di mediazione, le Acli hanno aggiunto l’attenzione all’autonomia e all’organizzazione della società civile, luogo di un impegno civile proiettato al futuro.

Più eguali. Viviamo il presente, costruiamo il domani

20200304 orientamenti congressuali ACLI

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