
Proponiamo in più puntate i testi e i materiali della mostra su don Giovanni Gatti realizzata dall’Archivio Comunale Memoria Locale di Mandello del Lario in collaborazione con la parrocchia San Rocco di Caspoggio e la parrocchia Sacro Cuore di Mandello.
La mostra, intitolata “don Giovanni Gatti. Un sacerdote antifascista mandellese”, è stata realizzata da Archivio Comunale Memoria Locale di Mandello del Lario in collaborazione con la parrocchia San Rocco di Caspoggio e la parrocchia Sacro Cuore di Mandello. Esposta nella primavera del 2018, in occasione del 25 aprile e del 1 maggio, nel paese natale del sacerdote (Mandello del Lario, appunto) e poi nell’estate dello stesso anno a Caspoggio, dove era stato parroco, si erano potute apprezzare la sapiente integrazione tra il materiale raccolto a Caspoggio in occasione del convegno del 2008 e le nuove informazioni, fotografie e testimonianze provenienti dal lago. Particolarmente interessante l’accostamento delle ricostruzioni mediatiche dell’epoca pubblicate sui giornali di diverso orientamento.
La mostra conduce, attraverso un abbondante ricorso alle fonti e alle immagini originali, dentro la vicenda e i “mondi” storici ed ecclesiali di don Gatti.
II 22 aprile 1883 Giovanni Desiderio Gatti nasce a Palanzo, allora Comune di Rongio (ora frazione di Mandello del Lario), da Bonfilio e Alessandra Fasoli; è l’unico figlio maschio. Frequenta il Seminario, prima a Domaso e poi a Como. Il 30 maggio 1907 è ordinato sacerdote nella città lariana dal vescovo Alfonso Archi, da poco nominato nella sede di Como. Dentro un mondo ecclesiale in tensione dal punto di vista magisteriale e gerarchico (sono gli anni del non expedit e del modernismo) ed estremamente vivace alla base (molti in diocesi e fuori le iniziative dei cattolici nel sociale e nell’ambito della carità) Giovanni viene ordinato prete e mandato a Caspoggio dove viene nominato, alla morte di don Gottardo Perego, parroco.
Come per molti altri sacerdoti, l’esperienza da cappellano militare durante la prima guerra mondiale in don Gatti si tradurrà nella forte esigenza di essere sempre più pastore in mezzo alla gente e attento alla crescita umana integrale delle persone. Da qui le tante iniziative sia più strettamente pastorali sia quelle che si rifacevano al cattolicesimo sociale, con anche qualche primato: nel 1923 è il primo della diocesi a fondare la Congregazione della dottrina cristiana, istituisce una scuola di catechismo organizzata ed efficiente; crea le associazioni maschile e femminile di Azione Cattolica, l’Unione Donne Cattoliche e costruisce il primo oratorio in Valtellina. Nel 1922-1923 istituisce, a Caspoggio, una ricca biblioteca religiosa, popolare e circolante, per la cultura del popolo; raccoglie fondi per costruire l’asilo infantile, realizzato poi dal suo successore Don Parolini; fonda il Patronato scolastico e vicino alla chiesa apre la Cooperativa di consumo. Fa costruire la Casa del Popolo, dotata di locali dove poter incontrare, anche in momenti di allegra aggregazione, i ragazzi e i giovani e fonda la cassa “Pane dei Poveri” per sopperire alle necessità dei più bisognosi.
Più note sono le vicende legate all’aggressione fascista da lui subita e al successivo lungo esilio in Svizzera. Nel 1921 un cittadino di Caspoggio aveva lanciato pesanti accuse contro don Gatti, rivelatesi poi infondate. Il 9 ottobre 1922 il parroco è aggredito da tre fascisti, armati di pistola, e viene costretto a ingoiare dell’olio di ricino. Nel 1923 viene incarcerato ingiustamente per due mesi a Sondrio, con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Liberato dopo diciotto giorni, ha l’obbligo di abbandonare la provincia di Sondrio e torna cosi al suo paese natale, Mandello del Lario. Il 17 settembre 1924 accetta di espatriare in Svizzera, a Bellinzona, dove arriva il giorno stesso, accompagnato dal parroco di Mandello Don Bay Rossi; è accolto presso il collegio Francesco Soave, dove resta per ventidue anni fino al 1945.
Qui svolge, da esiliato, l’attività di insegnante e aiuta i rifugiati politici italiani in Svizzera, procurando loro casa e lavoro, ma anche occasioni di impegno politico. Partecipa all’organizzazione di una rete di collegamento antifascista tra il Canton Ticino e la zona italiana di confine, riuscendo anche a far giungere, attraverso la Val Poschiavo e per mezzo di contrabbandieri, parecchio materiale propagandistico e scritti antifascisti. È in contatto con i principali esponenti del Partito Popolare Italiano (Don Luigi Sturzo, Francesco Luigi Ferrari, Domenico Russo, uno dei fratelli Rosselli ed altri ancora).
La mostra è l’occasione per scoprire la figura di un sacerdote che ha amato la sua gente e di un protagonista per nulla secondario della nostra storia. Scriveva il primo febbraio 1945 Vincenzo Ferrari, un giovane rifugiato antifascista, in una lettera a don Giovanni: “Ci vorrebbero tanti don Gatti …”. Non si può che essere d’accordo.
Le slides con una breve biografia e foto e materiali inediti