
Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa: è il titolo di un documento di rilevante importanza. È il primo e organico approccio a quella che i cattolici chiamano «dottrina sociale». Il suo peso è indicato dalla sua origine (una richiesta del concilio di Creta del 2016), dal livello della commissione che l’ha preparato (13 teologi), dal materiale e riletture forniti (25 eparchie del Trono ecumenico distribuite nel mondo), dalle 12 lingue in cui è stato tradotto, dall’approvazione, nel gennaio 2020 del santo e sacro sinodo di Costantinopoli.
La pubblicazione è avvenuta negli USA il 27 marzo 2020. I curatori sono David Bentley Hart (del Notre Dame Institute for advanced study) e John Chryssavgis (del patriarcato ecumenico, presidente della commissione). Disteso in 82 numeri e diviso in otto parti, occupa una settantina di pagine.
I titoli delle parti sono orientativi: oltre la prefazione, l’introduzione (è tempo di servire il Signore); la Chiesa nella sfera pubblica (affidiamo tutta la nostra vita a Cristo Dio); il corso della vita umana (santifica le anime e i corpi nostri, e concedici di servirti in santità tutti i giorni della nostra vita); povertà, ricchezza e giustizia civile (ricordati Signore, di coloro che si ricordano dei poveri); guerra, pace e violenza (per la pace del mondo intero…); relazioni ecumeniche e relazioni con altre fedi (preghiamo per l’unità di tutti); ortodossia e diritti umani (ci hai creati a tua immagine e somiglianza); scienza, tecnologia, mondo naturale (il tuo dal tuo a te offriamo); conclusione (esultiamo, possedendo quest’àncora di speranza).
Su Settimananews.it il commento di Lorenzo Prezzi.
PER LA VITA DEL MONDO
Verso un ethos sociale della Chiesa Ortodossa
VIII. Scienza, Tecnologia, Mondo Naturale
Il tuo dal tuo a Te offriamo.
§68. La nostra è un’epoca di sviluppo tecnologico sempre più rapido; il potere dell’umanità oggi di trasformare la realtà fisica, sia nel bene che nel male, è senza precedenti nella storia umana, e costituisce sia un pericolo, che una responsabilità, per la quale l’umanità sembra in gran parte impreparata. La Chiesa Ortodossa deve quindi, prima di tutto, ricordare ai Cristiani, che il mondo in cui abitiamo è creazione di Dio “assai bella” (per quanto possa essere rovinata dal peccato e dalla morte), e un dono della grazia per tutte le sue creature. Con San Massimo il Confessore, essa afferma che la presenza umana nel cosmo fisico è anche un compito spirituale, una sorta di sacerdozio cosmico. L’umanità occupa il posto di una linea di confine, il confine dove i regni spirituali e materiali si incontrano e sono uniti; e, attraverso quella mediazione sacerdotale, la luce dello spirito pervade tutta la natura creata, mentre tutta l’esistenza cosmica è innalzata a vita spirituale. Questa è, se non altro, la creazione come Dio la vuole e come esisterà alla restaurazione di tutte le cose, quando egli porterà nuovi cieli e una nuova terra, dove tutte le creature della terra, del mare e dell’aria gioiranno nella sua luce. I Cristiani devono sempre ricordare che, secondo gli insegnamenti della loro fede, l’asservimento della creazione alla morte, è la conseguenza dell’apostasia dell’umanità dal suo ruolo sacerdotale; che in Cristo, il sacerdozio è stato restaurato; e che la salvezza futura, promessa nelle Scritture, comprende tutta la realtà cosmica, la quale sarà così resa perfetta solo nella nuova creazione (che le Scritture dipingono ripetutamente come piena di vita animale, vegetale e umana). La responsabilità dei Cristiani in questo mondo, quindi, nel cercare di trasfigurare la natura decaduta al servizio del Regno, comporta una reale responsabilità verso l’intera creazione e una incessante preoccupazione per la sua integrità e prosperità. Il come realizzare questo obiettivo, in un’epoca di così rapidi cambiamenti tecnologici e di tale immenso potere tecnologico, è una questione che i Cristiani devono porsi incessantemente e a cui la Chiesa deve avvicinarsi con discernimento e preghiera. Questo è il fondamento e il contesto delle iniziative pionieristiche del Patriarcato Ecumenico per la salvaguardia dell’ambiente naturale. È anche la ragione e il ragionamento alla base dell’istituzione del 1° settembre – già dal 1989, – da parte del Patriarca Ecumenico Dimitrios, di beata memoria, e successivamente adottato da tutte le Chiese Ortodosse, dal Consiglio Mondiale delle Chiese e da molte Confessioni Protestanti, dalla Comunione Anglicana, nonché da Papa Francesco per la Chiesa Cattolica Romana– come giorno di preghiera annuale, per la salvaguardia della creazione di Dio.
