
Pubblichiamo l’intervista a cura di Tudor Petcu all’imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini sui fondamenti teologici dell’Islam. Yahya Sergio Yahe Pallavicini è un cittadino italiano nato musulmano, da madre giapponese e padre italiano, nel 1965 ed è Vice Presidente e imam della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, oltre che l’imam della Moschea al-Wahid di Milano in via Meda. Dal 2006 è consigliere del Ministero dell’Interno nella Consulta per l’Islam italiano e presidente del Consiglio ISESCO per l ‘educazione e la cultura in Occidente.
La prego anzitutto di parlarmi un po’ del libro sacro dell’Islam e dirmi come dovremmo noi, come cristiani, capire il messaggio del Corano? Che cosa ci insegna in realtà il Corano? Mi interessa sapere anche quale potrebbe essere il punto comune tra il Corano e la Bibbia cristiana.
Il Sacro Qur’an è la Rivelazione trasmessa da Allah al profeta Muhammad come ultimo richiamo alla Verità primordiale e all’Origine di tutte le creature. Il Corano ha assunto la forma tradizionale di Libro per la sacra recitazione rituale quotidiana dei fedeli musulmani. Si tratta di una fonte di Conoscenza sacra e di grazia spirituale. Durante la missione del profeta Muhammad la Rivelazione aveva assunto una forma di ritrasmissione orale e di memorizzazione tra i compagni della prima generazione dei musulmani. Questa prima fase di trasmissione ebbe la durata di quasi 20 anni e alcune parti della Rivelazione sono stati pronunciati dal profeta Muhammad a Makkah mentre altri versetti sono stati pronunciati a Madinah. Successivamente, i compagni ritennero opportuno riunire e trascrivere le varie parti della Rivelazione raccolte in questa fase in un Libro che ha 114 capitoli e oltre 6300 versetti. Questo libro è da quattordici secoli il testo sacro per la lettura e le invocazioni dei fedeli musulmani che, a qualsiasi cultura appartengano, pregano recitando alcuni versetti del Corano nella lingua sacra nella quale è stata ritrasmessa.
Il Corano insegna ai musulmani il ricordo di Dio nella Sua stessa narrazione e linguaggio. Storie dei profeti Adamo, Noè, Abramo, Isacco, Ismaele, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Aronne, Davide, Gesù, Muhammad si alternano ai racconti sulla comunità ebraica e Faraone, su Maria Vergine e il suo popolo, sulla differenza profonda tra i credenti e gli idolatri, gli ipocriti, i miscredenti, i pagani. Il richiamo alla Misericordia e alla Giustizia del Giorno Ultimo è ricorrente. Vi si trovano anche versetti che fungono da fondamento per l’elaborazione del diritto religioso e per la regola etica nella vita dei musulmani. L’interpretazione dei suoi capitoli permette una lettura esteriore che ha ispirato alcuni sviluppi cosmologici e delle scienze naturali ma anche un approfondimento di carattere simbolico per l’elevazione spirituale e l’intuizione intellettuale.
Per i credenti cristiani che abbiano intenzione di comprendere il Corano può forse essere utile fare il paragone con la Parola di Dio nella figura di Gesù dove la Rivelazione si “è fatta carne” e che rappresenta il nutrimento spirituale dei credenti cristiani durante la sacra eucarestia. In modo simile, i musulmani si accostano alla memorizzazione, lettura e recitazione della Parola di Allah che si è fatta Libro.
I punti in comune tra Corano e Bibbia che possono essere spunti interessanti di dialogo sono:
- Il concetto di Rivelazione e di Testo sacro nel Cristianesimo e nell’Islam. Le differenze come strumento rituale.
- La dottrina del Dio Unico per i cristiani e per i musulmani.
- Maria madre di Gesù e la sua immacolata concezione.
- Abramo e la storia dei profeti.
- Testimonianza, Preghiera, Carità, Digiuno, Pellegrinaggio.
- Il mistero e il dono della fede e il supporto delle forze angeliche.
- Questo mondo e l’al di là. Il Giorno del Giudizio.
- La responsabilità dei credenti come vicari di Dio sulla terra. Purificazione e fratellanza. Vizio e virtù.
- Il servizio spirituale, la cura dell’anima e la contemplazione del Suo Volto.
Le sarei grato se potesse mettere in evidenza la dimensione filosofica dell’Islam, vale a dire l’eredità filosofica dell’Islam. Prendendo in considerazione l’eredità di cui parlo, potrei porre ancora una domanda da questo punto di vista: come sarebbe possibile un dialogo tra l’Islam e il cristianesimo tramite la filosofia?