§69. La missione del Cristiano di trasfigurare il mondo alla luce del Regno di Dio, deve estendersi a tutta la creazione, a tutta la vita, ad ogni dimensione dell’esistenza cosmica. Ovunque ci sia sofferenza, i Cristiani sono chiamati a portare la guarigione, come sollievo e riconciliazione. Questo è il motivo per cui la Chiesa, all’inizio della sua storia, ha iniziato a fondare ospedali aperti a tutte le persone, e ad impiegare alcune terapie e medicine, allora conosciute. La straordinaria Basiliade di San Basilio era un luogo di benessere per i poveri, e allo stesso tempo, era un luogo di aiuto più in generale per i malati. Come ha scritto San Basilio, “la medicina è un dono di Dio, anche se alcune persone non ne fanno il giusto uso. Certo, sarebbe stupido mettere ogni speranza di una cura nelle mani dei medici, eppure ci sono persone che ostinatamente rifiutano del tutto il loro aiuto.”[57] Il ministero della guarigione è stato riconosciuto dalla Chiesa fin dai suoi primi giorni, come uno sforzo santo e come una vera cooperazione all’opera di Dio. In nessun ambito dell’attività umana, lo sviluppo tecnologico è stato più facilmente ricercato e accolto, quanto nelle scienze mediche. L’invenzione di farmaci, antibiotici, vaccini, terapie anche per le malattie più gravi, e così via, costituiscono una conquista assai splendida della creatività umana e sono quindi anche doni di Dio, particolarmente preziosi. Tuttavia, la velocità con cui le scienze mediche oggi sviluppano, testano e usano nuove tecnologie e terapie, spesso supera di gran lunga la riflessione morale e il discernimento spirituale. Sempre di più, la Chiesa deve essere disposta a considerare e valutare ogni innovazione medica separatamente, come appare, e talvolta a considerare l’uso di queste innovazioni caso per caso. Ciò si rivelerà spesso necessario, ad esempio, nell’approccio della Chiesa alle forme di assistenza, date gli anziani e ai malati terminali. Non ci può essere una semplice regola generale, per esempio, come e quando continuare il trattamento medico per prolungare la vita, o quando invece astenersi dal farlo. Il benessere del paziente, il benessere spirituale e materiale della sua famiglia, la ragionevole distinzione tra sforzi ordinari e straordinari per preservare e prolungare la vita, – tutte queste questioni, così come molte altre, – devono essere considerate per ogni singolo caso. Spesso, il giudizio che la Chiesa vuole dare sulle attuali tecnologie mediche, dipende dalle concomitanze pratiche e etiche di tali tecnologie e dalle conseguenze etiche, che tali metodi potrebbero comportare. Ad esempio, alcune pratiche di fecondazione in vitro o di trattamenti con cellule staminali per le lesioni spinali, possono comportare la distruzione di embrioni umani prematuri, una pratica che la Chiesa non può sostenere. Ci potrebbero essere però dei casi individuali necessari, che andranno valutati separatamente. La Chiesa potrebbe, ad esempio, dare la sua piena benedizione a una particolare terapia con cellule staminali, per alleviare i sintomi di una particolare lesione spinale, a condizione che le cellule staminali utilizzate, non vengano estratte da feti, frutto di aborto.
§70. Nuove tecnologie, che si evolvono ancora più rapidamente al di fuori del campo della scienza medica, potrebbero essere sostenute. Certo, questo porta ad una maggiore diversità di forme e penetrazione culturale. Solo negli ultimi anni, ad esempio, per quanto non più di un decennio o due, abbiamo assistito a nuovi sviluppi radicali nelle tecnologie di comunicazione, raccolta e selezione dei dati, messaggistica di massa, proliferazione globale immediata delle informazioni (o disinformazione, analogamente al caso), e così via. Questo sviluppo porta in sé numerose possibilità benefiche, come gli interventi dell’uomo, in modo estremamente rapido, in situazioni di catastrofi naturali o di aggressività umana, o come nuove vie di comunicazione e comprensione reciproca tra persone o popoli. Tuttavia, queste stesse tecnologie creano nuove opportunità per usi e abusi dannosi o per un uso involontariamente nocivo. Oggi, le distinzioni tra realtà e fantasia, tra fatti e opinioni, tra notizie e propaganda ideologicamente motivata e tra verità e menzogne, sono diventate sempre più oscure e fluide, proprio a causa dell’enorme potere della rete. Negli ultimi anni abbiamo assistito a numerosi casi di corruzione sistematica del discorso pubblico sulla rete, da parte di agenti di disturbo, allo scopo di seminare discordia o di influenzare tendenze politiche, principalmente attraverso l’inganno e il depistaggio. Altrettanto perniciose, forse, sono le corruzioni non pianificate, ma ancora abbastanza onnipresenti, indotte dal precipitoso declino della civiltà della rete. L’uso casuale e consueto della retorica della colpa, della provocazione e dell’insulto, della crudeltà, delle molestie e dell’umiliazione, – pratiche spiritualmente devastanti, – sono fin troppo comuni all’atmosfera della cultura della rete. La stessa natura della moderna comunicazione immediata rende, probabilmente, questi mali, quasi inevitabili. La qualità disincarnata, curiosamente impersonale e astratta della comunicazione virtuale, sembra condurre a quel tipo di comportamento amorale e auto-relativizzante, che la presenza reale e immediata di un’altra persona, scoraggerebbe. In questa situazione, la comunicazione può troppo spesso diventare un’alternativa alla vera comunione, e di fatto essere distruttiva della vera comunione. Sappiamo anche che la rete può (per molte delle stesse ragioni) diventare un veicolo straordinariamente potente, per ogni sorta di ossessione e fissazione, che creano dipendenza, come la pornografia o fantasticherie di violenza. Per il momento, è impossibile prevedere l’entità del bene o del danno, che la nuova era dell’interconnessione globale immediata potrà causare. Così probabilmente la grandezza del danno, non sarà inferiore a quella del bene, ma evidentemente crescerà in molti modi imprevisti. In questo caso, la Chiesa deve essere vigile riguardo agli effetti di queste nuove tecnologie e saggia nel combattere i loro effetti più deleteri. Deve anche rimanere costantemente consapevole di sviluppi ancora più consequenziali in altri o correlati ambiti di ricerca, come nuovi algoritmi per l’intelligenza artificiale o nuove tecniche di modifiche genetiche. La buona capacità della Chiesa di mobilitare le sue forze pastorali e le sue risorse, di fronte a questo processo del progresso scientifico sempre accelerato, determinerà sicuramente la sua capacità di offrire un vero rifugio spirituale, a coloro che cercano Dio e il suo amore nel mondo attuale.