La ricerca filosofica intesa come amore per la conoscenza rimane un elemento ancora vissuto ed importante nello sviluppo e nell’articolazione della civiltà islamica. Si tratta di una disciplina sacra e non di una speculazione profana. L’intenzione dei filosofi musulmani resta la riflessione sulla scienza di Dio nella Rivelazione e nell’universo della vita religiosa. Meditazioni sugli stati dell’anima o sulle forme della natura sono approfondimenti che permettono di cogliere le corrispondenze simboliche e dottrinali anche in altri campi del sapere.
Su questa base, e in considerazione di alcuni collegamenti utili con i maestri della filosofia occidentale come Aristotele e Platone, alcuni cristiani e musulmani in Occidente possono ricercare e trovare interessanti corrispondenze intellettuali come supporto alla dottrina della fede e alla fratellanza nella vita religiosa.
Qual è il più importante concetto teologico dell’Islam, soprattutto in riferimento alla redenzione dell’uomo?
Le cause dell’errore e dell’ingiustizia dell’uomo sono l’ignoranza, la dimenticanza e l’orgoglio. Il credente deve disporsi alla Misericordia del Signore dei mondi sottomettendosi alla Sua Maestà e ricordandosi della sua natura e funzione tramite l’adorazione dell’Unico Dio.
Qual è il significato e l’importanza della ragione nel mondo islamico, oppure dovrei domandare semplicemente qual è il rapporto tra fede e ragione nel mondo islamico. Nel mondo cristiano questo rapporto ha una grande importanza e da questo punto di vista possiamo riferirci alla filosofia di San Tommaso d’Aquino, per esempio.
La ragione è uno strumento fondamentale nell’esercizio della fede e della pratica religiosa islamica. Secondo molti sapienti e maestri musulmani la ragione non potrà spiegare con le proprie categorie l’integralità e il mistero della fede e della religione che resta soprattutto di carattere sovra-razionale, simbolico e metafisico. Il dibattito tra fede e ragione è destinato a continuare.
Mi piacerebbe parlare anche del rapporto tra l’Islam e la modernità, pensando infatti alla presenza musulmana in Europa, l’Europa stessa essendo un mondo moderno, un mondo dove la voce della modernità ha sempre avuto una voce importante.
La secolarizzazione e la modernità nascono e vengono interpretati in Occidente come prospettive di pensiero antitradizionale che mettono la libera scelta dell’individuo al centro di un progetto sociale che pretende emancipare la cultura dal sacro dalla obbedienza all’immanenza e alla trascendenza di Dio. La tecnologia e il processo industriale, il libero mercato e le dottrine filosofiche del pensiero moderno e postmoderno, la psicanalisi, il capitalismo e il socialismo, la globalizzazione e la virtualità della comunicazione di massa sono presentati come conquiste della modernità e standard fondamentali della società progredita. Alcuni ideologi puritani si oppongono a questa modernità con la violenza di una rivoluzione armata estremizzando la critica con la demonizzazione formalista.
Le comunità di musulmani, soprattutto in Oriente, come altre comunità di cristiani ed ebrei, cercano di affrontare questo processo difendendo una prospettiva di vita ancora basata sulla ricerca della Verità nel rispetto di una etica religiosa che non sia oggetto di un compromesso o di una discriminazione o di una ghettizzazione o di un conflitto.
Qual è la sua opinione per quanto riguarda il dialogo attuale tra la Chiesa Cattolica e l’Islam, soprattutto in Italia?
Ci sono stati sviluppi interessanti che si alternano a momenti di crisi. Secoli fa non si parlava tanto di dialogo ma i credenti rispettavano la sacralità della vita e della presenza di Dio anche nell’altra persona. Poi c’è stata confusione tra potere e religione con una campagna di screditamento della dignità dell’altro e con l’ingiustizia di diritti differenti tra cittadini di diversa religione. Poi c’è stata la riscoperta dell’altro con una campagna di tolleranza ma con la convinzione di una superiorità e di una esclusività di Dio solo nella propria confessione. Poi c’è stata la ricerca di una Pace mondiale che invitava i leader religiosi a pregare. In Occidente, una corrente politica propone la liberazione dal pluralismo religioso mentre, in Oriente, un’altra corrente politica fa l’apologia di una identità religiosa contro le altre interpretazioni e si organizza come guerriglia per legittimare un territorio come giurisdizione alternativa. Adesso sembra esserci un impegno per la fratellanza umana e una attenzione a non affrontare la teologia e la dottrina di Dio.
Da qualche decennio c’è maggiore apertura e onestà intellettuale tra cristiani e musulmani ma si stanno perdendo le occasioni di una alleanza sull’identità religiosa e sulla declinazione di una dimensione di fede nella vita pubblica. Parallelamente, ci sono segnali di dialogo tra i religiosi e i contemplativi con spunti di convergenza sull’escatologia e la necessità comune di custodire e ritrasmettere i valori della spiritualità autentica rispetto alle manipolazioni e degenerazioni del relativismo, del sincretismo, del pacifismo e del formalismo.