§71. La prima preoccupazione della Chiesa, forse, di cercare di comprendere i rapidi sviluppi tecnologici della tarda modernità, e il tentativo di garantire il suo ruolo come luogo di stabilità spirituale, in mezzo all’incessante flusso di cambiamenti scientifici e sociali, dovrebbe essere quella di combattere, per il superamento dell’apparente antagonismo tra il mondo della fede e quello delle scienze. Uno degli aspetti più insidiosi della storia culturale occidentale moderna è stata l’emergere del fondamentalismo religioso, comprese le forme fideistiche del cristianesimo, che rifiutano di accettare scoperte in campi come la geologia, la paleontologia, la biologia evolutiva, la genetica e le scienze ambientali. Non meno fideistiche, inoltre, sono le forme di “scientismo” ideologico e di “materialismo” metafisico, che insistono sul fatto, che tutta la realtà è riducibile a forze e cause puramente materiali, e che l’intero regno dello spirituale è una illusione. Una tale visione della realtà non è sostenuta né dall’evidenza scientifica, né dalla logica, ed è anche filosoficamente incoerente. Purtroppo, in questo modo, la cultura intellettuale popolare della tarda modernità è stata segnata in misura notevole da questi fondamentalismi opposti. La Chiesa Ortodossa non ha alcun interesse per le ostilità tra filosofie semplicistiche, tanto meno per le pseudo-teorie, storicamente scorrette, relativamente ad una sorta di conflitto perenne tra fede e ragione scientifica. I Cristiani dovrebbero gioire dei progressi di tutte le scienze, imparare volentieri da loro e promuovere l’educazione scientifica, nonché i finanziamenti pubblici e privati per la ricerca scientifica legittima e necessaria. Soprattutto ora, in un’epoca di crisi ecologica, dobbiamo attingere a tutte le risorse della ricerca e della teoria scientifica, acquisendo una conoscenza sempre più profonda del nostro mondo e cercando soluzioni sempre più efficaci davanti ai nostri comuni pericoli. Agli occhi della Chiesa, tutto ciò che contribuisce al benessere dell’umanità e della creazione, nel suo insieme, va lodato ed essa offre il suo incessante incoraggiamento ai ricercatori nei settori pertinenti e li sprona a dedicare i loro migliori sforzi, per alleggerire ovunque la sofferenza, anche attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie, per la fornitura di acqua pulita nelle regioni svantaggiate, per la opportuna prevenzione dell’esaurimento del suolo e delle malattie delle colture, per l’aumento della resa delle colture e la durata delle colture, e così via. E la Chiesa incoraggia i fedeli ad essere grati e ad accettare le scoperte delle scienze, anche quelle che potrebbero occasionalmente obbligarli a rivedere la loro comprensione della storia e nell’ambito della realtà cosmica. Il desiderio della conoscenza scientifica scaturisce dalla stessa sorgente del desiderio della fede, di entrare sempre più profondamente nel mistero di Dio.
§72. La Chiesa dovrebbe valorizzare le risorse delle scienze e i progressi tecnologici della rete e dei social media per il proprio ministero pastorale e per la sua missione. La Chiesa, nel proseguimento della sua opera pastorale, dovrebbe essere almeno a conoscenza di ciò che è stato appreso negli ultimi secoli, riguardo alla complessità delle motivazioni e dei desideri umani e riguardo alle cause fisiche e psicologiche nascoste, comprese le cause genetiche, neurobiologiche, biochimiche e psicologicamente traumatiche, che spesso determinano il comportamento umano. Questa consapevolezza non sminuisce in alcun modo la comprensione della Chiesa del vero potere del peccato nel mondo o della necessità di conversione e perdono; la Chiesa non deve neppure tentare di liquidare le malattie spirituali, come disturbi puramente psicologici, richiedendo terapie, ma non vera penitenza e rigenerazione nello Spirito di Dio. In particolare, un acuto senso della più grande difficoltà di affrontare le realtà spirituali, che prendono corpo in un mondo tormentato dalla morte e dal disordine spirituale, non può che aiutare i pastori ortodossi a comprendere, persuadere e guarire le anime, a loro affidate. Ed è del tutto in linea con la vera carità e la vera umiltà cristiana, che questi pastori debbano riconoscere, che alcuni problemi sono tanto il risultato di moventi fisici o psicologici, puramente sintomatici, quanto di alcune carenze etiche. Coloro che si dedicano alla cura delle anime, dovrebbero essere disposti e persino desiderosi, di imparare da coloro che studiano le dinamicità naturali delle menti e dei corpi, e di essere grati a Dio per la grazia che egli fornisce attraverso le intuizioni e le ricerche di quest’ultimi.
§73. Nel simbolo centrale della Chiesa e nella dichiarazione di fede, il Credo Niceno-costantinopolitano, i Cristiani Ortodossi confessano “un solo Dio, creatore del cielo e della terra, e di tutte le cose visibili e invisibili”. La Scrittura afferma che “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.” (Genesi 1,31). La parola “buono” (kalòs) nel testo greco dei Settanta, indica molto di più, che il semplice valore di una cosa, e di più della sua pura accettabilità etica; indica anche che il mondo è stato creato e chiamato ad essere “bello”. La liturgia di San Giacomo lo afferma: “La Trinità è infatti, un solo Dio Onnipotente, la cui gloria i cieli dichiarano, mentre la terra proclama il suo dominio, il mare la sua potenza e ogni creatura fisica e immateriale la sua grandezza”. Questa profonda fede nella bontà e nella bellezza di tutta la creazione è la fonte e la sostanza dell’intera visione cosmica della Chiesa. I Cristiani Ortodossi cantano alla festa della Teofania: “Oggi viene santificata la natura delle acque…, la terra è benedetta e i cieli sono illuminati”…”affinché dagli elementi, dagli angeli e dagli uomini, dalle cose visibili ed invisibili, sia glorificato il Tuo Nome Tuttosanto” (Dalla Grande Benedizione delle Acque). San Massimo il Confessore ci dice che gli esseri umani non sono isolati dal resto della creazione; sono legati, per loro stessa natura, a tutta la creazione.[58] E quando l’umanità e la creazione sono così giustamente correlate, l’umanità adempie alla sua vocazione di benedire, elevare e trasfigurare il cosmo, in modo che la sua bontà intrinseca possa essere rivelata anche in mezzo alla sua caduta. In questo modo, il nome più santo di Dio è glorificato. Tuttavia, gli esseri umani troppo spesso pensano di essere qualcosa di separato e a parte dal resto della creazione, coinvolti nel mondo materiale solo nella misura in cui possono o devono sfruttarlo per i propri fini; ignorano, trascurano, e anche a volte rifiutano volontariamente il loro legame con il resto della creazione. Ripetutamente, l’umanità ha negato la sua vocazione di trasfigurare il cosmo e ha invece sfigurato il nostro mondo. Fin dalla nascita dell’era industriale, la capacità dell’uomo di fare danni è stata inesorabilmente amplificata. Di conseguenza, oggi ci troviamo di fronte a catastrofi prima inimmaginabili, come l’aumento dello scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai, l’inquinamento atmosferico, dato dall’avvelenamento delle piogge e dei fiumi, i prodotti farmaceutici che contaminano la nostra acqua potabile e la tragica riduzione o addirittura l’estinzione di molte specie. In antitesi a tutte le forze – politiche, sociali ed economiche, industriali e civiche, spirituali e materiali – che contribuiscono al degrado dei nostri ecosistemi, la Chiesa cerca di coltivare una via veramente liturgica e sacramentale di comunione con Dio, dentro e attraverso la sua creazione, che richiede necessariamente sensibilità per ogni cosa e cura di tutta la creazione.
§74. L’opera di trasfigurazione cosmica richiede un grande sforzo, un incessante impegno contro gli aspetti decaduti dell’umanità e del mondo; l’abbracciare questo lavoro richiede un ethos ascetico, che possa riorientare la volontà umana, in modo da ripristinare il suo legame con tutta la creazione. Tale ethos ricorda ai Cristiani che la creazione, come dono divino del Creatore misericordioso, esiste non semplicemente a nostro uso e consumo per nostro capriccio o volere, ma piuttosto come regno di comunione e di gioia, la cui bontà, tutte le persone e tutte le creature sono destinate a condividere e la cui bellezza, tutte le persone sono chiamate ad amare e proteggere. Tra le altre cose, ciò comporta di lavorare per eliminare gli usi dispendiosi e distruttivi delle risorse naturali, di lavorare per preservare il mondo naturale per la generazione presente e per tutte le generazioni future, e per praticare la moderazione e una saggia frugalità in tutte le cose. Nulla di tutto ciò, tuttavia, è probabilmente possibile, senza un profondo esercizio di gratitudine. Senza una azione di grazie, non siamo veramente umani. Questo, infatti, è il fondamento stesso della autocomprensione eucaristica della Chiesa e della sua missione nel mondo. Quando l’umanità è in armonia con tutta la creazione, questa azione di grazie scaturisce senza sforzo e in modo naturale. Quando quell’armonia viene interrotta o sostituita dalla discordia, come spesso accade, l’azione di grazie diviene invece un obbligo da assolvere, a volte con difficoltà; ma solo questa azione di grazie può veramente guarire la divisione, che estranea l’umanità dal resto dell’ordine creato. Quando gli esseri umani imparano ad apprezzare le risorse della terra in uno spirito veramente Eucaristico, non possono più trattare la creazione, come qualcosa di separato da sé stessi, come mera utilità o proprietà. Allora diventano in grado di offrire veramente in contraccambio il mondo al proprio creatore, in un vero atto di grazie: “Il Tuo dal Tuo, a Te offriamo, in tutto e per tutto” (Dall’Anafora nella Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo) – e attraverso l’azione liturgica, la creazione viene riportata al suo stato originale: tutto assume di nuovo il proprio scopo, come inteso da Dio fin dall’inizio, col risultato che la creazione, in una certa misura, indossa la sua bellezza primordiale.
§75. La Chiesa comprende che questo mondo, come creazione di Dio, è un mistero sacro, le cui profondità si chinano ai consigli eterni del suo creatore; e questo di per sé preclude qualsiasi arroganza di dominio da parte degli esseri umani. Infatti, lo sfruttamento delle risorse del mondo dovrebbe sempre essere riconosciuto come espressione del “peccato originale” di Adamo, piuttosto che come modo corretto di ricevere il meraviglioso dono di Dio verso la creazione. Tale sfruttamento è il risultato dell’egoismo e dell’avidità, che derivano dall’allontanamento dell’umanità da Dio e dalla conseguente perdita, da parte dell’umanità, di un rapporto giustamente ordinato con il resto della natura. Così, come abbiamo più volte sottolineato, ogni atto di sfruttamento, di inquinamento e di abuso della creazione di Dio deve essere riconosciuto come peccato. L’apostolo Paolo descrive la creazione che “geme e soffre fino ad oggi” (Romani 8,22), mentre “attende con impazienza” (Romani 8,19) “la rivelazione dei figli di Dio” (Romani 8,19). Gli effetti del peccato e del nostro allontanamento da Dio non sono solo personali e sociali, ma anche ecologici e persino cosmici. Pertanto, la nostra crisi ecologica deve essere vista non solo come un dilemma etico; è una questione ontologica e teologica, che richiede un cambiamento radicale di mentalità e un nuovo modo di essere. E questo deve comportare il cambio delle nostre abitudini, non solo come individui, ma come specie. Per esempio, il nostro consumo – spesso incurante delle risorse naturali – e il nostro uso sconsiderato di combustibili fossili, hanno indotto processi sempre più catastrofici nel cambiamento climatico e nel surriscaldamento globale. Pertanto, la nostra ricerca di fonti energetiche alternative e i nostri sforzi per ridurre il più possibile il nostro impatto sul pianeta, sono ora manifestazioni necessarie della nostra vocazione, per trasfigurare il mondo.
§76. Nessuno di noi esiste isolato da tutta l’umanità, o dalla totalità della creazione. Siamo creature dipendenti, creature sempre in comunione, e quindi siamo anche eticamente responsabili non solo di noi stessi o di coloro che influenziamo o abbiamo un interesse diretto, ma per l’intero ordine creato, per l’intera città del cosmo, per così dire un interesse cosmopolita. Nel nostro tempo, in particolare, dobbiamo capire che, servire il prossimo e preservare l’ambiente naturale sono intimamente e inseparabilmente connessi. C’è un legame stretto e indissolubile, tra la nostra cura del creato e il nostro servire il corpo di Cristo, così come esiste un legame tra le condizioni economiche dei poveri e le condizioni ecologiche del pianeta. Gli scienziati ci dicono, che coloro che sono maggiormente danneggiati dall’attuale crisi ecologica, continueranno ad essere quelli che hanno poche risorse. Ciò significa, che la questione del cambiamento climatico è anche una questione di benessere sociale e di giustizia sociale. La Chiesa invita, pertanto, i governi del mondo a cercare modi per far progredire le scienze ambientali, attraverso l’educazione e le sovvenzioni statali alla ricerca, e ad essere disposti a finanziare tecnologie, che possano servire a invertire gli effetti terribili delle emissioni di carbonio, dell’inquinamento e di tutte le forme di degrado ambientale.
§77. Dobbiamo anche ricordare, inoltre, che gli esseri umani fanno parte dell’intricata e delicata rete del creato e che il loro benessere non può essere isolato dal benessere di tutto il mondo naturale. Come ha sostenuto San Massimo il Confessore, in Cristo ogni aspetto dell’allontanamento dell’umanità dalla sua vera natura sono superate, compreso il suo allontanamento dal resto del cosmo fisico; e Cristo è venuto in parte a ristabilire la creazione materiale nella sua natura originale, come paradiso terreno di Dio.[59] La nostra riconciliazione con Dio, dunque, deve necessariamente esprimersi anche nella nostra riconciliazione con la natura, compresa la nostra riconciliazione con gli animali. Non è un caso che la narrazione della Genesi descriva la creazione della vita animale e la creazione dell’umanità, come avvenuta nello stesso giorno (Genesi 1,24–31). Né va dimenticato che, secondo il racconto del Diluvio Universale, l’alleanza di Noè con Dio include gli animali nell’arca e tutti i loro discendenti, per sempre (Genesi 9,9–11). La grandezza unica dell’umanità in questo mondo, l’immagine di Dio dentro di ogni persona, è anche una responsabilità e un ministero unici, un sacerdozio al servizio di tutta la creazione, nel suo accogliere con ansia la gloria di Dio. L’umanità condivide la terra con tutti gli altri esseri viventi, ma in modo singolare, tra le creature viventi, possiede la capacità e l’autorità di prendersene cura (o, purtroppo, di distruggerle). Gli animali che riempiono il mondo testimoniano la generosità dell’amore creativo di Dio, la sua varietà e ricchezza; e tutte le bestie dell’ordine naturale sono avvolte nell’amore di Dio; neanche un passero cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia (Matteo 10,29). Inoltre, gli animali per la loro stessa innocenza, ci ricordano il paradiso, che il peccato umano ha sciupato; la loro capacità di soffrire senza colpa, ci ricorda il cataclisma cosmico, indotto dall’allontanamento dell’umanità da Dio. Dobbiamo anche ricordare, che tutte le promesse delle Scritture riguardo al tempo che verrà, deve riguardare non solo il destino spirituale dell’umanità, ma anche il futuro di un cosmo redento, in cui la vita vegetale e animale sono abbondantemente presenti, rinnovate in una condizione di armonia cosmica.
§78. Così, nella vita dei santi, ci sono numerose storie di bestie selvagge, del genere che normalmente sarebbero orribili o ostili agli esseri umani, attratte dalla gentilezza dei santi, uomini e donne. Nel VII secolo, Abba Isacco di Ninive definì un cuore misericordioso, come “un cuore ardente per il bene dell’intera creazione, per le persone, per gli uccelli, per gli animali. . . e per ogni cosa creata.” [60] Questo è un tema ricorrente nella testimonianza dei santi. San Gerasimo guarì un leone ferito vicino al fiume Giordano; San Uberto, dopo aver ricevuto una visione di Cristo durante la caccia ai cervi, proclamò un’etica di conservazione per i cacciatori; San Colombano fece amicizia con lupi, orsi, uccelli e conigli; San Sergio domò un orso selvatico; San Serafino di Sarov nutriva gli animali selvatici; Santa Maria Egiziaca potrebbe aver stretto amicizia con il leone che custodiva i suoi resti; Sant’Innocenzo guarì un’aquila ferita; Santa Monacella era conosciuta per la sua protezione dei conigli selvatici e per domare i loro predatori; in tempi più recenti, San Paisio viveva in armonia con i serpenti. E non solo gli animali, ma anche le piante, devono essere oggetti del nostro amore. San Cosma di Etolia predicava che “la gente rimarrà povera, perché non ha amore per gli alberi” [61] e San Amfilochio di Patmo ha chiesto: “Sai che Dio ci ha dato un altro comandamento, che non è ricordato nelle Scritture? È il comandamento di amare gli alberi. L’etica ascetica e lo spirito Eucaristico della Chiesa Ortodossa coincidono perfettamente con questa grande visione sacramentale della creazione, che discerne le tracce della presenza di Dio “ovunque presente e che ogni cosa ricolma” (Preghiera allo Spirito Santo), anche in un mondo che ancora langue in balia del peccato e della morte. È una visione, inoltre, che percepisce gli esseri umani connessi a tutta la creazione, come una visione che li incoraggia a gioire della bontà e della bellezza del mondo intero. Questo ethos e questo spirito insieme, ci ricordano che gratitudine e meraviglia, speranza e gioia, sono il nostro unico atteggiamento appropriato – anzi, il nostro atteggiamento veramente creativo e fecondo – di fronte alla crisi ecologica che ora si trova ad affrontare il pianeta, perché solo questi possono darci la propensione ed il proposito, per servire il bene della creazione come incessantemente si deve, per amore di esso e del suo creatore.
[57] Basilio Le Regole, Domanda 55. PG 31.1048B.
[58] Massimo il Confessore, Mistagogia 7 PG 91.684, in Massimo il, Confessore: Scritti scelti, New York, NY: Paulist Press, 1985, 196.
[59] Massimo Ambiguum 41. PG 91.1305CD. Vedere Sulle Difficoltà nei Padri della Chiesa, 2, 103-121.
[60] San Isacco di Ninive, Discorsi Ascetici 62, Edizioni Qiqajon, 2004
[61] Profezia 96.
Il testo completo di Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa è disponibile su Goarch.org, Greek Orthodox Archdiocese of America.